Il padovano scavò per mesi e infine trovò un martello di Marco Zatterin

Il padovano scavò per mesi e infine trovò un martello Ai limiti della leggenda l'avventurosa scoperta della piramide di Chefren Il padovano scavò per mesi e infine trovò un martello Marco Zatterin BELZONI cominciò dalla parete meridionale, sen�za trovare indizi significa�tivi. Su quella settentrionale, invece, l'occhio'esperto osservò «tre segni che scrìsse m'inco�raggiarono a fare una prova onde vedere se potessi scoprir�ne l'entrata». Il confronto con l'altra piramide, quella di Cheope, a cui si accedeva pure dal lato Nord, lo convinse della fondatezza di quanto stava im�maginando. Cosi il 2 febbraio mise quaranta uomini a lavora�re nello stretto spazio fra l'im�menso sepolcro di Cheope e i resti del tempio sul fianco orien�tale. (...) La prima scoperta si ebbe dopo sedici giorni di lavoro, quando un operaio osservò una fessura fra due pietre a circa otto metri e mezzo di altezza sulla facciata Nord. I fellah s'infiammarono in fretta, eppu�re Belzoni si accorse presto che quello non poteva essere l'in�gresso della pu-amide: si tratta�va di un cunicolo scavato dai ladri, uno stretto corridoio dall' andamento discendente che, ol�tre un pozzo verticale, risaliva e conduceva al camminamento principale. Gli operai impiega�rono sei giorni per arrivare nel cuore della piramide, «in una cavità molto vasta su cui non riuscii a formare alcuna conget�tura». (...) Continuava ad essere certo che la chiave del mistero fosse nel confronto fra i due monu�menti. Nel mausoleo di Cheope, notò, «l'entrata è lontana dal mezzo della facciata nella pro�porzione della distanza che v'è fra il centro della camera e la sua parete orientale». Ne conse�gui che l'ingresso non potesse essere dove lo aveva cercato, ma «trenta piedi più a oriente», e più in alto sul lato settentrio�nale. La supposizione fu confer�mata dalla presenza di pietre e calce meno compatte che nel resto della parete. (..".P A questo punto della vicen�da, gli operai erano certi che il gigante padovano fosse matto. lo chiamavano magnoun e lui li lasciava fare. Il 28 febbraio fu portato alla luce un primo mas�so inclinato secondo una pen�denza analoga a quella del corri�doio della prima piramide ad un'altezza di oltre dodici metri sul fianco dell'edifìcio. Il giorno successivo furono osservate tre grosse pietre in posizione diver�sa dalle altre due poste a sostegno della terza ancora coerenti con l'inclinazione che ci si attendeva. Il clima era di generale eccitazione. Gli ope�rai esultavano. Giovanni non credeva ai suoi occhi. Quando il 2 marzo giunsero al «vero ingresso» esplose l'entusiasmo di tutti. In meno di un mese Belzoni era riuscito a fare quel�lo su cui per secoli altri viaggia�tori avevano soltanto fantasti�cato. (...) Davanti agli scavatori si apri�va uno stretto corridoio discen�dente di 37 metri. Si addentra�rono alla luce delle torce su un terreno aspro, fra pareti incro�state. Al fondo c'era «un grosso macigno il quale turava il passo cosi esattamente che sembrava ci dovesse togliere ogni speran�za di andare oltre». Un esame più attento rivelò che la pietra era alzata di un quindicma di centimetri da terra e pertanto doveva essere possibile sposta�re l'ostacolo per proseguire l'avanzata. Fu un'opera da tita�ni. Per rimuovere l'intralcio ci volle un altro mese di lavoro, il tunnel era stretto, vi potevano lavorare due operai alla volta. Alla fine fu liberato. «Io dunque v'entrai e meco il cavaliere Frediani lun viaggia�tore e poeta italiano che lo aveva assistito in quei giorni, ndr)» racconta Giovanni. Oltre il macigno rimosso, percorse a fatica il cunicolo, puntando ver�so il centro della piramide, là dove pensava fossero celati i segreti e i tesori del faraone. Entrò nella camera funeraria con impazienza, tagliando l'aria immota da secoli. I...1 «La torcia che rischiarava li miei passi, quantunque bastasse per farmi disiinguere i principali oggetti, spargeva un debole lu�me sopra l'assieme di questa sala. Li miei occhi si portarono naturalmente sull'estremità oc�cidentale del locale, dove m'aspettava di trovare un sar�cofago collocato siccome quello della prima piramide, ma ne fu ingannata la mia aspettazione giacché nulla trovai da quella parte. Continuando però ad esa�minare l'ovest della camera fui sorpreso gradevolmente dal ri�trovamento di un sarcofago seppellito a fior di terra». Giunse il Cavalier Frediani e i due si fermarono a guardare l'immensa bara incassata nei blocchi del pavimento. Era di granito, ben levigata all'interno e all'esterno, con scanalature previste per lo scorrimento oriz�zontale del coperchio che trova�rono rotto in due pezzi. Furono sorpresi dall'assenza di gerogli�fici. Sul suolo vi erano cumuli di terra e pietre disseminate ovunque. |...) Cominciarano a studiare le pareti del vano rega�le e a misurare il misurabile. Il pavimento era cosparso di bu�chi, testimonianza di antichi scavi condotti alla ricerca di tesori. Un piccolo pozzetto ser�viva per i vasi canopi. Sotto una delle pietre rimosse fu rinvenu�ta la testa di un martello di ferro. Molto in su sulla parete si aprivano due bocche di oltre una trentina di centimetri, sboc�chi analoghi a quelli della pira�mide di Cheope. Le cristallizza�zioni sui muri davano forma a bizzare figure, spettri e guardia�ni del sepolcro. Vi erano parec�chie scritte, Giovanni vide pri�ma «alcuni scarabocchi col car�bone, i quali erano caratteri sconosciuti che si confondeva�no tosto che si toccavano» (pote�vano essere frasi in copto o antico demotico), poi «sul muro occidentale un'iscrizione ara�ba». «Non volendo fidarsi» delle proprie conoscenze, fece copia�re la seconda scritta da un dotto egiziano e la mostrò a diversi studiosi del Cairo. La traduzio�ne che ne ottenne fu «il Signor Mohammed-Ahmed, intraprenditore di cave, l'ha aperta, e il signor Othman vi ha assistito, e il re Aly-Mohammed di poi fino al compimento». Questi tre uo�mini avevano violato la pirami�de verso la fine del XII secolo. Il padovano non fa trasparire al�cun risentimento davanti all' evidenza di non essere stalo il primo ad entrare nell'immensa tomba, ma la medicina era ama�ra e il fatto che fosse vuota la rendeva ancora più indigesta. Deve essere per questo che non seppe resistere alla tentazione di scrivere, in lingua italiana e a caratteri cubitali, il suo nome e la data della scoperta: Scoper tu da G. Belzoni. 2. marxo. 1B18. All'interno della piramide di Chefren c'è un'Immensa scritta: «Scoperta da G. Bolzoni 2 marzo 1818». Le guide raccontano che questo Giovanni Battista Betoni, padovano di nascita, era un avventuriero e un saccheggiatore di tombe vìssuto all'inizio dell'BOO. La storia come la scrìve Marco Zatterìn ne! volume II Gigante del Nilo in uscita per Mondadori, di cui pubblichiamo alcuni passi -v è tutt'ahra. Figlio di un barbiere, alto oltre due metri. Bolzoni viaggiò a lungo prima di approdare a Londra dove per IS anni calcò i palcoscenici con i suoi numeri di forza. Arrivò in Egitto nel 1815 e si lanciò in una serie straordinaria di scoperte: dissabbiò l'ingresso del tempio di Abu Simbel e per primo scavò nella Valle dei Re. Fu lui. nel 1818, a trovare l'ingresso della piramide di Chefren. Belzoni era alto 2 metri, gli egiziani lo credevano matto. Aveva ragione lui mafu battuto dai ladri li u s�n�i�d ri o e r�a a e di o se l�a�i�ri�n�a�n o�so so va n�me ra di to a�re l'nvtulaActoanilfsdsEcltpfomsncmcdigpmsts Due immagini di Giovanni Battista Belzoni. Qui accanto: gennaio 1818. l'awenturiero-archeologo è ritratto fra le rovine della piramide di Cheope. Sotto: il padovano a Londra negli anni artìstici, col costume di Sansone Patagonico

Luoghi citati: Egitto, Londra