Il lupo di Carpentras

Il lupo di Carpentras IN LONTANANZA, ILMONTE VENTOUX: RITORNO A CASA TRA LE COLLINE DEL VAUCLUSE, IL DIARIO DI FRÉDÉRIC RICHAU.D Il lupo di Carpentras L'INEDITO h-i-'dt'j'ic Ricli.uicl QUATTR'ORE di cammino fra i pojjgi carichi di cilie�gi e ulivi prima di rag�giungere Carpentras. Kitorno ai paese natio. Sono venu�to a passare qualche giorno in mezzo a queste colline della Valchiusa per sfuggire alla città e alle sue luci ubriachi', agli uomini e alle donne delle stradi.' anonime. Chissà che qui non ci sia ancora la luce vacillanti: delle prime ore fiduciose. Porse ci sono ancora quegli uomini che la solitudine dell'infanzia ha mosso un giorno sulla mia strada e che oggi, dopo anni d'assenza, corco di ritrovare. E, so non ci sono più, .scriverò: le mie righe parleranno fin del più piccolo stormire dell'erba, s'immergeranno fin nel ventre squa�mato degli insetti, nella loro Ionia digestione di foglio e di muschi. No, non sari) mai più solo. Tulio sarebbe a misura uma�na qui, so non fosso por questo cielo cos�alto, cosi vasto, cosi impenetrabile por il piccolo uo�mo ch'io sono. In lontananza, il monto Vontoux si o coperto di venti o di nuvolo. Forse laggiù potrei infine toccalo il cielo. Ma non mi ci proverò; dicono che la montagna ubbia poteri sibillini, tali da pietrificare il sangue nelle sere di temporale: creatu�re variegate, strano, si aggirano furtivo in mozzo allo concilo o allo gole, percorrono i sentieri sotto i pini lunari, (piando la notte si gonfia di maestrale. E i forestieri acquattati in fondo allo forre temono sposso l'oscu�rità, il vento o il suo corteo di gemili. Arrivando da Nord, si entra a Carpentras da dietro: c'o un davanti e un diolro por ogni località della vallo del Rodano, Immenso vestibolo che, secoli or sono, si apriva verso il Sud e i suoi prosperi commerci, verso la Grecia e l'Italia, marittime e conquistatrici. Il passoggiutoro costeggia il muro interminabile del ciniituro ebraico da cui emergono le tosto chiomato dei pini maritti�mi, prima di scoprirò l'acque�dotto imponente e oggi Inutile che nel XIV secolo convogliava l'acqua pura di Caromb. Tulio, qui, f; collegato, unito da molteplici e sposso impercet�tibili emoricature: i paesi e. le campagne, nello loro forme e noi loro odori, non cessano mai di corrispondere. E' noi cuore degli uomini che si stendono le von; distanze. 0BK' è giorno di mercato. Il vonto, lo bancarelle e le urla hanno invaso la città intera. Sono cambiate mollo coso dalla mia ultima vomita qui: il merca�to dogli uccelli, il mercato delle oche, il mercato dei polli hanno codino pian piano il posto agli ambulanti che offrono terraelie e stoffe, ai venditori di miele o di formaggi locali. Attorno a me, persone che fischiettano, che parlano a voce alta, si aggrappano l'ima all'al�tra, chi con una frase otenendo�si por una spalla, chi lenendosi por un braccio o con un'occhia�ta; persone orgoglioso e arci�gno, a volto tonerò; persone elio moltiplicano i loro atti compli�cali soltanto porclio hanno pau�ra della motte. Anch'io, corno loro, ho paura. Conio loro, fi�schietto; corno loro, so ossoie tenero, brinalo, orgoglioso, Ma non so parlare e non ho nessuno cui aggrapparmi. Allora scrivo. Dapprima, il buio, il fruscio dogli insetti e la voce dell'orba elio bisbiglia fra gli albori. Poi, pian piano, la cima aguzza dol Vontoux buca il coperchio delle nuvolo, o il ciolo si apro. Allora si levano i rumori torpidi dei paesi o la presenza dogli uomi�ni. Dopo