La cultura del razzismo in Italia affonda le radici nel positivismo di Angelo D'orsi

La cultura del razzismo in Italia affonda le radici nel positivismo La cultura del razzismo in Italia affonda le radici nel positivismo RECENSIONE Angelo d'Orsi i NOKKIDITI da un film su Au�schwitz torniamo a casa, malediI cendo quel mostro che fu il razzismo antisemita; al mattino dopo, in ufficio, ci scappa una battu�ta sull'usciere meridionale. Nella pausa mensa, siamo infastiditi dal recidivo narratore di barzellette sui «terroni», nostro compagno di lavo�ro. Kilomiamo a casa, ci sfoghiamo con nostra moglie, la quale dopo averci ascoltato, si lascia andare a una maldicenza sul suo collega gay. Che cosa hanno in comune queste situazioni? Presto dello: il razzi�smo. Il razzismo e un virus di cui lutti, o quasi tulli, siamo portatori, non necessariamente sani. Un nuovo libro, di mole cospi�cua. Nel nome della razza, lenta di fornirci chiavi concettuali ed esem�plificazioni storiche per districarci nella matassa ingarbugliata di un tema sempre di drammatica attuali�tà. Nato da un convegno, il volume e un primo risultato clell'auività del Centro studi sulla teoria e la storia del razzismo italiano, costituito presso l'Ateneo di Bologna; una istituzione che meriterebbe di so�pravvivere e svilupparsi, anziché languire ira difficolta burocratiche e sopratlutio finanziarie. Posto che l'assioma del tutto condivisibile della ricerca è che è il razzismo a creare le razze, cos�come dal nazionalismo nascono le nazioni le non viceversa), una venti�na di autori, per le cure di uno dei più acuti studiosi delle temaliche razza-nazione (in chiave filosofica, il che per noi, irredimibili storicisti, per certi versi è un limitel, tentano arali assaggi concettuali ed empiri�ci in relazione al cruciale penodo che dall'Unità giungo sino alla cadu�ta del fascismo, con qualche ritorno all'indietro e qualche proiezione in avanti, sino ai nostri giorni, quasi a mostrare la sempiterna presenza, e pericolosità di questa malattia. Tulli i gruppi umani, scrive Al�berto, dai neri agli ebrei, dalle don�ne agli omosessuali, e cosi via, «possono essere trasformati in raz�za», attraverso un processo di natu�ralizzazione dei loro comportamen�ti, dei loro orientamenti culturali, delle abitudini sessuali e via segui�tando. Viene dunque impiegata una nozione di razzismo in senso largo, comprendente anche quelle forme di discriminazione subordinante di determinati gmppi o soggetti della medesima etnia, sulla base di criteri geografici lp. es. i meridionali), di genere lp. es. le donne), di comporta�menti sessuali (gli omosessuali), per�sino di orientamenti culturali (si veda in proposito il saggio di Dario Potrosino su Longanesi, Malaparte e il razzismo strapaesano). E naturalizzazione vuol dire ereditarietà. Il compi�to difficile che il razzi�smo si deve dare è quel�lo di trovare la chiave di volta per slabilirp un nesso necessario fra caratteri morali e comportamentali, da un canto, e tratti fisico-somatici, dall'altro. In tal senso emerge, nell'opera, autentico filo rosso (o, piuttosto, nero) della vicenda postuniiaria, la «cultura positiva». Verrebbe quasi da osservare: «nessuna pietà per il positivismo!». Alla cultura scientifi�ca, sociale, politica e addirittura filosofica e letteraria del positivi�smo, in molti dei diversi saggi del volume, vengono mosse grave impu�tazioni. Eppure, gli eroi negativi sono personaggi di rilievo, che han�no fornito nei loro campi contribuii RECENAnd' importanti, quali Cesare Lombroso, Giuseppe Sergi, Paolo Mantegazza, Scipio Sighele, Niccolo Marsolli... Qui ci appaiono nelle vesti di portalori di un protorazzlsmo, alla luce appunto delle teorie scientiste del positivismo, grande serbatoio a cui si attingerà per la determinazione dell'ideologia della razza fra i lardi Anni Trenta e la metà dei Quaranta, tolto l'egida del fascimo e per la emanazione delle infami leggi «per la tutela della razza» macchia inde�lebile sul regime, la monarchia e una larga fella degli italiani tulli. Vien fallo tuttavia di chiedersi se non sia presentato in termini troppo compatti e omogenei il «pro�getto» postunitario, che mirerebbe a escludere e a subordinare fino all'emarginazione i «sudici» (ossia gli abitanti del Sud), le donne, gli ebrei ecc. E inoltre si può ricavare l'impressione che il fascismo venga qui riproposto quasi nei