Ci vediamo in galleria di Gabriella Bosco

Ci vediamo in galleria Ci vediamo in galleria L'ANTEPRIMA Gabriella Bosco OGGI, 27 maggio 2000, per comprare quasi ogni cosa, dalla bottiglia di vino airisola sperduta nell'Ocea�no, basta che accenda il mio PC e mi colleghi a Internet. Lo scher�mo del computer è il più grande dei centri commerciali esistenti. In un futuro ormai prossimo, una tuta e un paio di occhiaU speciali mi permetteranno anche di toccare le merci in vendita, averne l'esperienza sensoriale e l'emozione relativa, la cui man�PUÒ' ben darsi che tra i tanti significati profelici del pensiero di Benjamin ci sia anche questo, meno clamoroso e forse meno caratteristicamente «messianico», ma sociologicamente assai acuto: appunto l'idea della importan�za dei Passagen, di quella sorta di ambienti intermedi tra l'in�terno la casa, il caffè, il teatro, ecc.e la strada, piazza, parco, giardino. Un posto dove non si è completamente fuori, come le vie dove non si sta ma solo si passa per andare da qualche altra parte, con altri scopi; e neppure dentro, che è invece appunto il luogo dove la strada ci conduce e dove si suppone stiamo con qualche proposito preciso. Una sorta, possiamo dire, di condizione intermedia tra lo spaesamento e l'apparte�nenza, nella quale non e è una precisa responsabilità (che cosa fa Lei qui? Mi trovavo a passa�re), ma che implica sempre, almeno, una scella sia pure implicita di sostare, trattenersi, vedere che cosa succede, maga�ri esporsi a incontri imprevisti e possibilmente piacevoli o chia�ramente eccitanti. E' solo un caso che i più vari traffici legati ai piaceri meno leciti dalla canza, per lo più, e ancora il limite, forse l'unico, dell'acqui�sto online. C'è stato un tempo in cui, poco più grande dello scher�mo di un computer, una lastra di vetro apr�magicamente la pare�te su strada della bottega allo sguardo del passante, permetten�dogli di vedere la merce che vi si fabbricava, prima di allora fruita esclusivamente attraverso la pa�rola dell'artigiano, del venditore che stava sulla porta. Succedeva nel secolo dei Lumi. Era nata la vetrina. «Lo spettacolo della merce» di Vanni Codeluppi (Bompiani, pp. 242, L. 32.000) racconta il percor�so di progressiva «vetrinizzazio�drogò alla prostituzione al gio�co delle tre carte si svolgano nelle grandi città intorno alle stazioni? E che proprio alla stazione, ancora adesso, si ritro�vino gli immigrali recenti la domenica pomeriggio, senza uno scopo preciso ma con il solo desiderio di incontrarsi e «pas�sare il tempo» insieme? Una variante più moderna, che Benjamin non conosceva anco�ra ma a cui forse avrebbe presta�to attenzione, sono gli aeropor�ti; dove sempre più spesso, per lo più senza volerlo e anzi con molla irritazione, molti di noi passano, sprecano, sono costret�ti a consumare, il loro tempo. Ma pur mettendo da parte scio�peri e ritardi, c'è un tempo di attesa fisiologico (presentarsi almeno un'ora prima dell'im�barco) che il viaggio aereo ri�chiede, e che i «Passagen» degli aeroporti si dispongono a riem�pire con le più varie fantasma�gorie delle merci, le quali anzi, nel caso di voli intemazionali, sono presentate «duty free», come sospese fuori dagli spazi consueti, libere da dogane, an�ch'esse «di passaggio». Le mer�ci, certo: per Benjamin, sono queste, esposte nelle vetrine che diventano sempre più am�ne» della società, seguendo le trasfonnazioni dei luoghi del con�sumo dai passages ottocenteschi di cui scrissero Baudelaire e Benjamin (Einaudi ripubblica «1 passages di Parigi» con i testi preliminari) ai parchi a tema come Disney World attraverso le varie tappe che dal locale e parti�colare hanno portato verso il globale e universale: le gallerie coperte in cui passeggiavano bor�ghesi ben vestili guardando le vetrine come si guardano qua�dri; i grandi magazzini che Zola mise nei suoi romanzi come pro�tagonisti della modernità, galle�rie a più piani dove anche le donne e poi sopraltulto le donne pie e lussuose anche con l'inven�zione di nuove procedure per lavorare grandi lastre di vetro, l'anima e l'attrattiva dei «Passaj;"n». Oggi i liceali die marina�no la scuola girano sempre più poterono aggirarsi a comprare (mentre i passages conquistati dalla prostituzione erano diven�tali luoghi per uomini