Arbasino, cicerone pirotecnico a Getty Musem
Arbasino, cicerone pirotecnico a Getty Musem Arbasino, cicerone pirotecnico a Getty Musem RECENSIONE Marco Vallerà Z ULTIMO «romanzo-saggio! di Alberto Arbasino inizia con mm un ampio e arioso flash-back, come quei film di King Vidor 0 di Hilly Wilder, in cui il fascinoso ed irresistibile piano-sequenza inaugurale va a snidarci '.'l'assassi�no», occultato nella folla, dopo una vertiginosa carrellata che scavalca montagne e lambisce grattacieli e ci permette nel frattempo di ripen�sare il mondo. Conviene rivelarlo subito: il ■ luogo del delittos (se non vogliaro proprio chiamarlo l'assassino) è il nuovo museo losangelesco del Get�ty. appena consegnato alle folle cannibali dall'architetto Richard Meier, «apparizione che sembra scadente e deludente dal basso», «come un assemblaggio di prefab�bricati per sismi umbri». Ma prima di planare entro quella gran folla che si accosta al proprio quotidia�no sacrificio museale, intessulo di «zombi e infermi e pannolini e telefonini e biberon», quel pacifico inferno, identico armai a Capri come du coté de chez Hollywood, prima di accedere al neo-tempio tulio iraveilino Eur da cimitero importato e «tubi e tubotli e grate e graticci, sbarre, spanghe e grappe» che vorrebbero custodire «aux anges» i tesori del vecchio capriccioso tiranno-Getty in un mausoleo del tipo «riscatto postumo per un auto�crate in odor di parsimonia» o trionfali spediente per deduzio�ni fiscali», ebbene, nel frattempo c'è tutto il tempo, in pagine trascinantissime, per riattraversare la genealogica di casa Getty negli anni felici in «cui eravamo tutti sonili» «Naturalmente prima dei fantasmi dell'Aids». In cui ci si divertiva liberi, si viaggiava con nulla, compiavi le eliografie di Kliint dietro casa per una bazzeco�la, e «invece di star li a romperci pensosamente le impazienti palle anche estiva fra sinistri attentati e noiosi proclami» le ne andavi a Grange e Salisburgo e se avevi fortuna (''infiltrarti nella villa giu�sta, ti capitava pure di trovare all'entrata una coppa generosa in cui potevi sceglierti il biglietto-re�galo del concerto di giornata, che fosse Karajan o Jessye Norman. «Capriccio» o «Le Nozze». «Nostalgia»? Macché, Arbasino è troppo auto-ironico (e se lo do�manda, ovviamente) per non obiet�tare, infastidito: «Co n'est que le Zeitgeist, baby, ioni se lien» Visua�lizzandoci pure il gesto, nel suo inimitabile parlato da efjfetto-eco, Che ci vuoi fare? Ipensa ai foyer di oggi!!): li c'erano proprio tulli, a portata di dialogo, Gadda come Palazzeschi. Comisso con Flaiano e Praz, e un po' più in là Eliot, Celine. Cocleau, Nabokov C Sklovskj. Ba�si.iva suonare un campanello. «Era�no li». Peggio per noi, oggi. Oggi, appunto, Arbasino ha qui una trovata «romanzesca», un espe�diente narrativo molto efficace e sapiente, per rendere coesi e anno�dali e avvincenti come in un thril�ler a suspence, i suoi appunti di viaggio, le sue annotazioni da connaisseursofisticato, le sue infallibi�li causeries del martedì, (piando riaprono i musei (e senza rischiare l'euetto-poncif epompierdei «Qua�dri di un esposizione! con musi�chetta per collante). Si fa come sorprendere in dili�gente e infastidita processiono nel�l'interminabile coda che (non) avanza verso l'oppressivo Olimpo dfl Getty Center, e mentre «l'acces�so funicolare» si fa lungo e immobi�le «come all'immigrazione negli aeroporti! ecco il pretesto nobile, da Satyrìcon, della divagazione per nulla divagante (ma folgorante alla Dossi) della fuga desabusée e tan�genziale da flaneur infastidito (ov�viamente baudleriano, che dialoga con il lettore-fratello che preme alle spalle) dando fuoco ai corto-cir�cuiti pirotecnici (ma con ineccepibi�le metodo illuminista, alla Diderot) e sfogo della moralità più corrosiva e irrildla. da Pietro Verri che ha lelio Tuin Wqlfe e scalla miracola�le polaroid stUisliche (ogni riga esplodono almeno due o tre meravi�glie). E rome nel Rillet MéiMm que» di Léger. con il fotogramma che non procede mai. della donna che sale invano le scale: in quest'ir�resistibile parodia della frustrala salila al Venusberg o Goet.terdaemmenmg di tutti noi, rincretiniti Hidelli del Walhalla la coda non procede mai, e c'è tempo per rivisi�tare le (ìches mentali di miriadi d'esposizioni, in questi anni co�munque proficui E joi si sa, dacché «nel nostro picco o inconscio collettivo migra�torio vegliano eccellenti fantasmi pronti al Ritorno del Rimosso e alla Critica del Giudizio», ecco che poco .i poco «ritornano», fantasmi, tic, obbrobri] e perle d�questo immen�so sciocchezzaio (laubertiano, che è il Nostro Contemporaneo. Da cui )rovvidénzialmente ci vendica e ibera il genio ferocedi questo killer sublime di ideo ricevine or�mai imputridita a di modo arreso alla dittatura di stilisti ir vetrinisti dell'arte. Talvolta basta un a^jgettivo, per ammazzalo con una risata questa brodaglia di «videoartisti velleita�ri! e «curators da strapazzo! e pretenziose sartine con l'hobby dell'installazione pecoreccia. Impa�gabile vedere cos'è la sua intolligenza radiografata, mentre fruga nelle bibliografie o in quel «Guido Michclin dolla Grecia Antica» che è \y.n l'ausania. mentre spoglia le pinaco�teche con un occhio prensile come la coda di una uistiti, e «inuiucc» quadri in parole, secondo il viatico di Lunghi o provoca scintille inatte�se, secondo l'estetica dell'«only connect» di Forster. E cosi si riflette che dopo Longhi e Bruno Barilli non c'era dato più di leggere prosa altrettanto fosforosconte od illuminante. Corto, il massimo dell'eccitazione 6 studia�re Cassiano del Pozzo a Malibu. questo strano paradosso california�no, li dove manca ogni stratificazio�ne storica, ogni «sottosuolo osquilino»: mentre sono proprio le genea�logie dello scuole artistiche e del collezionismo a ronderò ghiotte le cose d'arte. E sapere che Alessan�dro Magno ha prontezze da talk show o che il suo amasio assomi�glia a Paul Newman o Apollo è puro Cavaradossi e che in Magnasco c'è già la taverna di Carmen, insom�ma, lavorare «col senno di poi»" (shakerando le epoche e le cu ture con Masaccio che legge Panofsky) diventa imprescindibile per deci�frare in trasparenza (e levità) que�sto nostro libidinoso guazzabuglio post-moderno. Esterno del Getty Museum, cuore delle «Muse a Los Angeles» Alberto Arbasino le Muse a Los Angeles Adelphi. pp 264 L 22 000 SAGGIO
Luoghi citati: Capri, Grecia, Hollywood, Los Angeles, Salisburgo
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