tennini SIONE elo si della interpretazione democratico-radicale: rivelazione dei mali eterni d'Italia, punto d'arrivo del torrente, via via più scuro e ma�leodorante, dell'italica spazzatura. Tutto som�mato il periodo fasci�sta, il solo in cui il razzismo divenne legge di Stalo, con le conseguenze che ben conosciamo, è presente nell'opera in maniera forse un po' casuale, anche se con contributi stimolanti, da Losurdo a Sarfalti. (Un utilissimo approfondimento vie�ne dalla poderosa ricerca a caratte�re locale guidata da Enzo Collotti dedicata all'analisi della persecuzio�ne degli ebrei in Toscana nel quin�quennio fatale '38-'43: Rozza e fascismo, Carocci, 2 volumi, pp 602+199, L. 99.000). Lacune e scelte opinabili a parte le uno e lo altre inevitabili in un lavoro a più mani nel suo insieme il Uhm curalo da Burgio risulta un repertorio di luoghi, figure, stereoti�pi, momenti, formulazioni ideologi�che, che ne fa quasi un dizionario asistomatico del tema. Fra le lacune no segnalo una; un saggio sul nazio�nalismo: vi sono delle comparse di esponenti, perlopiù assai rapsodi�che e fuggevoli; un interessante saggio su Moine (di Giuliana Benve�nuti) e le ambiguo, oscillanti formu�lazioni di una ideologia e di una poetica nazional-protorazzistica: ma Boine non fu un nazionalista organico. L'unico nazionalista dav�vero presente è Ruggero Fauro (esempio di razzismo antislavo, stu�dialo da Enzo Collotti); un France�sco Coppola, fondatore della rivista «Politica» insieme ad Alfredo Roc�co, razzista della prima ora, è appe�na citalo (nel sapgio su Orano di Francesco Germinario). Mancano gli altri teorici nazionalisti (alcuni, come Giovanni Preziosi, è vero, sono stali già oggetto di studi in passato), e manca una zoomata su un movimento in cui per la prima volta trova cittadinanza politica il razzismo antisemita, e non solo. Come si intuisce dagli esempi accennati nel volume si utilizzano fonti molteplici di varia natura, da quelle letterarie, se si vuole più usuali, a quelle, più insolite e inte�ressanti in questo conlesto medi�che, igienico-sanitarie, antropologi�che (rinvio ai saggi di Giacanelli, Fogliano, Padovani, da quelle storio�grafiche a cnielle politologiche (se�gnalo fra gli altri il contributo di Delia Frigessi). Nel suo insieme, pur con i suoi difetti, e posta nel conto come inevi�tabile una diversità di valore dei contributi, il volume costituisce un tentativo di proporre una mappa ragionala della teoria e pratica raz�zista nel nostro Paese. Un punto di partenza, d'ora in poi probabilmen�te inevitabile, per ndisegnare la scena postunitaria, all'insegna del�la dimostrala improponibihtà della vulgata di un Paese perbene, di italiani brava gente, un terreno immune dal virus razzistico. Tuttavia, proprio la chiave di volta del libro la dilatazione del concetto di razzismo se aiuta a porre sotto la specola del ricercato�re argomenti e problematiche de�gne di attenzione, assimilabili a quelli canonici, rischia di generare una sorta di scenario indistinto e onnicomprensivo: la classica notte in cui tutte le vacche appaiono nere. L'antisemitismo, in specie, rischia di diventare nulla di più che una delle tante, diverse specificazioni del razzismo o della discriminazio�ne antifemminile, o del disprezzo verso i meridionali, o della satira contro i «pederasti». Sono questi gli scherzi che l'ansia concettuale (le�gittima, ma forse un po' esaltala), disgiunia dall'analisi storica (necessana, e forse un po' sacrificala in queste pagine) può provocare. Au�schwitz non è, nemmeno sul mero piano della logica formale, «la sles�sa cosa» dello Darzelleue sui «napuli» o delle battutacce sulle lesbiche. TEORIA E PRATICA DEL PREGIUDIZIO E DELLA DISCRIMINAZIONE VERSO EBREI ED OMOSESSUALI, DONNE ED EMIGRATI IN UNA RICERCA STORICA DALL'UNITÀ ALLA REPUBBLICA Lombroso, Mantegazza ed altri illustri scienziati portatori del «virus» ideologico che esploderà con il fascismo e le leggi razziali: ma cosi si rischia di perdere la «specificità» dell'antisemitismo Dai neri agli ebrei, dalle donne agli omosessuali: tutti 1 gruppi umani «possono essere trasformati in razzai), attraverso un processo di naturalizzazione del loro comportamenti Autori Vari Nel nome della razza. Il razzismo nella storia d'Italia. 1870-1945 a cura di Alberto Burgio, IIMulmo, pp 565, L 80000 SAGGI

Luoghi citati: Bologna, Burgio, Giuliana, Italia, Orano, Toscana