Métameur, il castello nell'isola dei berberi

Métameur, il castello nell'isola dei berberi A 482 CHILOMETRI DA TUNISI, A 6 DA MEDENIN, DOVE INCOMINCIA IL GRANDE SUD Métameur, il castello nell'isola dei berberi L; REPORTAGE Liliana Madco E ombre del tramonto si allungano violette nella , grande corte. Tre gatti la attraversano stiracchiando�si. Il silenzio non è rotto dal gruppetto degli uomini che intor�no a un tavolo giocano muoven�do semi di dattero. Tull'intomo, come parete compatta di una quinta teatrale, corre lo stesso disegno delle facciate, lo stesso impasto monocromo di sabbia e argilla, il profilo ondulato dei tetti, i buchi neri delle porte e delle finestre spalancate. Al di là del varco che immette nel gran�de cortile ci sono macchine, una moto, un somaro, un calte, negozietti di souvenir. Più in là anco�ra, la fiancata della catena del Dahar che dal deserto sale fin qui e che si attraversa in jeep percorrendo una pista irta di sassi, polvere, buche, fra dirupi rocciosi, qualche ciuffo di verde, qualche capra, una scuola una volta, il sole a picco, una campa�gna arida e pietrosa, il letto di un ampio torrente scavato nella roc�cia, asciutto, già colmo di sterpi e tronchi d'albero che le piogge quando ci saranno, quando sa�ranno abbondanti trascineran�no con sé: uno oued, come quello che in Algeria, in pieno deserto, nel 1904 travolse e uccise Isabel�le Eberhardt. A nord ci sono Djerba, lo oasi e il mare, i villaggi turistici e i siti storici che raccontano un lungo intreccio di popoli e culture, le città e la costa, le steppe e i boschi, Cartagine o Hammamet, campi fertili e montagne, Sousse e Kairouan (la quarta città santa dell'Islam). Questo che sembra un borgo disabitato, lo ksar di Métameur, è uno dei "castelli del deserto" costruiti nei secoli dai berberi, nei luoghi meno accessi�bili, dove fosse possibile control�lare il territorio, prevedere attac�chi, difendersi dalle razzie. Sia�mo a 482 chilometri da Tunisi, a 6 da Medenin. Dove incomincia il grande Sud, vera "isola dei berberi", il rifugio in cui questa popolazione in parte sedentaria (il gruppo del desorto) in parte nomade (il gruppo delle monta�gne) cercava salvezza dagli invasori fenici, greci, cartaginesi, romani, vandali, bizantini, poi dal VII secolo arabi (die avrebbero provocato cambia�menti radicali nella loro vita) e in tempi più recenti francesi (che impiegarono anni prima di piegare la resistenza e l'orgoglio�sa alterità delle tribù delle mon�tagne). A Medenin convergono le strade che dal nòrd e da Djerba si dirigono verso le regioni saharia�no, gli ksour del sud e la Libia, i villaggi arroccali sulle punte più impervie e solitarie, gli insedia�menti trogloditi scavati nelle montagne ad esempio nella zona di Matmata dove trovava�no riparo i nomadi e dove ancora oggi interi gruppi familiari vivono, senza luce, senza radio e tv, con le donne che mai escono per andare al mercato, in piazza, dal medico o alla scuola dei figli, come loro slesse confessano con impavida innocenza e naturalez�za. Il piazzale dello ksar di Méta�meur si popola di fantasmi e echi lontani, quando Hachim Drifi viene avanti e prende a parlare. E' l'ultimo erede della famiglia che da cinquecento anni gestiva il complesso. Qui non si abitava. La gente viveva sotto le tende nere dei beduini, nelle grotte dei monti. In questi locali racconta si stipavano i beni più preziosi di ogni tribù o famiglia: i gioielli delie donne, gli abili migliori, le provviste dell'anno, il grano, le olive, egli animali. Luoghi protet�ti, difesi da tutta la comunità se necessario. Ma anche luogo dello cerimonie, delle feste, della socia�lizzazione, del culto, del merca�to, delle pacificazioni e dello scambio con le tribù vicine. Lo ksar insiste è il luogo della memoria, una tetra sacra che custodiva gli spiriti della fecondi�tà e i geni protettori della tribù, le anime dei