Uno scossone per le piccole aziende

Uno scossone per le piccole aziende Il presidente di Confìndustria e il premier rilanciano l'urgenza delle riforme strutturali Uno scossone per le piccole aziende Allredo Recanatesi II. rapporto annuale dell'lstat che il presidente doll'istituto Zuliani ha illustrato alla pre�senza del Capo dello Slato, la relazione tenuta alla assemblea annuale della Confindustria dal nuovo presidente D'Amato alla presenza del prusidento del Con�siglio Amalo, ed il breve ma sodo intervènto col quale questi ha replicato hanno finalmente inse�rito il toma dolla microimprenditorialità tra le non poche riformo strutturali dello quali l'Italia ha bisogno. La grande e peculiare diffusione delle piccolo improso, che negli anni passati ha costitui�to un cardine della crescita eco�nomica e sociale del nostro Pae�se, oggi è diventato un problema, uno dei limiti allo sviluppo. Il corposo rapporto dell'lstat offre a questa asserzione il soste�gno di molti dati e considerazio�ni oggettivo. Detta in breve, la questione è che in marcati globa�lizzati, e in una Europa integrata al punto che undici Paesi tra i più evoluti hanno adottato una unica moneta, una grande demo�crazia industrialo come l'Italia non può farsi valere con un sistema produttivo noi quale pre�valgono imprese piccole e picco�lissime e nel quale, per converso, fiochi sono i gruppi che hanno la dimensione per giocare a tutto campo. I Paesi collocati nella parte alta dello classifiche del reddito o del benessere possono mantenere le posizioni investen�do in innovazione, in qualità, in ricerca; devono ipsomma tirarsi fuori dalla mischia sempre più nutrita dei competitori che pos�sono farsi valere con costi di produzione lavoro, assistenza e previdenza, insediamento, antin�fortunistica, tassazione, prote�zione ambientale decisamente più bassi. Ma per far questo occorre investire guardando lon�tano, essere in erado di tener duro nei tempi di t liei li, program�mare il futuro dell'impresa su tempi che si misurano in decen�ni piuttosto che in anni. Occorre che l'impresa assuma una autoconsistenza in grado di affrancar�la dal destino anagrafico dell'im�prenditore, dalle capacità e dalle inclinazioni dei suoi figli, in ogni caso dal limite costituito dall'ap�pagamento di una famiglia. Sen�za questa autoconsistenza, non solo non vi sarà un interesse a muovere l'impresa verso una crescita dimensionale e un raf�forzamento delle strutture finan�ziarie ed operative, ma avrà anche serio difficoltà a mantene�re le posizioni raggiunte. Uno dei dati più significativi a questo riguardo poitati dell'lstat con�cerne la produttività, ossia il «motore» del portentoso decen�nio di espansione dell'economia americana. In Italia la produtti�vità è rimasta al palo, e l'unica ragione per cui possa esservi rimasta è che, in tempi nei quali questi investimenti sono diven�tati più impegnativi e prometto�no ritorni più dilazionati, le im�prese, le piccole in primo luogo, hanno investito troppo poco per incrementarla. Quando s�parla di una econo�mia che perde competitività e l'Istat ha posto nella dovuta evidenza come l'economia italia�na, pur in una congiuntura favo�revole, stia perdendo quote di mercato nel mondo, in Europa e nella stessa Italia occorre dun�que guardare anche dentro le imprese, e mettere in conto i limiti che derivano dalla peculia�re struttura imprenditoriale del nostro Paese. D'Amato lo ha fatto, seppure in termini molto gl'in Tali com'è comprensibile da parte del capo di una organizza�zione rappresentativa che debba indicare riforme di struttura che hanno per oggetto una larghissi�ma parte dei propri rappresen�tanti. Ma ha provveduto Amato ad enfatizzare quel generico ac�cenno e mettere la questione della dimensione delle imprese almeno alla pari con tutte le altre riforme che inzeppano l'agenda delle cose da affrontare se si vuole mantenere all'Italia il posto che ha raggiunto tra i grandi Paesi sviluppati. E' una riforma difficilissima; forse la più difficile. Il grande peso delle piccole imprese, infat�ti, non trae origine tanto da convenienze di tipo economico e normativo che possano essere rimosse, ma affonda le radici nella storia, nella cultura, nel carattere della gente di molte legioni d'Italia; attiene, insom�ma, la fenomenologia sociale più che quella economica. Come ha indicato il presidente del Consi�glio, la soluzione passa per una maggiore efficienza dei mercati finanziari, una maggiore traspa�renza della vita delle imprese: forse si potrebbe aggiungere anche da iniziative simili al ven�ture-capital che promuove, fi�nanzia e guida l'affermazione delle nuove imprese nei settori tecnologicamente più avanzati Ma queste sono condizioni neces�sarie, non sufficienti a far con�vergere l'interesse del piccolo imprenditore, appagato dal red�dito e dalla esclusività del co�mando, con quello più generale che le imprese con un potenziale di crescita, di integrazione, di accorpamento, lo sviluppino per mettersi in grado di giocare il duro gioco della competizione globale. Comunque, la difficoltà a trovare una soluzione non potrà che ridursi se il problema della dimensione delle imprese verrà affrontato abbassando la barriera delle reticenze che, per motivi di favore elettorale o di consenso associativo, finora lo hanno nascosto. Ieri, in due sedi tra le più qualificate, si è comin�ciato a farlo. La galassia delle aziende italiane manca delle dimensioni per competere

Persone citate: Consi, D'amato, Recanatesi Ii

Luoghi citati: Europa, Italia