«Basta inchini» e scatta l'applauso

«Basta inchini» e scatta l'applauso IN PiMEA FRA PUNZECCHIATURE E BATTIMANI «Basta inchini» e scatta l'applauso Li neo-presidente scaldagli imprenditori retroscena PlerSisigi Battista AL termine del discorso la platea applaude. Non è che si spelli le mani, non foss'altro perché il protocollo non lo preve�de, ma applaude. Invece, in prima fila, a sinistra del palco, U'ministro del Lavoro Cesare Salvi non applau�de. Sfoglia con cura le pagine della relazione di Antonio D'Amato, ma non applaude. Anche nella fila dietro di lui, tre invitati eccellenti, Sergio Cofferati, Sergio D'Antoni e Pietro Larizza, non applaudono. Anzi, si guardano tra loro visibil�mente contrariati. Sono, al momen�to e in attesa di nuovi incarichi istituzionali o di annunciati ingres�si nell'agone politico, i tre leader del sindacato confederale, di quel sindacatoche il neo-jiresidente del�la Confindustria ha più volte redar�guito e punzecchiato nel suo discor�so d'insediamento. Sono cupi, silen�ziosi e nel loro volto ai leggono tracce di un certo risentimento nei confronti di un'assemblea che ha riservato il suo applauso più senti�to e intenso a questo passaggio di D'Amato: «Non è assolutamente accettabile che ai veti e ai divieti di una parte sociale si arrenda chi ha come suo dovere d'ufficio quello di rappresentare gli interessi genera�li e governare il Paese». La platea, a quel punto, si era improvvisamen�te scaldata, quasi presentando l'apertura di un'epoca in cui non ci si dovrà più inchinare al cospetto dell'idolo della Concertazione. Ec�co perché applaude, anche con una certa passione. Ecco perché loro, i sindacalisti, sentono tirare una brutta aria. E, insieme a Salvi che sogna una sinistra in versione Jo�spin e non in versione Blair, non applaudono. Applaudono garbatamente, co�me vuole ii rito, i politici accorsi in sovrannumero alla cerimonia di incoronazione di D'Amato. Applau�dono Fini e Veltroni, Casini e Boselli, Parisi e Angius, Mastella e almeno quattro ministri, da Bianco a Bersani, da Fassino a Melandri. Tutti insieme siedono (con Gianni Letta in posizione avanzata e Stefa�nia Prestigiacomo in posizione ar�retrata) nello spicchio della platea dove, chissà perché, la relazione scritta del neo-Presidente arriva con deplorevole ritardo. «Trasver�sali» nell'applauso, i poUtici dello spicchio negletto sono trasversali anche nella (timida) protesta. Ma poi la relazione arriva. Sono più fortunati i poUtici che siedono nel�lo spicchio centrale. A cominciare da Francesco Sto�race, che fa la sua entrata solenne nel salotto buono e a cui viene assegnata la poltrona subito dietro quella dove siede Cesare Romiti e quasi accanto a quella dell'amiconemico Francesco Rutelli. Ma la geografia dei posti assegnati in platea (eccettuata, s�capisce, la primissima fila dove siedono le autorità politiche e l'avvocalo Agnelli) non è governata da ferree log^he d�apparentamento. Fedele Co., ■onieri, per esempio, su ac�canto a Roberto Colaninno, ma ò la bizzarria del caso che ha governa�to l'accostamento. E siedono vici�no anche Franco Tato e Roberto Zaccaria, poco distanti da Cario De Benedetti e un po' più in là rispetto a Paolo Fresco. Quando inizia il saluto di addio di Giorgio Fossa, che rende omaggio alla famiglia e ai suoi dipendenti, c'è una poltro�na vuota. Resta vuota anche quan�do comincia il discorso di D'Ama�to. Poi, visto che ci sono troppo posti in piedi, viene occupata, ma non da chi avrebbe dovuta occu�parla: Silvio Berlusconi. Il grande assente. Il protagonista invisibile di questa congiuntura che non c'è ma è come se ci fosse quando il presidente della Coniindusi ria par�la di referendum e legge eleiiorale. 0 quando D'Amato, strappando un altro moderato applauso, ha detto che «sarebbe ancora peggio perde�re un allro anno» se poi si va a volare con le stesse regole eleltorali. Oppure quando Giuliano Amato, suscitando un tiepido applauso, sfida l'opposizione sulla legge elet�torale. I sindacalisti ci sono, invece. Anche se il loro, desiderio, vista la tensione che serpeggia in un udito�rio che si infervora ogni volta che viene sottolineata la priorità della «logica d'impresa», sarebbe di smatenalizzarsi e non esserci più, in quella cerimonia di incoronazione. A parziale ricompensa per l'affron�to subito, dirìgendosi verso l'uscita Cofferati viene subissato dalle strette di mano degli industriali, e a pochi metri di distanza telecame�re e microfoni sono pronti ad im�mortalare la sua replica, possibilnienle lepata. E pepata, la replica del leader della Cgil, sarà. Gli altri, i politici e i ministri, si trincerano dietro gli omaggi generici o si scatenano nella polemica sulla leg�ge elettorale innescala dall'inter�vento del presidente del Consiglio. Anche gli industriali interpella�li s�tendono sul vago, o al massimo magnificano con cortesia le doti del nuovo leader della Confindu�stria. Saluti e pacche sulle spalle. E qualche crudeltà d�troppo, come quando non viene salinaio con lo stesso calore di prima Claudio Velardi, il braccio destro dell'ex presi dente del Consìglio D'Alema. Del resto, la curiosità di tutti, prima della cerimonia, era di vedere co�me se la sarebbe cavata il festeggia lo, il nuovo presidente degli indu�striali. Il quale, prima di dan* inizio alla relazione ha salutalo presenti e assenti con un «fuori tosto» la cui traccia era scandita da un paio di fogli scritti a penna. Un tocco fuori moda che contrasta con il reiterato elogio dell'innovazione intonato nel discorso «ufficiale». Anche a costo di fare arrabbiare Cofferati, In sala resta vuota la poltrona riservata a Silvio Berlusconi Ma il leader del centrodestra è fra i protagonisti della giornata Silenziosi e anche un po'cupi i dirìgenti di Cgil, Cisl e Uil e il ministro ds del Lavoro Cesare Salvi Sopra Il ministro Enzo Bianco e Giovanni Agnelli Accanto Cesare Romiti e il capo del Governo Giuliano Amato

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