jl balletto ipnotico diBarHiato di Sergio Trombetta
jl balletto ipnotico diBarHiato Debutto a Firenze jl balletto ipnotico diBarHiato Franco Battiate Sergio Trombetta inviato a Firenze Il vecchio coreografo insegna che per conquistare il pubblico contano due cose: un bell'inizio, che colpisca la fantasia e ben disponga la platea nei confronti dello spettacolo, e un gran finale che faccia eventualmente dimen�ticare quel che è venuto prima. Quanto alla parte centrale: non fare troppi danni. Paco Decina, napoletano, ma molto apprezza�to in Francia dove è direttore di compagnia dal 1986, ha seguito il consìglio del vecchio coreogra�fo nell'affrontare al Teatro della Pergola «Campi magnetici», il balletto che Franco Battiato ha composto su commissione del Maggio Musicale Fiorentino in collaborazione col filosofo Manlio Sgalambro. E tanto per cominciare occor�re dire subito che non è stata banale né sciocca l'idea del diret�tore artistico Cesare Mazzonis d�affidare a un musicista eccen�trico come Battiato il compito di comporre un balletto per il Mag�gio; fa parte dei compiti di un festival sollecitare l'incontro di diverse creatività, indagare cam�pi nuovi, e non affidarsi, come ormai fanno rassegne anche mol�to pretenziose, ai prodotti pre�cotti che le compagnie e gli agenti forniscono per le manife�stazioni .estivp.Jn OH^sìflpa?^! «campo magnetico» doveva gene�rarsi dall'incrocio d�forze ed energie cos�contrastanti e diver�se come quelle di Battiato, Sga�lambro e Decina, ma il clic deflagratore non è, purtroppo, scattato. Ma per tornare al consiglio del vecchio coreografo, come lo ha seguito Decina? Nella scena di apertura ci mostra una schie�ra di danzatrici infilate in splen�didi costumi che sembrano eie* Ra miss in ii abiti da sera: il seno fasciato da stretti bustini, le gonne ampie che si allungano sino a terra, ma aperte sul davan�ti per lasciar libere le gambe. Le luci sapienti che scendono a scolpire i corpi e gli abiti creano immagini che ncordano certe foto di moda d�Avedon. La musica all'inizio lenta e ipnotica si scatena poi in un ritmo mediorentale che tuttavia non scalfi�sce la imperturbabilità della dan�zatrici impegnate in movimenti rituali di aristocratica bellezza. Nel finale invece Decina, con un piccolo «coup de théatre», apre come un secondo sipario la tela nera che fa da sfondo al palcoscenico e ci mostra il muro di fondo su cui si affaccia un'am�pia finestra che si apre su un giardino verdissimo; dall'alto scende la luce di un grande cristallino lampadario in stile imporo, mentre Manlio Sgalam�bro intona «La mer», celebre canzone di Charles Trenet. Cer�to, la voce di Sgalambro è uno strazio, ma questo non c'entra: è una voce filosofica e come tale va ascoltata. E nel mezzo? Decina crea scene astratte su una musica che vuole essere programmatica�mente priva di ogni intento nar�rativo, al di là delle suggestioni che possono generare i diversi brani: In trance, Corpi in movi�mento, Fulmini globulari, La corrente delle stelle, The age of Heermaphrodites, L'ignoto, Suo�ni primordiali, La mer). La musi�ca di «Campi Masnetici», che si avvale fra 1 altro ai campionatu�re, effetti elettronici, delle voci di Battiato e di un sopranista, Simone Bartolini, stenta a pren�dere il velo, a farsi narrazione di se stessa, a raggiungere una dimensione epica. Giace molto spesso in un limbo ipnotico e forse anche per questa mancan�za di impulsi Decina sembra sovente girare a vuoto. Per nulla aiutato, infine, dai costumi di Regina Martino che, scena inizia�le a parte, ricordano pigiamini e vestaglie da supermercato con disegnini bianch�e neri vaga�mente optical.
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