«Per due volte una grande paura»

«Per due volte una grande paura» LA PRIGIONIA DI UN OSPITE MOLTO SPCCIALE «Per due volte una grande paura» /bel noioUlisbins:Dnrdei ne 11 ,u' 331:311 uraiijg» ; nplclan una lite furiosa sul mio destinò n intervista inviato a SANAA H! O avuto paura solo quando ci hanno presi e poi quando d hanno liberato. Hanno cominciato a litigare furiosamen�te tra padre e figlio maggiore. Sentivamo da dietro la porta. Il fighe urlava: "Io ho catturato una persona cos�importante e tu lo lasd andare via senza niente in cambio?". Sono state quattro ore di tensione. Avevano i fucili, le bombe a mano appese alla giac�ca, il coltellaccio. Mi hanno an�che detto che il padre ha tirato fuori il pugnale». Il racconto di Alberto Alessio, però, poche ore dopo la liberazio�ne, è sereno e disteso. Ha soprat�tutto voglia di scherzare. «Questo Paese non lo conoscevo. Devo dire che in questi giorni cos�intensi ho imparato molto. Anche sull'ospitalità yemenita. Lo sceic�co uccideva un capretto al giorno per noi. Insisteva che io mangias�si. Tagliava personalmente un pezzo e me lo portava in mano. Ma insomma... non è che avessi tanta fame. E d restava male». Il resto del racconto è un collage di ricordi cos�come gli tornano alla mente. «La tribù, con questo sequestro, ha vissuto il suo momento di gloria. Eviden�temente non erano molto conside�rati. Invece in questi giorni veni�vano i parenti da tutte le monta�gne. Stupiti. Si sedevano con il kalashnikov sulle gambe, noi al centro, e d facevano un sacco di domande. Donne non ne abbia�mo mai viste in quattro giorni. Stavano in cucina o nascoste. Ma gli uomini erano molto incuriosi�ti». «Abbiamo pensato anche a scappare. La guida, Sharif, che mi è stata molto vicino e mi ha tirato su il morale, mi diceva: facciamo come in Tuga di mezza�notte*. Eravamo sempre in giro per le montagne. C'era uno solo di loro dietro di noi. Ci si poteva anche provare... Però dove dove�vamo andare? C'erano le poche case sparse del clan. E poi il nulla della montagna tutt'intomo». «Durante queste passeggiate in montagna con noi c'era anche il direttore delle antichità di Maa�reb. Siamo incappati nei resti di alcuni antichi insediamenti. Di età preistorica, secondo il diretto�re. Non saprei. Saranno stati re�perti dell'età del bronzo». «Quando ero prigioniero pensa�vo: ma tu guarda che capita per una serie di coincidenze. Se io fossi arrivato a Maareb un'ora dopo. Se d fossero stati più turi�sti. Ci siamo finiti dentro per pura sfortuna perché ero l'unico turista che è andato l�quel gior�no. Mi hanno raccontato che erano appostati dietro la antica diga da tre giorni ed erano sul punto di abbandonare». «Mi ha detto lo sceìcco quando sono andato via: io ti libero anche se non ho raggiunto il pieno accordo con il governo. Mi fido. Ma se nei prossimi giorni non succede niente, allora vuole dire che gli italiani non contano nulla. Vorrà dire che la prossima volta rapisco un americano». «Quando ci hanno sequestrato m'è sembrato uno scherzo. Io, la guida e una guardia siamo andati in cima alla diga por fare delle foto. Scendendo, abbiamo incro�ciato due giovani che facevano finta di guardare le rovine. "Strano, solo gli stranieri vengono qui in visita , ho pensato. In un bale�no quelli sono saltati addosso alla guardia e gli hanno preso il ka�lashnikov. L'agente ha tirato fuo�ri la pistola. Ma già gridavano dall'alto. Sharif gli ha detto di lasciar perdere. Ce n'erano altri due appostati che ci tenevano sotto Uro. Una cosa ben preparata. L'altra guardia non voleva mollare il fucile e l'hanno pestato con il caldo del kalashnikov». «Sono partiti all'indiavolata lungo un sentiero appena battu�to. Mi hanno mascherato con un foulard da beduino perché un occidentale in auto, per quelle zone semìdeserle, avrebbe dato nell'occhio. Siamo arrivati infine al villaggio di Gaheyta. Il capovillaggio, lo sceicco Saleh Al Gaheyta s�è molto scusato, però aveva un «problema» da risolve�re con il governo. Due suoi figli, fratelli dei quattro rapitori, in tutto ha 17 figli, sono in carcere da otto mesi con l'accusa di aver svaligiato il ministero dell'Educa�zione. Il padre ha ptovato a diiedere udienza ai potenti di Snnaa, ma inutilnionte. Cosi i fratelli hanno deciso di dare uno scosso�ne». «Lo sceicco chiedeva la libera�zione incrociata dei suoi figli e di noi. Nel frattempo sono arrivati al villaggio altri tre sceicchi, di quelli che contano, per parlamen�tare. Hanno fatto un lungo giro di parole per dire cho con questo sequestro si stavo gettando una cattiva luce anche su di loro. Neanche troppo velata, come mi�naccia». «Quando tutto sembrava fini�to, e ci avevano detto che erava�mo liberi, il clan degli Al Gaheyta si è spaccato. Il maggiore dei figli non voleva cedere. Il governatore di Maareb a questo punto si è impegnalo in prima persona. L'ha fallo con un gesto del pollice sullo guancia, a mimare uno sfre�gio. Nel gergo beduino significa che metteva a disposi/.ionc la sua faccia se alla parole non fossero seguiti i falli». «Alla fine abbiamo festeggialo sparando in aria tulli quanti con i kalashikov. La madre dello sceic�co mi ha regalato un tappeto di quelli loro. In pelo di capra. Non e un granché, a dire il vero. Però è bianco o nero. E siccome sono i colori dello Juventus, mi va beno�ne. A proposito, l�avevano solo le lampade a petrolio. Niente luce né tv. Come è andata lo partila della nazionale?». «Il figlio urlava al padre: "Io ho catturato una persona cos�importante e tu lo lasci andare via senza niente in cambio?"» «Ogni giorno uccidevano per me un capretto e da tutte le montagne arrivavano i parenti che volevano conoscermi» Alberto Alessio: ■Uguidamiha detto subito: questo è un sequestro, lo, In un primo momento non elio creduto. Quando poi ho realizzato. ho avuto paura, perché ci hanno puntato i mitra addosso e anche solo per sbaglio poteva succedere qualunque cosa�

Persone citate: Alberto Alessio, Saleh

Luoghi citati: Stra