I politici più avanti degli industriali

I politici più avanti degli industriali La rottura con il «centrismo» colse gli elementi di modernizzazione del Paese I politici più avanti degli industriali Giovanni De Luna FU l'ultima volta che una cari�ca di carabinieri a cavallo, con le sciabole sguainate, ven�ne lanciata contro un comizio. Non fu l'ultima volta che la polizia in servizio di ordine pubblico fece uso delle armi sparando e uccidendo a Licata, a Palermo, a Catania e, soprattutto, a Reggio Emilia (5 mor�ti). Fu l'ultima volta che l'antifasci�smo riusc�a farsi interprete diretto della protesta sociale, saltando la mediazione dei partiti. Fu la prima volta che si cominciò a parlare «ufficialmente» di una Repubblica nata dalla Resistenza Questo fu il «luglio '60». Non solo le proteste di piazza contro il governo Tambionì, non solo i giova�ni della magliette a strisce e gli scontri con la polizia, ma soprattut�to l'avvio di una nuòva costituzio�ne materiale, diversa da quella varata il 18 aprile 1948. Dopo dodici anni, l'anticomunismo cessa�va di essere l'unico, granitico valo�re di riferimento del nostro sistema politico che proprio allora comin�ciò a ridefinirsi intomo alla formu�la di un «arco costituzionale» salda�mente ancorato all'antifascismo. Sepolto dalla retorica dell'ufficialità, quell'antifascismo avrebbe poi smarrito i caratteri che gli avevano consentito di cogliere i fermenti più vivi della modernizza�zione del Paese, la sua capacità di rappresentare un surplus di demo�crazia cosi forte da attrarre nella propria orbita anche il Pei. Resta il fatto che il suo riaffiorare dopo il decennio dei governi centristi coi n riso con un cambiamento cosi net�to da lasciar scorgere proprio negli eventi del luglio '60 la prima, signi�ficativa discontinuità nella storia della nostra Repubblica. Con i 1 pas�saggio dal centrismo al centro-sini�stra non variò solo la formula del governo. Nel decennio 1951-1961 si ridisegnarono gli assetti profondi del Paese. Non fu improprio, allora, parlare di «miracolo» sia in relazio�ne a uno spettacolare sviluppo eco�nomico (1 indice della produzione industriale aumentò del 120V il reddito nazionale, del 78^), sia, soprattutto, allo stupore, alla man�canza di consapevolezza che lo accompagnò. Il nostro mondo im�prenditoriale, ad esempio, aveva guardato con diffidenza alla liboralizzazione avviata da Ugo La Mal�fa; un peso rilevante nel vincere le remore protezionistiche (che so�pravvivevano tenacemente negli ambienti della Confindustria) lo ebbero cosi i progetti statunitensi di creare in Europa un grande spazio unificato, politico ed econo�mico, caratterizzato dalla massima libertà di scambio per i prodotti industriali e da una più completa convertibilità monetaria. Il mutamento non interessò sol�tanto la struttura economica del Paese, ma rimbalzò sull'assetto ter�ritoriale, sulle caratteristiche pro�fessionali della forza-lavoro, sul funzionamento dei servizi pubbli�ci, suU'oqganizzazione scolastica e su quella assistenziale. Anche il mondo della politica s�adeguò. Il «centrismo» jjarve di colpo una formula ormai incapace di rappresenlare con efficacia la nuova real�tà italiana. Nel biennio 1962-1964 cambiò la maggioranza che sostene�va il governo; ma il passaggio al centrosinistra provocò uno sposta�mento molto più radicale, riferito proprio ai meccanismi della decisio�ne politica. Riassuntivamente, si passò dalla centralità del governo a quella del Parlamento e dei partiti; attraverso «l'arco costituzionale» il dialogo con l'opposizione diventò una componente strutturale di tut�ti i provvedimenti legislativi av�viando quel complicato sistema di pesi e contrappesi che avrebbe comunque garantito la stabilità del sistema politico italiano per i suc�cessivi trent'anni. I partiti furono «miracolosamen�te» molto solleciti nell'interpretare il cambiamento «di fase», garanten�do il fisiologico avvicendamento di una classe politica che aveva esauri�to la propria stagione già con la fine dell'era degasperiana. Riccardo Lombardi, Pasquale Saraceno, Ugo La Malfa-non erano certo «uomini nuovi»; pure, in quel momento. seppero inlorprelaro le spinte mo�dernizzanti che arrivavano dalla nostra società proponendo non una semplice «sostituzione di uomini» ma un progotto e un programma nettamente allemalivo. Ci furono incertezze nella De e il contributo di Aldo Moro fu decisivo per supe�rarle ■; ci furono dubbi a sinistra, resistenze a destra che sfociarono nelle trame golpìste del generalo De Lorenzo. Pure, quei progetti e quei programmi avrebbero ispirato per un trentennio il nostro sistema polìtico; non poco, per quello che doveva essere solo un cambiamen�to di maggioranza. Furono il successo leghista alle elezioni politiche del 1092 e l'ingres�so di Alleanza nazionale nel gover�no Berlusconi, nel 1994, a segnare* simbolicamente la fino di quel siste�ma. Si apri allora un'altra fase in cui, rispetto a quella precedente, pli elementi di maggiore discontinuità sono stati l'afTossamento della for�mula deir«arco costituzionale» e il netto ridimensionamento del pote�re decisionale del Parlamento e dei partiti, mentre si stentano a ricono�scere i contorni di un ricambio fisiologico della classe politica. Conlro le cariche dei carabinieri a cavallo anche un cannoncino

Persone citate: Aldo Moro, Berlusconi, De Lorenzo, Giovanni De Luna, Pasquale Saraceno, Riccardo Lombardi

Luoghi citati: Catania, Europa, Licata, Palermo, Reggio Emilia