Lo Sparuto di Dario Voltolini

Lo Sparuto Lo Sparuto MIO marito ha giocato nel�la Juve, era riserva, ne�gli anni Cinquanta. Gio�cava mediano di spinta e diceva�no che aveva classe. Adesso sento dire che un mediano non è un calciatore che deve avere classe, ma solo fiato. Mio marito non era così. Non eravamo ancora sposati. Andavo ogni tanto a vedere le partite di allenamento. Si diceva che c'era "il gol dello zoppo": voleva dire che quando un cal�ciatore in una partita si faceva male, ma non tanto da dover uscire per forza dal campo e smettere di giocare, lo spostava�no magari verso l'ala sinistra, laggiù da solo, un po' menomato. Cos�non dava fastidio all'azione e poteva restare in campo. Capi�tava che il suo marcatore dopo un po', vedendo in che stato era, non gli facesse più tanto caso. Lo lasciava anche lui li in quel bordo del campo. Poi però alle volte passava un pallone da quelle parli e il giocatore ferito riusciva a combinare qualcosa, magari faceva una piccola corsa verso la porta, magari tirava subito, e gol. Il gol dello zoppo. Il calciatore restava in cam�po, se poteva. Il fatto è che, se anche fosse uscito, non era previ�sto che lo sostituissero. Non c'erano le sostituzioni. Cosi le riserve non erano come adesso, giocatori pronti a entrare in campo. Gli undici che comincia�vano la partita, la finivano. Se uno usciva, restavano in dieci. Le riserve non giocavano qua�si mai in prima squadra, quindi. Facevano una specie di cam�pionato per conto loro. Ma negli allenamenti se la vedevano con i campioni. Mio marito aveva sette pol�moni, come si diceva. E un mediano doveva averceli. Ma era anche un giocatore di classe. Lui diceva sempre che bisogna�va distinguere lo stile dalla clas�se. C'era molta gente che gioca�va a calcio e che aveva un grande stile. Ma ce n'erano po�chissimi che avevano classe. Non si può spiegare la differen�za a parole, o almeno è difficile. Ma se qualcuno che conosce bene questa differenza si mette li e ogni volta te la fa notare, ti fa vedere questo e quel giocatore, allora a poco a poco la capisci, la capisce chiunque: si vede. A mio marito bastava vedere un calciatore per televisione bastava che toccasse un pallone per capire di che qualità fosse. Dopo neanche un secondo che aveva visto Platini per la prima volta in televisione, nemmeno in una partita forse, ma solo per come calciava il pallone, aveva detto: Quello è un grandissimo campione. Il suo idolo è sempre stalo Sivori. Mio marito, che era stato nella Juve, cioè nel punto più alto che un ragazzo possa imma�ginarsi giocando a calcio, e che aveva visto Sivori da cosi vicino da contargli le ammaccature che gli segnavano gli stinchi a forza di fare il furbo con i tunnel e gli scherzetti, e poi cosi senza parastinchi e con le calze giù, a furia di prendersi delle botte sugli stinchi, l'aveva visto a tu per tu, sulla stessa erba quasi, pensava che Sivori fosse di una categoria speciale, oltre la clas�se, oltre i fuoriclasse, una catego�ria con un solo uomo dentro, cioè Sivori. Lo pensava anche dopo aver visto giocare Pelé. Anche se capiva che Pelé non poteva nem�meno starci in una categoria, nemmeno una categoria tutta per lui, fatta apposta perché Pelé comandava il pallone con la mente e lo faceva andare avanti e indietro nello spazio senza nemmeno toccarlo, e poi si muo�veva in un modo sovrumano sul campo e quando faceva drib�bling e finte sembrava che aves�se tre o quattro gambe che il marcatore non poteva seguire nemmeno alla moviola anche se tutto questo lo capiva con la pienezza e l'intensità con cui capiva ogni aspetto del gioco del calcio, il suo piacere massimo era dato da Sivori. Trapattoni era riuscito a non far giocare Pelé, a non fargli toccare il pallone, almeno per una partita. Con Sivori questo non era possi�bile. Cosi pensava tra sé e sé mio marito. Quando Sivori andò al Napo�li, mio marito che era stato nella Juve, cioè nel punto più alto sognato da un ragazzo che giocasse a calcio per un perio�do (molto doloroso) con la forza della volontà tifò Napoli. Per non allontanarsi dal talento di Sivori. Un giorno, durante una parti�ta di allenamento, con il prato pieno di pozzanghere, con il fango addosso ai giocatori, con il