Il Csm mette sotto inchiesta la superprocura di Francesco Grignetti

Il Csm mette sotto inchiesta la superprocura Il Csm mette sotto inchiesta la superprocura E a Palermo rivolta dei sostituti: non ci hanno informati Francesco Grignetti ROMA Il Consiglio superiore della magistratura apre un'in�dagine sui colloqui tra i boss che volevano dissociar�si dalla mafia e il superprocuratore Piero Luigi Vigna. 1-a presunta «trattativa», negala di nuovo da Vigna, ina anche da Piero I-'assino (ministro della Giustizia) B Massimo Hnilii (sottosegretario all'Inlomo), sani oggetto di una specifica inchiesta secondo quanto hanno richiesto cinque consiglieri dell'orbano di autocontrollo della magistratura. Il primo passo dell'indagine, che verrà affidata alla prima commissioni;, quella eliti accerta eventuali iiimmp.ii.ihiliUi di un magistrato nell'ufficio ricoper�ta), sani l'acquisizione della lettera con cui Vigna Invitava i magistrati di Palermo e tii Caltonissetta a non delegare alcun colloquio investigativo con i boss in questione. Ma l'inchiesta nasce anche dal comunicato di «preoccupazione» con cui i sostituti prooiratòr�palermitani hanno bollato duo giorni fa ogni notizia tli «trattative tra Cosa Nostra e soggetti dello Stalo». Spiega il consigliere Paolo Angeli, Uiiicost: «Abbiamo chiesto di aprire una pratica per accertare non tanto l'ortodossia di comportamento di Vigna, quanto, più in generale, per capire che cosa è successo». I colloqui conùnciarono a gennaio nei carceri di Rebibbia, Viterbo e Spoleto. Ma Vigna ha ribadito che «è una pura fandonia il riferimento a trattative. Direi che chi conosce i miei quarant'anni di attività giudiziaria sa che io non tratto né con i collaboratori, né con i mafiosi». Il superprocuratore Antimafia precisa che lui non ha mai parlato di dissociazione. «Ho detto semplice�mente che costoro hanno affermato di voler rompe�re il vincolo associativo mafioso. Come magistrati della Dna, abbiamo invitato i mafiosi a collabora�re». Il sospetto di aver intavolato una trattativa con la criminalità organizzata ha ferito il magistrato. Si sfoga: «Veramente il nostro Paese è singolare. Non suscita nessuno o minimo allarme che vi siano ancora decine di latitanti mafiosi che non si riescono ad afTerrare, mentre suscita allarmismo il fatto che alcuni detenuti di rango di Cosa Nostra abbiano manifestato la volontà di sciogliere il vincolo associativo». E abbozza quella che sarà la sua difesa. Primo, «i magistrati avevano il dovere di raccogliere quelle dichiarazioni attraverso colloqui investigativi, previsti dalla legge». Secondo, «que�ste notizie sono state riferite ai procuratori distrelt.uali interessati e al ministro della Giustizia». Ma proprio quest'ultimo aspetto, ossia la comu�nicazione di Vigna ai procuratori di Palermo e di Caltanissetta Piero Grasso e Giovanni Tinebra ha innescato due giorni fa una surriscaldata assem�blea tra i magistrati del capoluogo siciliano. Il procuratore capo Grasso non aveva informato i suoi sostituti che hanno scoperto sui giornali l'esistenza di questi colloqui. E c'è voluta un'intera giornata di discussioni per arrivare a un chiarimen�to. Gli agenti di scorta hanno tenuto lontani i giornalisti. Ma ugualmente s'è sentito che le vod erano alterate. Al termine, il comunicato collettivo della Procura era particolarmente aspro con Vigna. La notizia di questa «dissociazione dolce» dei boss, e peggio la voce di un «dialogo» tra capimafia e istituzioni, ha gettato nello sgomento molli fami�gliari delle vittime. La vedova di Boris Giuliano ha scritto una lettera aperta a Ciampi perché «lo Stalo non scenda a patti con chi deve combattere». Le sorelle Falcone hanno invece lanciato un appello ai presidenti di Camera e Senato: «Come descrivere la nostra reazione? Sconcerto, turbamento, sconvolgi�mento, disorientamento. Ù termine più esatto appare quello di "panico". Dalle notizie giornalisti�che sembra, purtroppo, che indietro siamo già tornati e di molto. Scriveva Giovanni Falcone: "La professionalità consiste anche nell'evitare le trappo�le'». L'appello termina con un invito a Mancino e Violante perché «vigilino sull'opera delle Istituzioni e per impedireche un inganno cos�clamoroso possa coinvolgere un intero Paese». Entrambe le lettere fanno riferimento a un disegno di legge depositalo al Senato dal senatore Rino Cirami, Udeur, nel lontano 1996. La norma ha sonnecchiato per quasi quattro anni, salvo poi rivitalizzarsi nel gennaio dj quest'anno. Nello stes�so periodo anche d Csm si occupava di «dissociazio�ne», mettendo paletti ben predsi. Una risoluzione del Consiglio, preparata dal consigliere Giovanni Di Cagno, Ds, precisava infatti che «la dissociazione ha rappresentato una via d'uscita per gb appartenenti a organizzazioni definitivamente battute, condizio�ne questa ben lungi dall'essere realizzata con Cosa Nostra». Il magistrato: «E* pura fandonia far riferimento a trattative. Io non tratto né con i boss né coi collaboratori» Le sorelle Falcone hanno scritto a Violante e Mancino: «Un inganno clamoroso»

Luoghi citati: Caltanissetta, Palermo, Roma, Spoleto, Viterbo