La ricetta di Danny il Rosso scuote la sinistra italiana

La ricetta di Danny il Rosso scuote la sinistra italiana IOJ^^OSSIÀKÌO VINCERE, MA DDBBÌ^OT)ARE VfTA AUft/JPMWlfó'flSSfflELLA pjflìì^^^ La ricetta di Danny il Rosso scuote la sinistra italiana PRIMO, la responsabilità dell'ambiente. Secondo, la responsabilità della li�bertà. Terzo, la responsabilità della solidarietà. Quarto, la responsabilità dei diritti uma�ni. Daniel Cohn-Bendit, Danny il Rosso del Maggio francese poi diventato un verde di cara�tura intemazionale, riprende col suo curioso accento francotedesco il discorso che ieri, proprio sulla Stampo, faceva Vittorio Foa. Cos'è la sinistra nuova non lo sappiamo, dice�va il giovane vecchio della sinistra italiana invitando un figlio storico come Andrea Marcenaro, a guardare il futu�ro spogliandosi dei fardelli del passato anche recente. Quello di cui siamo certi, sostiene Foa, è che i connotati storici della sinistra sono oggi inutiliz�zabili, «il quadro di riferimen�to è la responsabilità, la quale non sta di casa necessariamen�te in un posto, e va sempre continuamente verificata». Da un tavolo in cui sedeva accan�to a Gianni Mattioli, Edo Ron�chi, Walter Veltroni, Grazia Francescato, Massimo Caccia�ri, Alfonso Pecoraro Scanio, e a un certo punto pure Francesco Rutelli, Cohn-Bendit ha rispo�sto elencando quattro respon�sabilità, e privilegiando tra queste quella per i diritti uma�ni, «cosa non facile soprattutto da voi in Italia, anche se gli altri non ò che stiano meglio, l'Onu ò un club di dittatori», ha aggiunto il sempre provoca�torio Danny. Insomma, alle prese con il giro di boa del secolo breve ma terribile, e con alarne recenti scoiifitte, la sinistra continua a discutere di se stessa. Un po' è un riflesso pavloviano che «ra auto attenuato dalla neces�sità di comunicare positivamente l'azione di governo. «mentre adesso dobbiamo im�parare ad essere più critici, dobbiamo recuperare questa virtù che è un pezzo importan�te dell'anima della sinistra», dice a un certo punto Walter Veltroni. Come sempre, niente di meglio di un dibattito, ed è singolare che quello di ieri avesse come titolo «Centrosini�stra, quali prospettive per vin�cere», e come oggetto del con�tendere, anzitutto, l'identità, l'anima, i valori, la mtssion e la vision della sinistra. Il gover�no, per dire, in quel dibattito è diventato govemance: «Dob�biamo assumere un'idea di go�vernane^, poiché non ci sono più appartenenze, c'è Una so�cietà dinamica cui deve rispon�dere una politica dinamica», frase sempre d�Veltroni. Ora, govemance è parola anglosassone di cui non esiste equivalente nella lingua italia�na. S�potrebbe tradurre arte, o attitudine, o complesso di ca�pacità di governo, una cosa che sta non solo, per dire, a Palazzo Chigi, ma in tutta la società. Ma a sentir parlare cos�della sinistra. Massimo Cacciari s'è irritato, non nella forma, ma nel contenuto: «Ma insomma, come si fa a discute�re in questo modo», ha detto rivolto anzitutto a Cohn-Ben�dit, «la questione non si risol�ve con un po' di ideologia». La questione e: «Come si affronta la nuova economia, in un mon�do, quello della globalizzazio�ne, in cui la politica non è più al comando?». Chissà se Foa o Marcenaro avrebbero saputo rispondere a Cacciari. Che certo poneva l'in�terrogativo principe, l'incognìta labirintica che si trovano di fronte non solo la sinistra italiana ed europea, ma le stesse società occidentali tut�te. Sergio Cofferati per esem�pio evidentemente quoll'ìnterrogatìvo se lo pone, ma il segretario d�una delle più consistenti organizzazioni sin�dacali europee di sinistra se ne sente anzitutto scosso, «la glo�balizzazione senza regole può aprire ferite nella rappresen�tanza». Vittorio Foa notava che le categorie inutilizzabili oggi dalla sinistra sono anzitutto quelle del rapporto tra pubbli�co e privato, tra Stato e merca�to, tra Stato e individuo, tra nazione ed entità sovrannazionali. Cofferati raccoglie l'obie�zione: «La contraddiziono no�dale è oggi nell'idea della fun�zione dello Stato che la sini�stra ha sempre avuto, è quel�l'idea a subire uno scossone». Ricette, a parte la moderna e tecnocratica arte della gover nance, non ce ne sono. Por giunta, se la sinistra non si sente bene, il centrosinistra non sta meglio. «Dobbiamo riposizionare il cittadino so�vrano, dobbiamo rendere visi�bile il centrosinistra plurale, senza ammazzarci sul nome», diceva Alfonso Pecoraro Sca�nio. Francesco Rutelli ha pro�posto di chiamarlo, semp icemente. Ulivo. Ma il problema, anche per la sinistra, non è proprio che l'Ulivo è un po' troppo «plurale»? Cacciari: la questione nonsi risolve con l'ideologia Cofferati: è in giocola nostra idea di Stato PER VINCERE? HÒJMA, 20 GIUGNO 200r Sergio Cofferati con Daniel Cohn-Bendit e Walter Veltroni

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