I cento «sentieri di Ho Chi Minh» del disperati

I cento «sentieri di Ho Chi Minh» del disperati I cento «sentieri di Ho Chi Minh» del disperati Ceuta, Mosca, Chiasso: il passaggio può costare fino a 30 milioni Fabio PoleRi MILANO Nessuno sa che fine abbia fatto la rete con tanti campanelli che un volenteroso finanziere stese agli inizi del secolo scorso nei boschi attomo a Ponte Chiasso, lungo il confine con la Svizzera. Ma la via di Ho Chi Minh, come la chiamavano gli spalloni che negli Anni '60 e '70 portavano caffè e sigarette di contrabban�do, è ancora aperta, anche se nella direzione opposta. Salva�tore Aquila, deila polizia di frontiera di Ponte Chiasso, ne ha visti passare tanti: «Albane�si, turchi, curdi... L'anno scor�so anche duecento a notte. Gli svizzeri li fermano, ce li rispedi�scono, li mettiamo nei centri di accoglienza e tre giorni dopo sono ancora nei boschi...». Il biglietto per il passaggio costa 1 milione. Dà diritto a una guida, spesso albanese, più nii connazionale che fa da inter�prete. Un milione che spesso non serve a niente, se non a fare pochi chilometri a piedi in territorio svizzero, dove le auto�rità cantonali controllano i pun�ti di passaggio. Dove lo guide portano apponi..* gli extracomu�nitari, sicuri di poter vendere un secondo biglietto. Cosi ogni giorno, in ogni parte del mon�do, lungo le porle d'accesso all'Europa dove gli extracomunilari fanno la fila per entrare. Quanti siano, non lo sa nessu�no. In un anno, la circolazione nei Paesi dell'area Schengen ammonta a un miliardo e 200 mila persone. Controllarli tutti è impossibile, a meno di costrui�re un muro come quello che circondava Berlino. O quello al confine tra Messico e Usa, dove passano i ranger con i cani e gli aerei con gli infrarossi a bassa quota. Ma in Europa è diverso, come scrive su Le Monde Diplomatique Didier Bigo, dell'Isliluto Sludi Politici di Parigi: «Ogni gendarme francese dovrebbe controllare quaranta chilome�tri di frontiera. I tedeschi han�no raddoppialo il numero dei poliziotti della Bundesgrenschulz. Se l'Europa debba esse�re un fortino o un colabrodo è solo una scella politica». Gli irregolari, i sans papiers, i clandestini seguono le strade di sempre I maghrebini che puntano alla Francia, alla Ger�mania, al Belgio e all'Olanda, passano via mare attraverso lo stretto di Gibilterra, le nuove colonne d'Ercole dell'immigra�zione. A Melilla, Ceuta e Algeciras i trafficanti di uomini lavo�rano alla luce del sole. Le autorità del Marocco chiudono un occhio. Dopo l'export di fosfati, quei due miliardi di dollari all'anno che arrivano dalla rimessa degli emigranti sono la principale voce nel bilancio statale. Nel doppio fon�do di camion e furgoni, la frontiera con lu Francia viene attraversata nei bassi Pirenei o aBiarritz. Più nota è la via dei gommo�ni che ogni nolle attraversano il canale d'Otranto. O quella che passa per i valichi di fron�tiera in provincia di Trieste, dove transitano via terra i clan�destini che arrivano dall'Alba�nia, dalla Turchia, dalla Grecia o dalle zone più a Sud del�l'Oriente, soprattutto Sri Lanka, India e Pakistan. Insie�me con armi e droga. Ma c'è un'altra strada che porla nel cuore dell'Europa. Meno cono�sciuta, mono controllala e quin�di più redditizia, secondo l'International Organization for Migration di Ginevra. E' una nuova frontiera più a Nord, spiega Daniele Cologne, ricercatore di Synergie: «Il pun�to di raccolta è Mosca, dove atterrano gli aerei con i clande�stini in arrivo dalla Cina e dal Vietnam. Attraverso Bucarest, Budapest e i confini cechi e slovacchi si arriva facilmente in Europa. E' la strada delle ragazze dell'Est, che con il miraggio di diventare camerie�re finiscono per prostituirsi». Non ci sono controlli, non ci sono accordi internazionali, la legislazione e quella che è. Spiega ancora Daniele Cologne: «Solo in Cina c'è la pena di morte per chi favorisce l'emi�grazione illegale. Ma dal Sud del Paese sono ancora in tanti a voler arrivare in Occidente. Il biglietto arriva a costare fino a 30 milioni. Il traffico rende fino a 7 miliardi di dollari l'anno al racket dei passatori. Si calcola che solo a Milano un cinese su tre non sia in regola». Un business che rende 14 mila miliardi l'anno al racket dei passatori dall'Estremo Oriente

Persone citate: Aquila, Daniele Cologne, Didier Bigo