Giotto

Giotto Giotto L'emozione di una nuova lingua LZ\ MOSTRA DELLA SETTIMANA Marco Vallerà UNA mostra su Giotto? Detto cosi sembra un paradosso insostenibile, una fol�lia esposiliva, una sfida giubilare pac�chiana e risibile. Ma persino il curatore Angelo Tartufori mette precau�zionalmente e saggiamenta le mani avanti, e ammette che «una rassegna pienamente esau�stiva su Giotto nessuno potrà mai farla». Perchè la statura e la natura dell'artista è tale che nemmeno si può immaginare di smuovere alcuni suoi capolavo�ri, o di ottenerli dalle istituzioni pubbliche, non dimenticando per altro che il suo maggior contributo alla storia dell'arte riguarda forse gli affreschi, inamobvibili per definizione. E allo�ra? Corre in suo ausilio il soprin�tendente Paolucci, che con la sua autorità ha reso possibile questo «viaggio giottesco» assolutanente eccezionale, e che suLZ\ MODSETTMarco bilo premette che certi appunta�menti simbolici «possono risol�versi in inutili fastidiosi clamori e anche in obiettivi mancati». Ma non è certo il caso di questa raccolta occasione espositiva (meno d'una quarantina di pezzi assolutamente prestigiosi e giun�ti dai musei di tutto il mondo) che inaugura la nuova sedo espo�sitiva di quella Galleria dell'Ac�cademia che è una sorta di tesoreria segreta dei primitivi italiani, schiacciali dal passo turistico e inesorabile del David di Michelangelo. Una mostra di studio, di con�fronti, di verifica filologica, che consiglia qualche passeggiala preventiva nelle altre sale, tra Cimabue, Taddeo Gaddi, Arnol�fo di Cambio e Nicola Pisano. Ma anche una mostra a doppia mar�cia, che non lesina comunque il STRA LLA MANA allerà suo fascino spettaco�lare e altamente po�polare, di contatto diretto ed emotivo (giù dalle remote pa�reli affrescate) con l'inventore «dante�sco» della nuova lin�gua figurativa italia�na. Che come osservò icastica�mente il Cennini «rimutò l'arte di greco in latino, e la ridusse al moderno". Un rivoluzionario istintivo, che traduce la nuova spiritualità «umanistica» (mollo prima del Kinascimento) in una vulgata inedita, sorprendente, vorremmo dire perfin palpitan�te. Soprattutto quando di opera in opera si vede tangibilmente germinare e crescere il gonio di un artista, che sarebbe stolto giudicare con il metro dell'eroe isolato e romantico, come pure è stato fatto sino almeno agli anni Trenta (e prima degli studi di Previlali sulla sua bottega d'im�presario moderno) ma che per�mette comunque una lettura immedesimata e partecipo, del suo palpabile lievitare creativo. In particolare quando sui volli di certe Madonne vediamo affio�rare come l'arrossamento trepi�do e puberale di una partecipa�zione emotiva sconosciuta, che accende di nuovi, umanissimi incarnati i legnosi e ormai deglu�titi palinsesti di quello linearità ancnilosate e rigide, che gli or�mai stereotipati volli bizantini reiterano in sottofondo. O di San Pietri improvvisamente invec�chiati ed imiilosi nel biblico dolo�re sordo della loro consapevolez�za di rinnegatori, pavidi e incon�solabili. Quando il colore ormai sa trasmettere i segreti inconfes�sabili della psiche, al di là delle generiche corazze gotiche. Una mostra-studio insomma che, gra�zie all'imprescindibile catalogo Giunti (ricco dei contributi dei maggiori studiosi giotteschi so�prattutto italiani) e grazie all'ap�porto di nuove attribuzioni o di opere-sorelle finalmente riconci�liale per l'occasione e confronta�bili filologicamente (quali la pu�rissima Crocifissione di Stra�sburgo e la Madonna delle Sette Virtù di collezione newyorkese) tenta se non di risolvere certo di affrontare dal vivo l'annosa que�stione di Giotto-non Giotto. Che almeno dal celebre e dannalo saggio di Offner del '39 (che oggi il Bollosi ha l'onestà di definire più che altro «nocivo») ha visto contrapposta la scuola anglo-te�desca dei "separatisti" a quella più morbida degli italiani, più propensi a considerare come cre�dibile la presenza di Gioito ad Assisi, secondo anche le testimo�nianze storiche, Ghiberti in pri�mis. Certo, è vero, il presunto Maestro di Isacco degli affreschi assisiati è c;uasi inconciliabile con «quel» Giotto che pochi anni dopo (so non si accetta la retroda�tazione qui proposta da Bollosi, intorno al 1290) affronta lo pare�li della Cappella degli Scrovegni a Padova. Abbiam dello, è assurdo legge�re Giotto come un eroe moder�no, solitario: ma proviamo a immaginare uno studioso del 3140 che si trovi a studiare, senza nessun documento, un disegno alla Ingres di Picasso e una sua donna cubista (magari dipinto l'identico giorno): po�trebbe mai attribuirli allo slesso artista? La proposta che vede più concordi gli autori di questa mostra e abbastanza similare: perchè inventare degli improbabili maestri minori, dei Parenti di Giotto (come pure è stalo fallo) o degli Stefano indecifrabi�li, e sposare la lesi di un grande artista non-giottesco sui cantie�ri di Assisi, magari di derivazio�ne romana, invece di credere ad un genio cosi innovativo ed in�quieto, che mula e si reinventa di opera in opera. ALLA GALLERIA DELL'ACCADEMIA DI FIRENZE LA SFIDA DI UNA MOSTRA IMPOSSIBILE CON QUARANTA CAPOLAVORI CKE AIUTANO A RISOLVERE I MISTERI DI UN GENIO Giotto Firenze Galleria dell'Accademia. Mar-dom. 8.15-18.50. Sab, 8,15-22 Lunedi chiuso Finoal30setlemb'e «Santo Stefano» dal Museo Home di Firenze in mostra alla Galleria dell'Accademia

Luoghi citati: Assisi, Firenze, Padova, Stra