L'ascesa di uno «sbirro di strada» di Giovanni Bianconi

L'ascesa di uno «sbirro di strada» .—, —. — DEDIZIONE E DISTACCO: ECCO LE ARMI DEL^UOVÓ CAPO DELLA POLIZIA L'ascesa di uno «sbirro di strada» «Il mio orgoglio? Aver preso i killer di Falcone» personaggio Giovanni Bianconi ROMA SEI anni fa, alla vigilia del cambio che l'avrebbe por�tato dalla direzione della Dia alla poltrona di vice-capo della polizia ma c'era ancora incertezza, perché qualcuno che storce la bocca e prova a mettere i bastoni tra le ruote c'è sempre, ad ogni promozio�ne Gianni De Gennaro disse in un'intervista; «Non conosco la mia nuova destinazione, ma sono un funzionario dello Sta�to e svolgo gli incarichi che mi vengono affidati». Avesse dovuto rilasciare ieri una dichiarazione per i giorna�li, mentre spuntava il suo no�me per la carica di capo della polizia, avrebbe risposto alla stessa identica maniera. Un )o' per diplomazia, un po' per 'autentico distacco che l'ha sempre accompagnato in 25 anni di carriera, anche nei momenti più difficili e di mag�giore fibrillazione, dalla que�stura di Alessandria fino al secondo piano del Viminale. Una carriera da «sbirro di stra�da» arrivato fino alle sale con stucchi e soffitti altissimi dove si prendono le decisioni impor�tanti, che gli è valsa una serie di soprannomi da «Dick Tracy» a «lo Squalo» e prima ancora di successi: dalla libera�zione di Patrizia Tacchella ostaggio dei suoi rapitori all'ar�resto degli assassini del giudi�ce Livatino e altre decine e decine di mafiosi, fino all'indi�viduazione dei sequestraror�di Giuseppe Soffiantini, anche se le cose in quelle maledette sere dell'ottobre '97 non anda�rono come dovevano andare. In mezzo ci sono gli anni del lavoro accanto a Giovanni Fal�cone e a Rocco Chinnici, Ninni Cassare, Paolo Borselli�no e tanti altri caduti sotto il piombo di Cosa Nostra -, i «pentimenti storici» di Tomma�so Buscetta, Totuccio Contor�no, Nino Calderone e Fracesco Marino Mannoia, il maxi-pro�cesso con la scoperta e la condanna della «Cupola». Tut�to lavoro che per uno «sbirro» come De Gennaro 52 anni ad agosto, una moglie due figli e un cane ha significato vivere col rischio perenne di essere ammazzato. Svolto con dedizio�ne e distacco insieme. Solo una volta, forse, la soddisfazione personale lo por�tò ad essere davvero orgoglio�so di sé e di quello che aveva fatto: quando scopri e fece arrestare gli assassini di Gio�vanni Falcone. Per cominciare a cercare le loro tracce, nel drammatico maggio del 1992, De Gennaro non andò nemme�no ai funerali. Rimase a Roma, nel suo ufficio di vice-capo della Dia, per riflettere e stu�diare le ultime carte che parla�vano di Cosa Nostra. C'era qualche nuovo pentito che s'af�facciava sulla scena, e l'indica�zione giusta venne dal carcere di Pianosa, dove un certo Pino Marchese condannato all'er�gastolo per vari omicidi, cogna�to di Bagarella, a sua volta cognato di Riina chiese di parlare col «dottor Di Genna�ro». Disse proprio cosi, sbaglian�do il nome. Il caso volle che alla guida della neonata Superprocura antimafia fosse appe�na stato nominalo il giudice Giuseppe Di Gennaro, il quale si stava già preparando all'in�contro col mafioso. Ma quello specificò: «No, Di Gennaro del�la Criminalpol». Intendeva il poliziotto, perché sapeva che Cosa'Nostra aveva deciso di fargli la pelle e dunque di lui si poteva fidare, se voleva saltare il fosso. Lo «Squalo» andò, con qual�che timore perché poteva esse�re una trappola (tre anni dopo un allro collaboratore di giusti�zia, Gaetano Costa, confesserà che il boss Nino Madonia gli aveva ordinalo di fingersi pen�tito per incontrare a tu per tu Do Gennaro e tagliarli la gola) e con una gurdia armata fuori dalla porla lasciata socchiusa parlò con Marchese. Il quale gli confermò che la mafia vole�va ucciderlo, e gli disse che per arrestare Riina, Brusca e gli altri latitanti responsabili del�la strage di Capaci doveva slare appresso a un certo Nino Cioè e a un Santino «Mez/.anascn» di cui non conosceva nemTCono il cognome. -i Cominciò l'indagine, gli uo�mini della Dia individuarono i «soldati» di Brusca e Riina, aiazzarono una microspia nel oro covo e per quindici giorni ascoltarono in diretta i discor�si dei mafiosi su appalli, politi�ci comprati, «famiglie» e «mandamenti», traffici d'armi e nuovi allentali da compiere. Finché non confessarono la strago in diretta, dicendo: «A Capaci, unni cifìcimu Vattvn taluni)), dove facemmo rallen�tatone. Li arrestarono, un pa�io degli esecutori materiali si pentirono e fecero prendere gli altri, e il lavoro si concluse nel I99G. quando gli uomini della Mobile di Palermo e dello Sco inventato dieci anni prima da De Gennaio misero le mani su Giovanni Brusca, Quella sera lo «Squalo», già vice-capo della polizia, slava andando al concerto dell'Arma dei carabinieri mentre i suoi uonyoi si preparavano all'irru�zione. Lui sapeva quello che stava per accadere, ma dovette rimanere li dove voleva l'elichetia, per poi dare l'annuncio a cose falle. Un'etichetta che tante volle come succedeva prima col lavoro sul campo lo costringe a disertare gli hobby preferiti: la barca, la moto, i cavalli, la campagna toscana e le vecchie trattone di quartie�re pini tosto che i ristorami di gala. Col nuovo incarico avrà ancora meno tempo libero, ma se glielo dilanilo lui risponde�rà, col solilo mezzo sorriso scanzonato mentre accende l'ennesima sigaretta: «Sono un funzionario dello Stato, e svol�go pli incarichi che ini vengono affi dati il

Luoghi citati: Alessandria, Capaci, Falcone, Roma