Freud e Zweig, lettere fra due ebrei in un mondo di povere canaglie

Freud e Zweig, lettere fra due ebrei in un mondo di povere canaglie Freud e Zweig, lettere fra due ebrei in un mondo di povere canaglie RECENSIONE Elcna Locwcnthal. NELL' ULTIMO scorcio del 1930 Arnold Zweig, scritto�re tedesco all'epoca qua�rantenne, ha un fastidioso problema all'occhio destro: «nel centro del campo visivo vedo una gelatina torbida rotonda, piuttosto opaca, circondata da un margine scuro... in questa area centrale, che è di una lumi�nosità giallo-grigiastra, sono co�minciate ad apparire delle ma�schere di giorno e di nolle)». Ma la diagnosi non si ferma qui, diven�ta anzi una fisiognomica della e «Laraiu dui ioni In* lo sconforta�to e il beffardo: «Durante i primi mesi, erano facce 4i ebrei. Inoc�chio mi proponeva ogni tipo di faccia ebraica». 1! muto ascoltatore di questa autoanamnesi dello scrittore cui si deve fra il resto un roman�zo, ch'egli dettò anni dopo, angu�stialo dagli insormontabili pro�blemi visivi, dedicato al contra�sto dell'ebreo con Dio {Caltban oder Politik und Leidenschafì, pubblicalo a Postdam nel 1927) era nientemeno che il professor Sigmund Freud. I due si scrissero dal 1927 al 1939, anno in cui il pache della psicanali�si spirò dal suo esilio londinese. «Sullo sfondo di una tragedia» porta come sottotito o la meritoria edizione italiana eli questo epi�stolario, a cura di David Meghnagi per i tipi della Marsilio. Avvia�tosi quasi per caso, o meglio per quegli arcani meccanismi che un tenuto guidavano la comunità degli intellettuali a dispetto d'ogni distanza, questo scambio di lettere, idee, pensieri e preoccupaziooiè non so}t#ptp vivo riflesso di una storia di morte destinata ad annientare nel giro di pochi anni gran parte dei riferimenti contenuti in queste lettere, ma anche specchio di una varia e complessa umanità inte�riore. Trentun anni separano lo scrillore dal vecchio maestro, tanto che il primo comincia col rivol�gersi a Freud usando formule pompose: «Egregio Signore», «Sli�malo e veneralo», e l'altro ricam�bia con una vena di ironia e quella concisione tipica dei geni e della loro capacità di dire molto con poco. L'identità ebraica, o meglio l'inguaribile incrocio di identità vissuto da entrambi sul�la propria pelle, e uno dei temi RECENElcLocw IONE a nthal. dominanti e ricorren�ti, insieme a un'ansia che cresce ogni gior�no che passa di fron�te alle cronache di un mondo sempre più si�mile a una fauce di caos. Zweig, malgra�do i suoi occhi mac�chiati di vecchi ehrei, sembra aver già visto molto nel lontano 1921, quando scrive a Marlin Buber dopo un pogrom in Ucrai�na e il suo ardore lo spinge a chiedere appelli, a fare qualcosa, a reagire. Egli compara altre vol�te nel fitto epistolario del filosofo che, nj tu a Vienna nel 1878, emigra in terra d'Israele nel 1938, e di cui la casa editrice Giuntina pubblica ora una scelta di lettere significative proprio per la varietà di mittenti e desti�natari, sotto il titolo di La moder�nità della parola. Malgrado la dilfeienza detà e vocazione. Zweig e Freud hanno molto in comune. 1 uno con i suoi prematuri acciacchi e l'altro con a sua dignitosa eppure molesta vecchiaia. Nel 1933 Zweig si tra�sferisce ad Haifa, sulle pendici del monte Carmelo; cinque anni dopo Freud approda a Londra, in fuga dal nazismo: «la terra stra�niera è sempre inospitale», ri�sponde con paziente rassegnazio�ne il maestro alle inquietudini di Zweig, al suo sentirsi in lotta con il proprio passalo e con la propria opera attuale di fronte all'aspro paesaggio umano e naturale del�la terra ancestrale. «La Palestina non ha prodotto altro che religio�ni, deliri sacri, tentativi temerari di vincere il mondo esterno delle apparenze attraverso il mondo interno dei desideri, e noi prove�niamo di li», dice Freud con la sua consueta pregnanza, quasi a consolare Zweig e la sua crisi d'identità, la perdila di ogni ap�partenenza, prima di tulio lingui stica: lo scnttore n»o ha infalli alcun desiderio di dimestichezza con l'ehnvco, e qiuisi s'offende che il suo tedesco sia disdegnato. Freud gli suggerisce di non consi�derare la Gennania come un'arci�gna Vaterland bens�di prosare a vederla sono più amabili spoglie di Muttererde, «madre terra». Il padre della psicanalisi mori troppo presto per assistere a quel la fata e metamorfosi che negò ogni possibile richiamo di paienlela, eh qualsivoglia affinità. Ma certo è die nelle amare considera�zioni sulla montata di anlis«;milismo che ebbe eccome occasione di vedere, a questo «liberale di vecchio slampa» come ebbe a definirsi basta un pugno di parole per dirla lulia o quasi: «gli uomini sono mediocri e nell'insie�me povere canaglie». I due si scrissero dal 1927 al 1939: la ricerca di un'identità perduta e là tragedia dell'antisemitismo, temi che ritornano nel carteggio di Buber ' -Y^ Sigmund Freud, il padre della psicoanalisi: il dialogo epistolare con lo scrittore Arnold Zweig durò dal 1927 al 1939. (A destra: l'Opera di Vienna) Sigmund Freud Arnold Zweig Lettere sullo sfondo di una tragedia (1927-1939) acuradiDavidMeghnagi. Marsilio, pp. 224. L 36.000 Martii i Bunei La modernità della Parola. Lettere scelte 1918-1938 a una di FrancescaMbertmi. La Giuntirìa. pp. 343, L. 30.000 EPISTOLARI

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