lunghe ore di cammino, il colle di Suzette apre una prospettiva vertiginosa sullo duo vallalo della Valchiusa. Ver�so Sud, i Pizzi di Montmirail, Beaumes de Venise, Aubignan, Carpentras con i due campanili ogiu in fondo, stosa nella piana, Avignone. A Nord, la terra o mono piatta e le citta sono più raro; è su questo versante che il castollo del Uarroux affila gli Spigoli in cima al suo poggio. Prendo lu strada costeggiala di cipressi elio piega verso il Uarroux. Ho scordato il calenda�rio e gli orologi dogli uomini. E, mentre sprofondo nell'orba o nelle piante dallo Conno di nuvo�lo, mi appaiono i volli di tutti coloro elio ho lasciato lontano, prigionieri della loro corsa im�mobile, che si affrettano, si esasperano, cozzano con la vo�ce, con il ^.osto e con lo sguardo ma non s'incontrano mai. Appesa al fianco dol monte di Boaumos do Venise, tra Aubi�gnan o Vacquéras, la chiesetta romanica di Nolro Damo d'Aubune innalza il suo campanile quadrato di tegolo in mozzo alla macchia o allo querce da sughe�ro. Instancabile, sorgo il solo. Il maoslrale squassa la tona e gli albori, scaccia le stelle elio irapuntano il cielo. Cammino infagottato noi cap�potto troppo largo prestatomi da mio fratello. Mi ha riempito lo tasche di pasticcini e dolciu�mi: «Casomai ti perdessi incontrando il lupo», mi ha detto ridondo. Mi è successo, infalli, ma molto, molto tempo fa... Avevo otto anni. Mio padre mi teneva per mano noi bosco di querce che attraversavamo. Canticchiava: «Passeggiamo in mozzo al bosco, mentre il lu�po...». Io me l'ero data a gambe all'ultima strofa. Correvo, corre�vo. Mi sono fermato soltanto molto tempo dopo, una lama di piombo che mi trafiggeva il fianco sinistro. E la natura, ovunque, immobili; e minaccio�sa, lo righe morte degli alberi in inverna, gli animali selvatici nascosti sotto il fogliame e i cespi di rovo, pronti al balzo o al morso. Non so per quanto tempo sono rimasto li paralizza�to, incapace di rispondere ai richiami dei mici genitori che avevano organizzato con dei vicini una nattuta pare memorabile. Mi hanno ritrovato treme�bondo sul far della notte. Mi hanno frizionalo energicamonto, mi hanno fatto boro un bicchiere colmo di vino caldo e zuccheralo. Mia madre rideva, mio padre rìdeva, mio fratello ridova, i vicini ridevano. Ricor�do ancora il languore che, men�tre ridevo a mia volta senza capire, s'impossessava della mia testa e dei miei arti. Sono sprofondato in un sonno di dolore. Le coso sono cambiate: mio padre è morto in un giorno d'inverno e io non credo più ai lupi nascosti nei querceti. Forse sono tornalo qui soltanto per ritrovare un pò di quella paura infantilo e, dietro, il sorriso e la voce di mio padre. D�colpo, ecco il sole, davanti a me, nell'intera sua massa; è bastato un attimo perché gli ultimi brandelli di buio sprofon�dassero definitivamente dall'al�tra parto dol mondo. Dalla cima del monte di Beau�mes la vallata della Valchiusa distribuisce con liberalità le sue particelle nere e brune. Oggi, nonostante il vento, le terre basso sono sommerse di neb�bia; e distinguo male la curva grigia del canale che unisco i paosie le città. Fino alla cappella in rovina che si erg»; sul monto, lo stretto lorrono ondulalo si è coperto di vigno; ovunque, la presenza dell'uomo che riporta alla luce, nel periodo doli aratura, innu�merevoli cocci, testiinonianze di antiche presenze. Bambini, e nonostante il di�vieto dei nostri genitori, veniva�mo spesso qui, mio fratello e io, su questo esiguo oppidum che s'apro, da ogni lato, su un precipizio. Eravamo i capittin�di una grande nave senza vele lanciata attraverso il cielo. Raggiungo il tempio dai muri smangiati dall'oblio e oggi abita�to dall'edera vigorosa e dai serpenti dolenti. A dispetto del�la scritta «Proprietà privata» la chi può mai appartenere?) e dei detriti che ne ostacolano l'acces�so, raggiungo l'apertura che si tuffa nel cuore di una luce tiepida. Il soffitto è a tratti crollato, subito sostituito dalla volta cangiante dol ciolo. 