padri e dei fratelli: «Qui sono le nostre radici» dice, in un buon francese, lui che pure trasmette ai figli la lingua antica dei berberi, che ancora si parla e che mai è diventata lingua scriila ma da sempre rappresenta un forte elemento di identità e di coesione fra la sua genie. Oggi le colle sono vuote, con le volle in parte crollale. «Cin�quant'ann�fa, con l'indipenden�za racconta si voleva cancella�re la vecchia Tunisia, si voleva che tutto t'ossi' nuovo, che il nomadismo non esistesse più, che le tradizioni venissero di�menticalo. I berberi furono sni�dali dai loro insediamenti e dalle loro attività. Ancora una volta li si voleva ammaestrale, rendere docili e ubbidienti. Sembrava che nella nuova Tunisia per loro non ci sarebbe stalo posto Que�sto luogo e cosi luti i gli ksour e "le repubbliche berbere", coinè. uno studioso francesi; ha chiama�lo i villaggi arroccati sui cocuzzo�li più impervi cadde in rovina. Io andai a lavorare in Costa d'Avorio. Per tre anni. Li riipii che questo era il mio mondo, qui slavano le mie radici. E sono tornato». Riceve gli storici, gli antropologi che studiano una cultura e una minoranza etnica ridotta al lumicino ma custode tenace dei suoi costumi. Hialla, restaura. Pensa a un albergo da aprire utilizzando parte delle strutture esistenti. Progetta ma�nifestazioni culturali, spettacoli da far svolgere in questo punto che riassume tanta parte della storia di Tunisia e da cui si può partire por ripercorrere il vissu�to e le vicende dei berberi. Sogna un turismo d'elite, che voglia assaporare la dimensione di una civiltà rimasta intatta per secoli. Da qui a Tataouine, "la porta del deserto", corrono circa 5(1 chilometri di steppa desertica, altipiani, cimiteri abbandonati, villaggi distrutti e irraggiungibi�li, villaggi ricostruiti ex novo accanto a moschee candide, luo�ghi di cullo dedicati a eremiti onorali come santi o a personag�gi misteriosi che ancora incuto�no spavento, fra capre, pastorel�li, bambini con lo zainetto sulla schiena che sbucano da case invisibili diretti verso scuole ugualmente invisibili, donno piogate sotto i pesi che portano in testa o chine a una fonte a fare il bucato, e ksour di diverse dimen�sioni e condizioni. Bellissimo, spazioso e ben conservalo, quel lo di Haddada tdovo fu giralo «Guerre stellari»). In fast» di roslauro, con tecnici italiani e soldi della comunità europea, quello di Daourat. Vivace quello a ridos�so del villaggio di Chenini, dove vive Hassaud El Aloui, di 31 anni, sposato con un figlio, mercanle con diploma di liceo e una fiammeggiante capigliatura ros�sa, che dice: «Col nuovo Presiden�te sono arrivali l'acqua e la luce. 1 giovani che orano parliti per il nord e le città farebbero bene a tornare. I berberi stavano por scomparire. Hanno un futuro davanti a sé». Qui convergono le strade che dal Nord e da Djerba si dirigono verso le regioni sahariane, gli ksour, i villaggi arroccati sulle punte più impervie e gli insediamenti trogloditi scavati nelle montagne dove si rifugiavano i nomadi e ancora oggi vivono interi gruppi familiari E' IL RIFUGIO IN CUI IL POPOLO DEL DESERTO HA CERCATO SALVEZZA DAGLI INVASORI FENICI, GRECI, CARTAGINESI, ROMANI, VANDALI, BIZANTINI, ARABI ED INFINE FRANCESI g..u.^"—---. 'S�■v'.^-.^i1-:' ■v. ' :■•":. 'v -..•^ ^ '.yV u:* 1 m m*' BWSet^ftffèHiétrt iefa l^edenin incomincia il grande Sud tunisino: qui, nell'isola dei berberi, compaiono all'improvviso i «castelli del deserto»: il phj affascinante è lo ksar di Mctamcur. ..u. GUERRE STELLARI m Steppa desertica, altipiani, cimiteri abbandonati, villaggi distrutti e irraggiungibili, luoghi di culto dedicati a santi eremiti o a personaggi misteriosi che ancora incutono spavento e ksour di diverse dimensioni e condizioni. Bellissimo, spazioso e ben conservato, quello di Haddada dove fu girato «Guerre stellari».

Persone citate: Aloui, Eberhardt, Hachim Drifi