e flàneurs); eventi grandiosi come le esposizioni universali; e poi i centri commerciali che declina�no le carnllerisliche dell'ipermer�cato in una sorta di «altra città» consacrala interamente all'espo�sizione della merce e in cui il tempo libero è organizzato in funzione dell'acquisto; l'ulterio�re specializzazione dello shop�ping center nel più sofisticato concep�store che unisce all'orga�nizzazione una filosofia azienda�le catalizzatrice, ad esempio la catena dei Body shop. Il percorso è quello di una sempre più spinta spettacolarizzazione del consu�mo. Nascono centri commerciali che riproducono città esistenti, sul modello di City Walk a Los Angeles che riproduce la slessa Los Angeles. Gli alberghi diventa�no teatri che inscenano luoghi dell'inunaginario comune, come a Las Vegas (prototipo della città che si identifica con il centro commerciale) il Bellagio o il Venetian o il Paris. Bar e ristoranti diventano a tema, aci esempio gli Hard Rock Cafe o i Planel Hol�lywood. Gli aeroporti sono ormai centri commerciali che vendono in primo luogo se slessi, affidali a grandi architetti come l'OsakaKansai di Renzo Piano. Contem�poraneamente si sviluppa una cultura legala al fenomeno e i luoghi tradizionali della cultura spesso nei grandi shopping cen�ter, come in musei della cultura contemporanea in cui ci si muo�ve senza dover rispellare alcu�na «aura», con quella «attenzio�ne distratta» che Benjamin imquelli dove si fa musica, i cinema, i musei si adeguano alla logica del centro commercia�le. Marc Auge ci aveva insegnalo a considerare nonluoghi gli aero�porti, le autostrade, i supermer�cati e, ovviamente, la rete, in quanto tutti caratterizzati da un azzeramento dell'identità indivi�duale e una vanificazione delle categorie di spazio e tempo. I rapporti interpersonali vi si bana�lizzano, diceva, storia e tradizio�ni socioculturali non vi hanno alcun peso. Codeluppi supera Auge, eli mostrando come ormai questi luoghi, perse del lutto l'asetticità e l'asocialità, hanno recuperato le caratteristiche es�senziali dei luoghi antropologici tradizionali; storicità, identità e relazione Storia ancora breve, certo, identità nomadiche, socia�lità occasionali. Ma destinate a crescere. Del resto Codeluppi tro�va eccessivo l'allarmismo di so�ciologi come Paul Ariès, che par�la di mcdonaldizzazione della società «I figli di McDonald's. La globalizzazione dell'hambur�ger». Dedalo, pp. 238, L. 28.000 perché vede in opera controten�denze vitali; ad esempio, a equihhrare il globale, la rielabonizione del modello da parte del locale (la Coca-Cola usala sulle allure del Chiapas come liquido lustrale nei riti pagani), Perché allora preoccuparsi per un XXI secolo all'insegna del virtuale? Gli soprawiveremo (forse). maginava caratteristica degli abitanti delle antiche città d'ar�te, abituali a camminare tra Santa Maria Novella e il Palaz�zo della Signoria senza soffer�marsi ad ammirarli come turi�sti in visita, ma respirando come condizione normale l'aria permeata di bellezza che da essi promana. Certo il Benjamin della atten�zione distratta e della liquida�zione dell'aura (il rispetto fetici�stico, in fondo legalo al valore monetario) dell'opera d'arte, è un Benjamin «marginale», che i suoi amici della Scuola di Fran�coforte (Adomo soprattutto) 1 non accettarono mai: eppure se | si mettono queste idee in rola| zinne alla sua attenzione per la figura del «flàneur» tanto cara ai surrealisti e ai situazionisti la figura di chi passeggia senza scopo esponendosi agli incontri imprevisti sempre possibili nel�la grande città si intuisce in lui almeno la speranza o solo il sospetto che una autentica vita interiore possa svilupparsi an�che, o forse soprattutto, in quel�la peculiare meditazione che consiste nel lasciarsi invadere dal mondo e abbandonandosi a ciò che le cose sembrano avere da dirci. I luoghi delle merci e delle idee: la progressiva «vetrinizzazione» della società, seguendo le trasformazioni dei luoghi immolati al consumo dai «passages» ottocenteschi ai parchi a tema come Disneyworld, attraverso le tappe che dal locale e dal particolare hanno portato al globale e all'universale 'INTURVFNrO Gmuiu Vattimo Come Benjamin lasciarsi invadere dal mondo

Luoghi citati: Bellagio, Las Vegas, Los Angeles, Parigi