Natura e contro natura di Gian Enrico Rusconi

Natura e contro natura Cultura e comportamenti sessuali: che cosa nasconde la polemica sulla manifestazione di Roma Natura e contro natura Gian Enrico Rusconi IL soprassalto di «orgoglio laico» a sostegno del diritto della ma�nifestazione gay a Roma non deve dissimulare i termini veri della questione. Non ci si deve nascondere cioè semplicemente dietro la difesa di principio dei «diritti costituzionali». Oui parlia�mo dei diritti di manifestazione pubblica di uno specifico gruppo di cittadini il cui comportamento ap�pare (a torto a a ragione) controver�so, perché Uxxa un tema altamen�te sensibile: i modelli «normali» di sessualità, della loro espressione. Le buone ragioni del diritto dei gay devono rimanere limpide e sosteni�bili anche nel caso in cui il clima arroventato delle polemiche sfoci in esibizioni esasperate, in simboli�che aggressive, in controprovoca�zioni che solleveranno problemi di ordine pubblico. Le buone ragioni devono superare la prova di chi sta pregustando l'accusa: «Ve l'aveva�mo detto! ». E' una previsione che si auloadempie. La questione, semplice in linea di principio, è resa complicala dal fatto che dietro alle parole ufficiali c'è il non-detto, c'è l'allusivo. Il discorso pubblico, infatti, si sta muovendo su due piani. L'infelicis�simo «purtroppo» pronunciaU) dal presidente de! Consigbo («purtropixi» la Costituzione garantisce an�che questo tipo di diritto) e stato la spia della collisione dei due piani. Ma non si traila del piano dei diritti contro quello della opportu�nità politica come appare a prima vista -, il piano del non-detto è quello che inette in gioco la proble�matica insidiosa dei concetti di «natura» (in questo caso riferita al sesso) e di «sacro» (qui connesso all'aura speciale che l'Anno Giubi�lare creerebbe ix»r la cillà di Ro�ma). Sono i sollintesi di valore e i modi di parlare che sono tipici del cittadino comune, laico e cattolico. Chiesti sottintesi devono venire al�la luce, devono essere discussi criti�camente nello spazio pubblico che non e solo l'arena dove si riafferma�no le differenze ma dove si crea una comune cultura di cittadinan�za. Prendiamo dunque l'idea di «na�tura», riferita al comportamento sessuale, o per essere espliciti alla omosessualità come «contro natu�ra», secondo la brutale dizione tradizionale. Oggi questa espressio�ne è in disuso (salvo che presso i tradizionalisti intransigenti) senza però che sia messa a fuoco un'idea ricca e inclusiva di «natura». Nel nostro Paese, nel giro di due, tre generazioni, c'è stala una profonda trasformazione negli atteggiamenli verso l'omooessualità. Ma è stata dottata più dal buon senso, da una spontanea maturazione culturale piuttosto che da una sistematica riconsiderazione della questione. Si è passati dalle tradizionali con�danne, dalle prese di distanza sprezzanti alla tolleranza (quasi si trattasse di una patologia) e poi finalmente alla acccttazione senza problemi, quale si registra oggi presso le giovani generazioni. La religione-di-chiesa ha in par�te contribuito a questa evoluzione dal lato della tolleranza e dell'accet�tazione. Ma questo rende ancora più evidente lo iato tra gli atteggia�menti e la dottrina che non sembra in grado di superare il suo pregiudi�zio «naturalistico». Non intendo qui riferirmi alle innovazioni timi�damente tentate da alcuni teologi morali. Rimango al piano del di�scorso pubblico con un esempio. Settimane fa quando il Parlamento europeo ha espresso la sua racco�mandazione per il riconoscimento dello statuto giuridico delle coppie di fatto, comprese quelle omoses�suali, il commento fallo a caldo al telegiornale immediatainente do�po la notizia è stato quello di un monsignore che ha duramente con�dannalo l'iniziativa europea in no�me della «naturalità» de rapporto tra i sessi. Altre voci laiche (ad esempio, dell'allora ministro per le Pari Opportunità) che ricordavano l'esistenza di un problema reale, venivano malamente zittite. Il go�verno italiano era ed è spaventato di doversi confrontare con questa problematica. Non è solo una que�stione di «numeri» (l'opposizione infatti è disposta a qualunque con�cessione alla Chiesa pur di goderne l'appoggio una volta insediata al governo), ma di capacità di sostene�re un solido dibattito pubblico. Non basta infatti appellarsi ai princi )i costituzionali, ma occorre artico arli in forme culturali nuo�ve, affrontando la ridefinizione di «natura», e di «normalità» nella sessualità, nel rapporto tra i sessi e nel vincolo familiare. A questo pro|)osilo non dimentichiamo che la stessa cultura laica si è sottopo�sta ad un duro processo di appren�dimento e di autocorrezione rispet�to alle posizioni di alcuni decenni fa. L'agente principale di questo apprendimento è stato il movimen�to émminisla in tutte le sue forme. Grazie ad esso il «naturalismo» che slava alla base della visione tradi�zionale dei sessi e dei loro vmcoli ha cominciato a essere messo in discussione. Cautamente ma irreversibibnentc. La dottrina della Chiesa non sembra muoversi in questa direzione; è legata ad un «naturalismo» percepito come con�gruente con alcuni dati di fede. Ma e evidente che le posizioni della Chiesa in tema di sesso-natura trovano consenso presso molli uo�mini e donne non già per ragioni religiose ma per la paura che si spalanchino abissi di comporta�mento eticamente incontrollabili. La prova più forte per il laico è costruire un'etica a partire dalla correzione dell'idea tradizionale di natura. Verso gli omosessuali si è passati dalle condanne tradizionali alla tolleranza fino all'accettazione

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