Nancy: la libertà non è un diritto ma un'esperienza di Marco Vozza

Nancy: la libertà non è un diritto ma un'esperienza Nancy: la libertà non è un diritto ma un'esperienza RECENSIONE Marco VozzaSI conclude oggi a Napoli un colloquio intemazionale de�dicato a Jean-Luc Nancy, il filosofo francese, docente al�l'Università di Strasburgo, ormai affermatosi come la figura più significativa della generazione successiva a quella di Lévinas, Foucault, Deleuze e Derrida. Un riconoscimento appena tributato�gli dallo stesso Derrida, che gli ha dedicato un libro omaggio-monumerito-consacrazione6arocca di 350 pagine dal titolo: Lf loucher, Jean-Luc Nancy (ed. Galileo). In Italia il pensiero di Nancy circola da almeno un decennio, grazie all'ammirevole capacità di inizia�tiva di piccoli editori quali Cronopio (in particolare per le cure di Antonella Moscati) ma anche Quodlibet, Il Poligrafo, Lanfranchi, Marcos y Marcos, Il Melango�lo ed ora anche Einaudi che pubblica L'esperienza della liber�tà (con un'introduzione davvero illuminante di Roberto Esposito). L'incontro partenopeo è stato dunque preceduto da diverse oc�casioni editoriali, tra le quali colpisce in particolare al cuore della nostra tradizione accademi�ca l'inconsueto saggio dal titolo: L'intrus (presto disponibile da Cronopio nella pregevole tradu�zione di Valeria Piazza), in cui Nancy espone senza reticenze la storia della propria malattia, scandita dalla doppia intrusione di un cuore trapiantato e di un cancro subentrato per immunodepressione. Mai il pensiero ave�va tentalo un'elaborazione filoso�fica non dol malo passivo (con relativa giustificazione raziona�le) ma di quel «disordine nell'inti�mità» provocalo dall'insediarsi in noi dell'estraneità costituita dalla malattia, non quella metafi�sica ma quella concreta e inaggirabile che ci assedia con il suo linguaggio dei sintomi, come un inquilino troppo socievole (per dirla con Proust). Ciò cho resta dell'identità è ormai proda dolla condiziono di affezione: (do sono perché sono malato», ma quale «mo stesso» prosegue la traiettoria della vita orientata verso la morte? Viven�do in un regimo permanente di intrusioni, ora il cogito (se anco�ra conserva una ragion d'essere) risiedo nulla cognizione del dolo�re, ma si tratta già di un pensiero totalmente innervato nel corpo, nello spine dolla carne sofferente (come in una tela di Grunowald). La malattia è l'esperienza che induce a prender dimora in quel�lo che Riike chiamava il doppio regno della coappartonenza di vita e morte: «Cos�scrive Nan�cy il plurimo straniero che fa intrusione nella mia vita (la mia povera vita ansimante che a vol�te scivola nell'inquietudine sul ciglio di un abbandono appena stupito) non ò altro che la morte, o piuttosto la vita/la morte: una sospensione del continuum del�l'essere, una scansione in cui "io" non ha/non ho gran che da fare». La presenza dell'intruso non è dunque un mero accidente del�l'esperienza personale del filoso�do alle prese con precarie condi�zioni di salute ma riveste un signiTicato singolare-plurale, toc�ca dunque il tratto saliente del�l'esistenza, la verità di ogni sog�getto che è infinita esposizione, nuda ostensione, vulnerabile esteriorità. Si perviene cos�al nucleo della filosofia di Nancy, già esposta in Corpus, l'originale opera del 1992 che più di altre giustifica l'affermazione di Derri�da secondo cui Nancy è il più grande pensatore del toccare dai tempi di Aristotele: se la peculia�rità dell'esistenza è il non avere alcuna essenza, il corpo è l'essere dell'esistenza, il luogo del suo accadere, l'apertura, la spaziatu�ra, l'effrazione, l'iscrizione del senso. Se l'esistenza appare co�me un'esposizione corporea, allo�ra il pensiero avrà come oggetto il corpo e l'esperienza del tocca�re, l'istituzione del senso nel�l'estensione e vibrazione dei