L'OLOCAUSTO DEGLI ALTRI

L'OLOCAUSTO DEGLI ALTRI A CHI APPARTIENE LA SHOAH L'OLOCAUSTO DEGLI ALTRI Elena Loewenlhai LA BILE strumento è la memoria, infido setaccio che trattiene e abbandona secondo un arbitrio indecifrabile: quante immagini insulse vi restano infisse come un sogno né brutto né bello e quante iwroie cruciali se ne vanno lasciando in loro vece fissi punti interrogativi. Quale posto potranno mai occupate nella memoria i muti chilometri di fosse comuni annidate nei boschi della Lettonia, le ciminiere dei forni crematori, l'urlo delle marce di morte, il silenzio nei ghetti dopo le retate? i sommersi non hanno voce, dice Primo Ix-vi, il loro universo ò infinitamente distante du quello dei salvati: dei sommersi nessuno potrà mai scrivere la storia perché a loro appartiene una cosa soltanto, l'assenza oltre la quale non ò dato proseguire. Fra le mille considerazioni che si potrebbero fare intorno alla "traccia» 0 tema ili argomento storico nella prima prova di maturità", ve né una che sta tutta entro quella preposizione articolata che congiunge «Olocausto» a «ebrei". Accantonando il vizio di forma racchiuso in una parola che subito evoca una valenza sacrificale per lo sterminio «olocauste è termine biblico che indica una fra le varie categorie di culto al Dio d'Israele, la più drastica e totale -, si potrebbe quasi dire che tutto il dicibile intorno a questo evento si contiene entro quel genitivo. Semplice specificazione 0 più dichiarata appartenenza? No, l'Olocausto non è degli ebrei. I sommersi nulla posseggono, perché mai attribuire loro questo peso, perché assegnare la storia a chi è diventato fumo.'' lui sterminio degli ebrei appartiene innanzitutto a quell'Europa civile e illuminata che annidava almeno sei milioni di carnefici, almeno uno |*r ogni vittima. Non é dei morti e nemmeno di (hi questi morti ha dentro di sé pei eredità biologica e di cuore: l'olocausto non è degli ebrei, è degli altri. Soltanto con questa assunzione di consapevolezza la memoria sfugge alla commemorazio�ne sterile e stereotipata e si fa lavoro di mente e sentimento, rillessìone. Li formula che in questi ultimi anni accompagna nelle muoIc italiane un grande impegno di studio e approfondimento intorno alla Shoah come s�chiama in ebraico, «catastrofe» e basta è ■ricordiamo jierché non accada più». Ma questa frase, un po' imperativo e un jio' sentenza, non dovrà mai adagiarsi su blande (ertezze: il fatto the é accaduto, ha detto qualcuno, moltiplica in progressione geometrica le probabilità che accada di nuovo. La storia È molto meno originale di quanto 1 manuali s'affannino a presentarla. I sogni e le utopie, quelli sì, sono originali, la storia invece s ai ( (intenta spesso di plagiare il passato. •Nulla di nuovo sotto il sole» disse qualcuno migliaia d'anni fa. Lo slorzo di memoria sulla Shoah deve sfuggire alla tentazione che basti parlarne \-iet essere al riparo dall'ombra letale, die l'accumulo di dati e celebrazioni sia tutto ciò che il silenzio dei morti ci chiede. La SOfTerenza non si può trasmettere né condividere, tutt'al più avvicinare, il fumo dei forni (rematori esige non tanto congetture sulle sue ( ause quanto l'ardire di sfidare I incommensurabile distanza ( he da esso separa, dicendo: quel cielo grigio e mio,

Luoghi citati: Europa, Israele, Lettonia