Due pazzi per la MOLE di Marco Neirotti

Due pazzi per la MOLE «Il genio di Antonelli mi ha stregato»: paria Tarchitetto che ha restaurato il monumento impossibile Due pazzi per la MOLE Marco Neirotti TORINO CANTIERE continuo, fabbri�ca di sorprese. Questa è la Mole. Se il geniale Alessan�dro Antonelli dovesse rimetterci le mani o^jgi, ne otterrebbe, con ogni probabilità, una cascata d�denun�ce. La sua avventura umana e professionale, che per quasi qua�ranta entusiasmanti e sofierti an�ni, nel secondo Ottocento, ha crea�to il futuro simbolo di Torino, apparirebbe una colossale presa in giro dei committenti. Perché Anto�nelli aveva ben chiaro in testa che cosa voleva realizzare la più alta e acrobatica costruzione in mura�tura del mondo però non lo svelava. Invocava tempi supple�mentari e quattrini freschi per un progetto sconosciuto a chi gli ave�va chiesto una sinagoga. Un filo affratella la sua batta�glia d'allora con i lavori di restauro per dar sede al Museo del Cinema. Certo, dal '94 a oggi è stato tutto diverso: tempi rapidi, date rispetta�te cos�come il preventivo di spesa sui venti miliardi. Eppure qualco�sa affratella la tensione che anima�va l'architetto scomparso novan�tenne nel 1888 e il giovane architet�to di adesso, Gianfranco Gritella, anni 41, che con Antes Bortololti ha rivitalizzato il tempio mai stato tempio. E' la continuità di pensie�ro, un pizzico di sana follia che si traduce in entusiasmo tenace, sfi�da di due creativi che si sono passati il testimone. Tutto emerge dal volume. La Mole Antonelliana (storia di un edificio simbolo dal progetto al restauro) curato da Gritelia e pubblicato da Utet. Storia strana quella della Mole, pensata con una destinazione sinagoga perduta per strada e ora Museo. Dice Gritella: «E' grazie a questa destinazione che si è investi�to. Ma quella che abbiamo recupe�rato è 'unica struttura a essere museo di se stessa. Siamo parliti da un'idea: lavoriamo per il com�mittente, ma le opere devono rima�nere valide anche se la destinazio�ne dovesse cambiare». Prima ancora di quello sui mate�riali, Gritella ha compiuto uno studilo sul senso di questa piazza coperta che si stringe verso il cielo: «E' curiosa la cronaca dell'Ottocen�to. Volevano una sinagoga e lui sognava una sfida, con una visione da pallone aerostatico. Rimasta senza una funzione specifica, la sua Mole si ritrovava simbolo di una città che non si era scelta quel simbolo, per di più simbolo con origine religiosa in una città laica». Nel libro è minuzioso il rendi�conto dell'impresa appena finita, ma altrettanto è affascinante la storia di allora. Antonelli insegue la sua idea regalando sorprese, passando via via dal tempio di 47 metri che conterrà 1500 persone a un progetto tutto suo, che svetta per oltre 100 metri. Chi gli ha commissionato il lavoro, il Consi�glio dell'Università israelita, non riesce a star dietro alle modifiche e gli ingiunge di «rendere palese in tutta la sua entità architettonica ed economica il proprio fine ulti�mo». Obbedisce («lire 412.786,26»), ma continua a inserire modifiche. Relazione del Consiglio: tL'Am�ministrazione si presentò all'Antonelli per chiederclìene schiarimen�ti e ragione, ed egli, additando appeso alla parete del suo studio il nuovo disegno da lui clandestina�mente sosutuito all'antico, ed as�sai inoltrato d'esecuzione, scusò con regioni tecniche la sua violazio�ne». Continuò a far di testa sua e questo è il motivo per cui la Mole non è diventata mai sinagoga : spos�sata, la comunità israelitica, chiese al Comune di comperare il suo tempio non ancora terminato per 150 mila lire. Si firma l'atto. L ar�chitetto muore, nel 1888. Alla dire�zione dei lavori