Bologna '200 Tesori del Medioevo emiliano di Marco Vallora

Bologna '200 Tesori del Medioevo emiliano Bologna '200 Tesori del Medioevo emiliano LA MOSTRA •DELLA si himaMa Marco Vallora LA M•DEsi hMarcoDER quanto affa�scinante anche I nel suo sommes�so e sapiente alle�stimento, e perfin spettacolare talvolta nel tentativo delicato di evocare le volte go�tiche d'una cattedrale e i prodigi aggettanti di leoni scolpiti e le suggestioni luminose di rarissimi codici miniati e di salteri istoriati, questa grandiosa mostra dedicata alle Forme e Colo�ri del Medioevo a Bologna esige imperiosamente d'essere preventi�vamente studiata (magari anche sull'imprescindibile catalogo Mar�silio) e capita nella sua scommes�sa grandiosa, filologica e insieme storica, di offrire per la prima volta al pubblico un capitolo dav�vero oscuro e trascurato di storia dell arte bolognese, dopo tanti an�ni di studi, come si evince, ben proficui. L'azzardo e il successo di que�sta mostra coraggiosa, curata da Medica e Tumidei, sta proprio nel fascino coinvolgente di una simiie esplorazione inedita e di queste remunerative scoperte. Cne pure pongono molti quesiti ancora e non pochi problemi, come sottoli�nea Daniele Benati nel saggio in�troduttivo al lacunoso capitolo della pittura murale: lamentando proprio il numero cosi esiguo di testimonianze leggibili, nalmente ridotto da scoraggiare qualsiasi tentativo di ricostruzione». E for�se perfino l'impegno di una mo�stra, lenendo conto che alcuni «occorrerà avvertire il visitatore circa i rischi di valutazione che possono derivare non soliamo dal diradamento del contesto storico, ma anche dall'estrapolazione dal conte». Dunque, il visitatore do�vrà tentare di ricollegare mental�mente questi frammenti ai luoghi da cui provengono e da cui erano STRA LA aMa allora condizionati. Che ri�sulta poi anche l'av�vincente di questa ini�ziazione, suffragata per altro da pezzi stra�ordinari Come i due affreschi d'Evangeli�sti arroccati sulle loro arzigogolate cattedre da professori neogreci, con i piedi padanamente ben saldi e rilassati, nella grafia elegantemente costan�tinopolitana del misterioso Mae�stro di San Bartolo in Ferrara, che forse parla un idioma balcanico e serbo. E questo accanto agli splen�didi Cristi dolenti e trafitti del sensibilissimo Maestro dei Croce�fissi Francescani; ai torniti leoni di maestri tagliatori ancora scono�sciuti; alle fiammeggianti miniatu�re cortesi dei Galeni illustrati, delle Bibbie di Carlo V o delle Pandette fiorite; alla gentilissima umetta funeraria in argento dora�to che contenne le ceneri di San Luigi Re di Francia retour de croisade le pure fallita! il cui cadavere sosto a lungo nella pia Bologna, cui Bonifacio Vili Iqui presente in un incredibile sculturene a taglia gigantesca, che io trasforma in un dolo egiziol avreb�be presto regalato un Giubileo. Intorno, a quanto pare, il vuo�to, anche critico. Vasari si dice entusiasta per «lopera in que' tempi tenuta meravigliosa» scolpi�ta nella cattedrale di San Pietro. Ma campanilisticamente sembra evidenziare soprattutto la fatica, di «quegli uomini a uso di fachini» Poi scende la lacuna vistosa delle testimonianze storiche. E non è un caso che Giovanni Romano, nel suo illuminante saggio introdutti�vo, debba ricorrere a Dante l'esilia�to per poter reperire qualche fonte d'epoca. Perché tnielle artistiche tacciono. Dante che non solo cita Cimabue (presente in mostra e dunque influente pure in que�st'area! il quale «credette ne la pintura tener lo campo» e che è ricordato più che altro come sim�bolo della caducità della fama, subito soppiantato da Giotto. Ma evoca pure un maestro locale, di cui ancora ci sfuggono le opere. Con i suoi Scnptoria vescovili e notarili. Bologna, città eminente�mente universitaria, uno dei cen�tri imprescindibili della miniatura europea, era ricca di oltre cinquan�tamila abitanti, quali nemmeno Roma e Parigi potevano vantare. E diventa presto una sorta di centro nevralgico degli scambi tra la vecchia Bisanzio e la nuova Europa, che vuol vestirsi di goti�co: una sorta di banca artistica di dati e talenti, che ricicla le vecchie iconografie e le invera, con un naturalismo via via più corposo. Eppure ancora molti strappi ci sono da suturare, riverberi intor�no a cui appunto, originalmente, si costruisce questa mostra: per esempio il «giallo» inspiegalo per cui il grande Antelami, clic pure da Parma traversa l'Appennino per arrivare da Venezia sin a Vercelli, non si fermi a Bologna, lasciando presto spazio a Nicola Pisane, coadiuvato dal figlio (ed un tempo si pensava perfino da Arnolfo di Cambio! per quell'incre�dibile Arca che dovette contenere le spoglie ancora fresche di San Domenico, Monumenlo impre�scindibile, che poi coinvolse nel restauro Niccolò che si chiamò appunto dell'Arca e perfin Miche�langelo. In mostra si ritrovano, come lagrimanti fratelli dalla Carrà, due magnifici sostegni dell Ar�ca: uno proveniente da Boston, 1 altro da Firenze, dal Museo di quel Bardini che lo aveva irasformato in fioriera. E se davvero, senza sguaiatamente gridare allo scoop, se la Madonna della Febbre fosse data a Giotto, è possibile ipotizzare che prima di passare da Assisi a Rimini e Padova il Grande Toscano abbia lasciato la propria orma pure qui, in questa Bologna tutta da riscoprire? Duecento. Bologna Museo Civico Archeologico Tutti i giorni 9-19 Chiuso lunedi. Fmoal 16luglio TRA CRISTI DOLENTI E SPLENDIDE MINIATURE UNA MOSTRA CORAGGIOSA CHE ESPLORA TERRITORI PER MOLTI ASPETTI ANCORA SCONOSCIUTI Particolare da un ((Crocifisso» di Giunta Pisano risalente alla prima metà del '200 in mostra a Bologna "3

Persone citate: Antelami, Bardini, Bonifacio Vili, Carlo V, Daniele Benati, Giovanni Romano, Giunta Pisano, Luigi Re, Medica, Vasari