1 muri crepali respingono come posso�no le offensive sibilanti del maestrale. Di li a poco si svela un'altra porta. Non ricordo d'averla mai varcata. Allora, una vasta distesa di terra e di cielo romiti s'apro d'un tratto davanti a me. L�vivono soltanto ginestre ubria�che di vento e di luce, ciuffi di timo e d'erica. Per ore seguo un sentiero sinuoso traccialo dagli animali selvatici, penetro in quel mon�do aiiorlo su montagne d�nuvo�le dove transitano urlacc�di uccelli solitari. E non so più niente degli uomini. Arrivo a Aubignan per la strada che costeggia la naziona�le. Una breve passeggiata d�tre chilomelri sotto le querce e i pioppi. Già il bitume crepato sparisco sotto l'argilla secca portala dalle ruote dei trattori che, in autunno, escono dai campi. La strada diventa tratturo. Sono entrato senza accorgormono nel primo frutteto del mondo. All'occhio e all'orocchio dol cittadine) la campagna, d'inver�no, smolle di vivere. Eppure tutto continua a nascere in questo giardino silenzioso; gli alti albori approntano lo gem�mo nel ventre caldo dei loro rami; gli insetti scavano sotto i miei passi gallorie temperate; i semi s'insinuano piano fra due sassi tiepidi; gli animali imba�cuccali noi peli o nelle piume corrono, invisibili, al limitare dei boschi o nello profondila dol cielo. Penso a mio padre; a tutti quei morti che teniamo inlorpiditi noi folto dei nostri ricordi. E capisco subito che, por loro, è come por questa campagna d'in�verno: il silenzio e il gelo esisto�no soltanto in superficie; per raggiungerò coloro che, nella solitudine dei nostri giomi, di�speriamo di poter Tornare a toccare e ad ascollare, dobbia�mo disimparare a sentire con il nostro cuore ordinario. Il pianoro del Cros, verso Sud, domina Aubignan e la valle del Contado. A Nord, a venti chilometri, il Vontoux monumontalo innalza una frontio' ra invalicabile per i viaggiatori e sposso anche per le nuvole. Gli uomini, qui, sono rari: hanno lascialo il posto agli uli�vi, alle viti o ai ciliegi che, nei giomi di gran vonto, ondeggia�no come oarche in balìa della tempesta. Un volo di stomi spazza il ventre ancora chiaro dello nuvole; un cane passa immorso noi suoi pensieri di cane; i vegetali raccolgono le loro forme all'approssimarsi della notte; e io non esisto più in questo crepuscolo del fondo dello eu, assorto fino all'anima nell'avventura incessante di questo mondo che avevo dimen�ticato di conoscerò. Il furgone del contadino che mi ha dato un passaggio odora d'uva troppo matura e d�legno bagnato. L uomo mi parla della sua vita d'ogni giorno, del ven�to, della pioggia, del sole, e le sue parole generose sprofonda�no senza sforzo fin nel cuore delle colline e delle nuvole. Parla; e, mentre le sue mani e i suoi occhi si animano di cenni, io commisuro la distanza spa�ventosa che mi separa da que�st'uomo: lui sa tutto del mondo senza aver mai avuto bisogno d'impararlo e nemmeno s�stupi�sco di questo miracolo. E io, io sono nato sulla sua slessa terra e