pallone che aveva assorbito l'ac�qua e il fango e pesava il triplo del normale, con quella cucitura della valvola che già normalmen�te quando lo colpivi di testa poteva lasciarti il segno figuria�moci cosi pesante mio marito doveva impedire a Praesl di crossare. Praest crossava come e quan�do voleva. Era inverosimile. C'erano Giampiero Boniperti e John Hansen che aspettavano i cross di Praest e lui li faceva sempre. Mio marito era un calciatore di classe. Oltre al fiato e alla forza, lui che era piccolo e asciut�to, con il viso magro, lungo, con i capelli sempre a posto, anche alla fine della partita, con qua�lunque tempo (si mettevano il sapone nei capelli per non perde�re la piega, questo facevano, e qualche anno fa, vedendo alla televisione in una retrospettiva l'argentino Ardiles, questo fatto mi è venuto in mente all'improv�viso facendomi restare senza fiato per il ricordo di mio marito che non c'era già più, cosi giova�ne, e quella trovata del sapone nei capelli, di tutti loro che si pettinavano e si lisciavano per andare a giocare... ma basta così), oltre alla resistenza fisica aveva cinque o sei "numeri", che non fanno la classe, ma si ag�giungevano alla sua classe cbe era questione di cervello, di posizione, di previsione, di intui�zione e invenzione e naturalez�za cinque o sei giochetti con la palla che si permetteva solo per scherzo, perché un vero giocato�re di classe tutto è tranne una foca. Amava ricordare un gol di Mariolino Corso, stop di petto e tiro al volo di sinistro, come un modello di perfezione. Una cosa difficile fatta con suprema facili�tà, in scioltezza. Forse solo nel vecchio Krankl al limite dell' area aveva fatto capolino una grazia simile, con un grammo di difficoltà in più; stop di desini e tiro di destro, senza spostare il piede d'appoggio, senza far rim�balzare la palla. Ma forse aveva preso l incrocio. Ebbene, quello stop e quel tiro tanto volte glieli avevo visti fare, a mio marito, di destro e di sinistro, come se fosse davvero la cosa più facile del mondo. D'accordo, bisogna farlo in Cop�pa dei Campioni, non in allena�mento diceva mio marito. In�tanto però bisogna essere capa�ci. E lui non era nemmeno un attaccante, ma un mediano di spinta. Quella volta doveva impedire a Karlaage Praesl di crossare in area. Con la rapidità di calcolo che aveva, era riuscito a vedere la traiettoria del pallone un attimo prima che Praest lo col�pisse. Non bastava, naturalmen�te. Tanti erano in grado di fare quei calcoli, ma Praest li lascia�va tranquilli a calcolare, perché il punto ora che anche sapendo dove sarebbe passato il pallone, nessuno poteva più farci niente, lasciato l�com'era da uno scallo improvviso del danese, inierdot lo da una sua finta fatta chissà quando, chissà come. Mio marito mise unta la sua classe al servizio del calcolo e delle gambe e riusc�sciabordan�do nella melma a mettere la faccia dove sarebbe passalo il cuoio. L'unica soluzione era la faccia, o la mano, ma non stia�mo nemmeno a pariamo. E il pallone passo proprio di lì, cos�veloce, cosi pesante, cos�deciso che l'impatto del naso, del labbro, delle palpebre con la massa bruna di cuoio, terra e pioggia, lasciò mio marito svenu�to por un bel pezzo proprio al ceniro di una pozzanghera. Io ero sulle gradinalo e urlavo perché non si alzava più. Maledi�cevo il gioco del calcio. Decidevo sia per me sia per lui che il futuro sarebbe stalo altrove, al mercato dove lavoravamo, dove c'eravamo conoscimi, e so vole�va sposarmi, allora basta con quelle cose, con quei colpi alle caviglie, con quelle gomitate, e adesso anche con le pallonate di Praest. Mio marito lo chiamava�no "lo spanilo" però sapeva en�trare duro dicova che una cosa è entrare duro, un'altra entrare per far male e in effetti non aveva mai fallo davvero male a nessuno (anche quella era clas�se, e anche stile). Ma adesso basta. Quando finalmente si rialzò era una statua di fanjjo. Slava in piedi con circospezione, forse sentiva un ronzio. Guardava e chissà se vedeva. Lo aiutavano a respirare. Ma i capelli erano assoluta�mente in ordine. Dario Voltolini Nelle fitto in allo, la copertina di..10» e l'autore, Dario Foltolini

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