Oro calvinista di Marco Vallora

Oro calvinista Oro calvinista Splendore della cultura olandese LAMOSTRA 0ELLA SETTIMANA Marco Vallora L «secolo d'oro» del�la cultura (e dunque della pittura) olande�se è una di quelle formule di comodo che risuonano al nostro orecchio con simpateti�ca assonanza e musica�lità, ma che di solito non riusciamo a riempire di valori oggettivi e distin�ti, soprattulto perchè si riferisce ad un'idea dell'oro mollo più sonile e meno appariscente di quella del coevo scialo barocco franco-italia�no, gesuitico e cattolico che invade anche le vicine Fiandre di Rubens e Van Dyck e si richiama ad un'idea della ricchezza (d'impianto calvini�sta, secondo l'etica del capitalismo protestante di slampo max-weberiano) mollo più contenuta e misurala, abili neri ed ambienti temperati nella sobrietà. Ma certo una tradizio�ne pittorica, che possa affiancare due geni assoluti come Vermeer e LAM0ESETTIMarco Rembrandt (e vorremmo dire ire, senza dimenticare quel prodigioso incantatore dell'alluno che fu Frans Hals) e poi comprimari di lusso, che si chiamino Claesz Meda e Floris Van Dick, Steen e Codde, Van Baburen e Van Honthorst (da noi più nolo come Gherardo delle Notti), Potter, Goyen e i duo Ruisdaol, ter Borgh e Gabriel Melsu, Cuyp e Saenrcdam, de Keysere Polenbburgh, Bloemaert e Boi, de Bray e Gerard Dou ( non avremmo nemmeno finito) ebbene, come è chiaro da questi nomi die rasenuno un parterre do roi davve�ro d'elite, è una civiltà pittoricu che ha ben pochi confronti (forse soltan�to con il Rinascimento italiano, ha sentenziato qualche loro critico, nemmeno troppo sciovinista) E la mostra di Amsterdam, che non a caso celebra anche i duecento anni di nascita del gloriosa ed impareggiaSTRA A ANA allora bile Rijksmuseum, cul�la della pittura fiam�minga ed olandese, son�tuosa e proteiforme ha proprio la dote d'inlrodurci opera dopo opera in un mondo insieme austero e pingue, come se entrassimo virtualmente in un saggio illustralo, che invece delle solile pagine inchiostrate ha appeso ai propri fogli dei capolavori ricercalissimi e scelti, ognuno provenendo da musei e collezioni dissemmaii perii mondo. Nessun quadro casua�le o pletorico: ognuno apre un capito�lo, una parentesi, una tematica, persino una nota a pie di pagina, che riguarda la società e la cultura del�l'epoca: il senso cifrato della simbo�logia, l'aite ricercata del ricevere con le penombre tenebrose e teatrali riservalo a! solo Rembrandt, il gusto post-caravaggesco perla luce e l'ispi�razione biblica. E attenzione: owiamente non si 'ualla di soli quadri, ma anche di quelle che un tempo si chiamavano, stoltamente, arti mino�ri! E cioè atgenterie slraboLchevoli di lusso e punzoni, formidabili ritrat�ti beminianamenle scolpili da Blommendael o da Quellinus, niscellanli tappezzerie anversesi, casselloni inusualmente ricoperti di arazzi o di galouchà (non c'è bisogno di attende�re il déco, dunque, por vedere all'ope�ra la pelle di squalo!). E poi ovvia�mente, dovunque e debordante, la ceramica di faience di Delfi che viene esportata nelle corti di lutto il mondo, come il precoce, inesauribi�le servizio Lobkowicz, destinalo al principe boemo o quello per il Re d'Inghilterra, modellalo su gigante�schi pialli d'argento. Perchè appun�to, non si tratta qui soltanto d'un discorso elitario, specialistico sulla pittura, ma altraverso il soffuso Leitmotiv di un'arte eslromamenle eleborala e sofisticata, dotta, si ten�ia di illuminare un quadro sociale, quello che lo storico Simon Schema ha cos�bene raccontalo nel suo La adtura olandese deltepoca doro. (Il Saggiatore), tra commerci di tulipa�ni e massaie volitive. Ogni stanza un tema, una chiosa: dal nuovo trattamento dei volli alla moda delle nature morte e delle tavole imbandi�te, dai racconti simbolico-allegorici alle maschere e agli scherzi di socie�tà, dai rapporti con i grandi commit�tenti all'influenza del viaggio in Italia, dai giganteschi ritratti di grup�po (c'entra anche, nell'itinerario, con una sontuosa deviazione, la Ronda di Rembrandll al gusto della moda e alla moda dei paesaggi dal�l'orizzonte basso, appunto neerlandese. Perchè è dovunque questione di luce: una luce soffusa, ambrata, spalmata di intimità e di bonomia: una luce che ha la carnagione di pesca e la mitezza di mi crepuscolo che fa scendere il sipario su periodi ben più burrascosi e contrastali. Il discorso è ben chiaro fin dai due primi quadri d'introibo, due quadri eli martirio, ma cosi diversi nella loro anima. Nel primo, il corpo sinuoso e scultoreo di San Sebastia�no è ancora debitore al tormentalo, cerebrale linearismo di slampo ma�nierista. Col suo nuovo Sebastiano trafitto da una luce di miele e da un'atmosfera più intima. Ter Brugghen (che è venuto a Roma per siudiare i classici ma ha scoperto Caravaggio) apre invece ad un mon�do fatto di gentilezze e di reticenze, che presto dimenticherà gli slessi scurori tenebrosi e chiaroscurali del l'italiano per prediligere una lumino�sità più soffusa e morbida, appunto dorala, che ci accompagnerà per tutto il secolo, trapuntalo di morbi�de sete, di aragoste croccanti, di austere gorgiere bianche e di una sontuosità non invadente e calibra�ta, che è la sigla alchemica dell'oro calvinista. VERMEER, REMBRANDT E HALS, MA ANCHE ARGENTI, ORI E TAPPEZZERIE NELLA VETRINA CON CUI IL RIJSKMUSEUM DI AMSTERDAM CELEBRA IL PROPRIO BICENTENARIO «Ritratto di matrimonio di Isaac Massa e Beatrix van der Laan», un'opera di Frans Hals, del 1622 La gloria del Secolo doro. Amsterdam Rijkmuseum. Orano tutti igiorni,1017 Fino al 17 settembre

Luoghi citati: Amsterdam, Caravaggio, Inghilterra, Italia, Orano, Roma, Stra