arriva il figlio Costanzo, che ha carattere simile e si vede ritirare l'incarico. E' l'alba del secolo. Si chiude il cantiere di una Mole prevista alta 47 metri e arrivala a 163,35. Ma il cantiere è destinato a riaprirsi. L'edificio ha cedimenti. Ne 1930 si interviene con il ce�mento armalo. Nel 1953 un uraga�no fa crollare la guglia. Il vigile Ettore Marengo racconta a La Stampa: «Avevo gli occhi fissi alla punta, vedevo la stella avvolta di bianco, la guglia ha avuto uno scossone. Si era fermata di colpo, non dondolava più. Sarà passa�to un secondo, forse due, chi lo può dire^ Poi lo scossone, e la guglia, li davanti ai miei occhi, si è spostata a sinistra tutta intera, si è spostata nel vuo�to. E' rimasta sospesa come se qualcuno la tenesse con un filo». Era il 1953. Gritella nasce sei anni dopo. E' studente del liceo artistico quando visita la Mole per la prima volta: «Chiesi il permesso di andare su a piedi». Era l'architetto nascente? «Con il senno di poi direi di si. Di sicuro c'era un grande fascino». Lo stu�dente si laurea, vince pre mi, si vede offrire un corso di restauro architet�tonico, lavora al recupero della cappella della Santa Sindone, delle residenze sabaude di Stupinigi e Pinerolo, dell'abbazia di Sant'Antonio di Ranverso. E torna dall'incantato�re Antonelli: «Si va verso il futuro quando si ha il passato in mente». E nel futuro di questa Mole ci stanno, appunto, i «dialoghi» con l'Antonelli. Che vi siete detti? «Ci siamo parlati attraverso i suoi disegni e la Mole stessa. Ci ha fatto capire che la sua è una costru�zione che non può esse�re mummificata, im�balsamata, sotto ve�tro». E diviene mu�seo: «Sì, ma anche se il ruolo del museo e contenere, il museo dev'essere aperto, in�contro». Il «dialogo» è immagine, filosofia da rispettare, ma anche problemi concreti, come scelte moderne da inserire sulla Storia, dalla scala in acciaio alla centrale tecnologica: «Qui sta il legame con l'Antonelli. Non abbia�mo soltanto restaurato, abbiamo continuato a progettare un edificio sempre in evoluzione». Il fine Museo ha permesso inter�venti massicci. Lei, dialogando con l'archiietto dell'Ottocento, avrebUno spacca be pensato destinazione diversa? «Il cinema, che è luci e ombre, la posizione, la storia torinese rendo�no ineccepibile la scelta. Ma ogni destinazione è in contrasto con l'ideatore. Io non ne avrei data nessuna, nessuna che implichi un biglietto da pagare. La vedo come una grande piazza pubblica co )erta, dove la gente si incontra, dove si riunisce lo spirito della città senza cercare altri feticci. Entrare insieme in qualcosa che abbraccia tulle le classi sociali e le razze». Può davvero faro questo un monumento? «Si, se il monumento è la sua storia, le sue traversie, i suoi significati, gli aneliti di chi l'ha costruito. Senza tutto ([iiesio una statua è una pietra lavorata. Le statue come lo grandi costruzio�ni e i musei devono sempre conte�nere e proseguire l'alilo di vita che le ha generale». «Per molti anni abbiamo dialogato attraverso i suoi disegni» l l Due pazzi per la MOLE 1 'Va'■': , passa�, chi lo e, e la occhi, tutta vuo�come con asce e del isita olta: dare tetto o di c'era stu�e n �o a e e di ro�o il a , i i e Gianfrananni e dal lavoMole. Si l'eregA Uno spaccato del progetto di restauro della Mole Antonelliana 1 'Va'■': , Alessandro Antonelli nacque a Ghemme (No) nel 1798. La Mole l'occupò per decenni e non la vide conclusa; mori nel 1888 lasciando il testimone al figlio Costanzo Gianfranco Gritella ha 41 anni e dal 1994 si occupa dei lavori di restauro dalla Mole. Si sente l'interprete, l'erede e il custode del genio antonelliano

Luoghi citati: Ghemme, Pinerolo, Torino