«Si all' amnistia, ma senza illusioni» di Marco Neirotti

«Si all' amnistia, ma senza illusioni» «Si all' amnistia, ma senza illusioni» Don Ciotti: il lavoro cura più delle sbarre intervista Marco Neirotti INTORNO a ogni carcere c'è un muro allo e cjuesto muro alto serve a impedire che i detenuti fuggano. Ma il muro serve anche ad altro: separa tutti noi che stiamo fuori dalla realtà che è là dentro. Però chiunque per colpa, sventura o mestiere abbia dimestichezza con il mondo carcerario sa che dietro cancelli e sbarre ci sono prima di tutto persone che reclama�no dignità. Ora s�discute d�amnistia e indulto e il procuratore generale d�Milano, Borrelli, ha contestato la fonte della proposta (Segio, ex terro�rista. Cusani, ex tangentiere) e perfi�no l'intromissione del Papa. Inutile tergiversare. Amnistia e indulto sono inevitabili contro il sovraffol�lamento, contro un'estate torrida di rivolte, ma non sono né soluzio�ne né p'mto d'arrivo. Uscire dal carcere dovrebbe significare uscire da un percorso e incominciarne uno diverso. D�questo si parlerà oggi a Caslelnuovo don Bosco (Asti): «Do�po il carcere, oltre il carcere», convegno organizzato dal Gruppo Abele, in memoria di San Giuseppe Cafasso, il sacerdote nato qui nel 1811, punto di riferimento per figu�re come Giovanni Bosco, Giuseppe Cottolengo, la Marchesa di Baro o, Faà di Bruno, morto a 49 anni nel 1860, alla vigilia dell'Unità d'Italia. Nel 1947 Papa Pio XII l'ha canoniz�zato e proclamato Patrono del mon�do carcerario italiano. Aprirà l'incontro Luigi Ciotti, che trent'anni fa celebro ia sua prima messa in carcere, alle Nuove di Torino, con padre Ruggero, che ha seguito le vicende della stmttura minorile Ferrante Aporti dal "68, che ha pacificato rivolte, che nel '90 ha creato il movimento «Educare, non punire». Don Ciotti, lei si è occupato di carceri e. soprattutto, del doSo-carcoie. Questi giorni di ibattito osculano tra un'esi�genza materiale di svuotare penitenziari troppo affollati e timori per l'ordine pubblico. Da che parta sta? «Dalla parta di chi fatica, di tutti quelli che faticano, dunque anche le vìttime dei reati. Non siamo qui a fare del buonìsmo, del perdonismo facile e gratuito che non serve a nessuno. Ciascuno, a partire da chi ha sbagliato, si misuri con le sue responsabilità». Ma l'amnistia può essere un colpo di spugna: ragazzi, non c'è posto, tutti a casa. «L'importante è non considerare amnistia e indulto come punto d'arrivo, bens�come opportunità, come spìnte a veri cambiamenti strutturali, spìnte che vengono da dentro le prigioni, da chi vive in prima persona limiti o distorsioni del nostro sistema». I detenuti da riscoprire, in�somma. «1 detenuti, certo. Ma non soltanto loro. Ci sono gli operatori, gli agenti penitenziari, gli educatori, i volon�tari, le associazioni, i sanitari. Per cambiare bisogna conoscere, con equilìbrio, ma anche con urgenza». E cambiare vuole dire aprire porte? «Siano chiare due cose. Non stiamo parlando dei grandi e pericolosi mafiosi, contro i quali ci battiamo con riviste come Narconiafie. Stia�no parlando di una popolazione frammentata e fragile. Le legittime domande d�sicurezza devono esse�re tenute presenti e mai disattese. .Ripeto che il perdonismo louicourt non è giusto. Ma si deve cambiare non cancellando respon�sabilità bens�sottolineandole e inse�gnando a farsene carico. Nello stes�so tempo occorre una nuova cultu�ra con la quale guardare alla pena, rendendo civili e umane le nostre prigioni e lasciandoci dentro, come è giusto, chi deve starci». Un carcere senza rientri è utopia? «Il carcere è un male. E' però un male necessario e inevitabile in determinate circostanze, ma pur sempre un male. Interviene su una 'malaliia' ma è lui stesso malattia E' certo che provoca o accentua patologie. Deve essere usato con cautela, per gravi reati e per il tempo necessario, sempre in fonne che non umiliano la persona». Don Ciotti, onestamente, quanti vincono la battaglia dell'al�ternativa alla pena. Quanti ne vede tornare a raccogliere im�mondizie o a imparare come si usa un computer? •Tanti. E c'è anche chi lungo quella strada inciampa e torna dietro le sbarre. Basta andare a vedere l'im�pegno quotidiano, la fatica. Vedere tuesta fatica mi fa pensare che dovremmo cambiare �discorso da 'pene alternative al carcere' a 'alternative alla pena'». Un carcere non indispensabi�le. Ma come si costruisce un aiuto esterno? «Come per un casa. Ci sono sei pilastri. Il primo è un sistema d�giustizia penale moderno ed effica�ce, con una pena più certa, ma più breve e civile. Secondo pilastro è la qualificazione del personale e delle sirutlure giudiziarie, investigativo e d�custodia. Terzo è la gestione delle slesse carceri». E gU altri pilastri? «Sono appunto la socializzazione sul territorio, una risposta chiara alla richiesta di sicurezza che viene dai attadini. perché soltanto con quella si fideranno della riobilìtaziGne, e un impegno culturale, perché è da ii che incomincia e passa la prevenzione, non soltanto del crimi�ne, ma anche della recidiva». Lei, don Ciotti, ha voce in capitolo. Ma perfino il Papa è stato rimbrottato. Vi vedono come quelli del perdono faci�le? «Il mondo cattolico, il volontariato religioso e laico seguono delle real�tà. La realtà carceraria è nitida, fatto di cifre, di sofferenze: suicidi, tentati suicidi, atti di autolesioni�smo, e via dicendo. Poi tossicodipen�denze. Aids, incomprensioni etni�che. Noi dobbiamo seguire questo. Ma noi poniamo al centro la respon�sabilità e Is responsabilizzazione della persona». mmNo al perdonismo puroesemplice.il carcere è un male, ma è inevitabile indeterminate circostanze mm m m Dovremmo cambiare il discorso Parlare di «alternative alla pena» invece di pene alternative alla prigione m m

Luoghi citati: Asti, Milano, Torino