sotto il suo slesso cielo, ma sono corso a perdermi su chilo�metri di catrame per tentare d�trovare ciò che non sapevo di poter possedere qui. La ricchezza naturale del Contado ha dato idee di grandez�za alle amministrazioni comu�nali e a qualche imprenditore. Attorno alle città e ai paesi, le fabbriche si mangiano i camp�e lo fattorie; strade nere ricopro�no i viottoli bruni che univano le terre e gli uomini sotto pro�fondità di rami. Ovunque il moderno scaccia l'antico a colpi di pala e picco�ne. E il giovane abbandona il vecchio che muore in silenzio sulla sua panchina invernale portandosi dietro il segreto di una sorgente. «A che serve la sorgente?», ragiona il giovane, «dal momento che c'è l'acqua corrente?». E pensa ad altro. Eppure, il vecchio appena mor�to sapeva che l'acqua della sua sorgente inebria ogni cosa al suo passaggio; che fa girare la tosta ai fiori e agli alberi che cadono nel cielo; che, non appe�na bevuto, animali e uomini parlano e ridono un po' più forte attorno allo vere da pozzo. Sì, so il giovano l'avesse interro�gato, gli avrebbe detto tutto questo, il vecchio. E il giovane avrebbe forse capito che l'ac�qua dominata domina a sua volta: che delimita i cigli e �boschetti, cìnge gli alberi e i campi. E che in questo mondo ordinato o liscio il giardiniere cammina solo. Stamattina, la campagna ron�zava di linfa e di mantidi divora�trici di luce. Le vedevo correre, carapaci verdi in mezzo a lun�ghi steli già gialli, scalare il tronco delle querce all'assalto dei rami lontani che rizzano le punte secche verso la linea azzurra dolio Alpi. Torno alla città e ai suoi uomini che non hanno bisogno di un gran vonto per sentirsi sfuggire la terra sotto i piedi. Il treno inghiotte le case, gli albe�ri e lo nuvole. Spessori di fine�strini mi separano da questo paese mobile dove anch'io, un giomo, voglio tornare a dissol�vermi. Eccomi, paese natio. Sono venuto per sfuggire alla città e alle sue luci ubriache, alle donne delle strade anonime... Gli uomini, qui, sono rari: hanno lasciato il posto., agli ulivi o ai ciliegi che, nei giorni di gran vento, ondeggiano come barche in balia della tempesta «La Valle Chiusa» è un racconto inedito di Frédéric Richaud, qui proposto nella traduzione di Francesco Bruno. Un omaggio (anche, indiretto) ai luoghi petrarcheschi. Lo scrittore, trentaquattrenne (e nato nel 1966 in Provenza, ad Aubignan), vive o Parigi, dove insegna in un liceo della periferia. Frédéric Richaud si é rivelato con il romanzo «Il signor giardiniere», uscito per i tipi di Ponte alle Grazie (pp. 156, L. 20.000, sempre nella traduzione di Francesco Bruno). Vi si narrano le vicende del signor de La Quintaine. Luigi XIV lo ha incaricato di curare frutteti e orti della nascente reggia di Versailles. A prima vista pare che il giardiniere «coltivi» unicamente le passioni georgiche, in realtà, a poco a poco, apre gli occhi davanti alla misera condizione in cui versano i contadini. «Il signor giardiniere» fu accolto con pai ticolare calore dalla critica e dal pubblico. Un libro culto, cos�è stato definito, per gli ecologisti. Il lupo di Carpentras Sopra, da sinistra: il campanile della Cattedrale di Carpentras e il villaggio di Barroux A destra: la Cattedrale Un ulteriore scorcio della cattedrale di Carpentras. un paese in mezzo alle colline della Valchiusa

Persone citate: Bambini, Cros, Francesco Bruno, La Valle, Luigi Xiv, Richaud

Luoghi citati: Aubignan, Avignone, Grecia, Italia, Parigi, Provenza, Versailles