cor�pi, l'unica evidenza di un logos sensibile. Quello che chiamerei pensiero corporante è dunque il risvolto, la piega, se non il sinonimo, del pensiero dell'esistenza, della sua invaUcabUe finitezza, quale sca�turisce dall'abbandono dell'esse�re: tale è il quadro teorico che presiede alla scrittura de L'espe�rienza della libertà, opera di grande rilievo teorico che pone anche prospettive inedite sulla pratica della filosofia. Nancy prende risolutamente le distanze dalle concezioni correnti della libertà che la identificano con una facoltà, un diritto o un bene da proteggere in diversi modi, cosi come guarda con sospetto a quella tradizione filosofica che da Spinoza a Nietzsche finisce col limitare e subordinare la liber�tà alla necessità. Più originariamente ma anche più quotidianamente, essere libe�ri significa semplicemente deci�dere di esistere, privi di ogni ancoraggio ad un'essenza o ad un fondamento: l'essere si ritira, si allontana e abbandona l'esisten�te alla libertà, al nudo fatto di esistere nell'orizzonte della possi�bilità. Una libertà/ondata assu�merebbe i tratti della necessità causale, l'assoggettamento del fatto di esistere ad un'Idea imma�nente o trascendente: se Dio è storicamente diventato il nome di questa libertà necessaria, allo�ra la «morte di Dio» proclamata dal nichilismo compiuto sarà la condizione di una libera dissemi�nazione dell'esistenza nella sua irriducibile singolarità. Quando si è affrancata la libertà umana dal giogo di un fondamento incon�cusso, restituendola alla finitez�za del suo prodursi singolare, la storia appare come «avvento e sorpresa di una nuova fioritura dell'esistenza». L'esistenza non ha dunque più né essenza né legge a lei estranee ma è l'essenza e la legge di se stessa, in una condizione di anarchia che coincide con l'eser�cizio stesso della libertà. Libera�to da un fondamento che ne vincolava le movenze, anche il pensiero diventa passione, liber�tà in azione, stupefazione, spazio prodigale e non calcolante del senso, esperienza di generosità ontologica. La libertà é come una folgorazione, un bagliore che so�praggiunge e sorprende, un verti�ginoso salto nell'esistenza, non privo di quell'ebbrezza sprigiona�ta dalle schegge del possibile. Cosi Nancy va ad occupare, in modo del tutto persuasivo, «lo spazio libero lasciato da Heideg�ger», il quale pur avendo di�schiuso la possibilità di un pensie�ro dell'esistenza ha poi finito per attribuire il primato ontologi�co alla verità e non libertà, asse�gnandola ancora all'essere come ad un destino che la soverchia e limitandone perciò il ruolo alla comprensione della necessità. Co�si si spiega la sua riprovevole reticenza nei confronti dell'Olo�causto: la malvagità non è altro che la devastazione dell'esisten�za, libera nella sua incoercibile finitezza, il pervicace tentativo di ricondurla all'essenza, la riap�propriazione della singolarità nel�l'identità. Raclicalizzando l'esporionza della finitezza gettata nel mon�do, procedendo oltre Heidegger, ritroveremo anche il senso del nostro essere in comune, avvinti ad un esistenza che accade ogni volta singolarmente ma tonafizzata da una pluralità di voci, in una spartizione che istituisce lo spazio di ogni rapporto ogualitano. Questa comunità fondata sul�la condivisione dell'esposizione all'esistenza, che resiste ad ogni appropriazione, assume nell'ope�ra di Nancy l'inatteso tratto rivo�luzionario di un'etica della gene�rosità, di un'apenura poroetua cho rinnova lo stupore della na�scita. Il filosofo erede di Lévinas Foucault, Deleuze e Derrida che lo considera «il più grande pensatore del "toccare" dai tempi di Aristotele»: è il corpo l'essenza dell'esistenza Jean-Luc Nancy L'csporiet-.ra della libertà traduzione di Davide Tarizzo, Einaudi, pp 188, L 32.000. SAGGIO

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