Una sfinge di carne per Edipo di Osvaldo Guerrieri
Una sfinge di carne per Edipo Il regista racconta il suo Sofocle in scena domani sera al Teatro di Siracusa Una sfinge di carne per Edipo Lavia: esploro un cerimoniale perduto Osvaldo Guerrieri SIRACUSA Sembra che i biglietti prevenduti siano già centomila: il massimo, Per ['«Edipo re» di Sofocle che, da doma�ni, Gabriele l,avia mette in scena e interpreta al Teatro greco di Siracu�sa, sotto le bandiere produttive dell'isttluto nazionali! del dramma anti�co e del Teatro Stabile di Torino, il richiamo somiglia a ((nello dell'uAiclan all'Arena di Verona. Anche il pubblico non sembra diverso: loca�le, nazionale e internazionale. Ma se pensati; che questi dati rendano I,avia di buon umore, vi sbagliate. Alla vigilia del debutto, sotto un sole che, già al mattino, ricuoce la pietra candida del teatro, l'attore-regìsta rumina più d'un pensiero amaro. Non tanto sul futuro nebbioso di questo spettacolo, che difficilmente sarà ripreso per ragioni di cast, ((il) persone in scena), di spazi, di costi; né per le incertezze che ne hanno preceduto la nascila. Il malumore di Lavìa nasce dalla sensazione di reci�tare ai bordi (li un'autostrada, per il frastuono che ormai invade le sacre pietre disposte a conchiglia, non lontane dall'Orecchio di Dioniso di�velluto sordo dopo alcuni interventi di edilizia sommaria. Nasce anche dal sole, dalla sua luce implacabile che, al momento della rappresenta�zione, le sette di sera, renderà super�fluo l'uso dei riflettori, degli artifici, dei trucchi luminosi. E Lavia, che si definisce artista notturno e del sotto�suolo, trema all'idea di questa nudi�tà espressiva esposta allo sguardo di colui che un tempo era consideralo un dio. Livia butta l'occhio al palcosceni CO ricoperto di sabbia. (Irida: «Iki Sfinge1 Bisogna metterla a posto». Guarda lo scenografo Cannolo Giammello che si da da fare. Gli dice; «Carmelo, cosi è una bomba». Poi commenta; «Avrei voluto una Sfinge di carne, ma ci voleva Carlo Hambaldi, ci volevano le luci». Aggiunge; «In questo spazio qualunque cosa non vera puzza di putrefatto». I«i Sfingi' di carne! Mica è un capriccio. Per Livia era un elemento essenziale della composizione, perché questo spettacolo nasce da una suggestione pittorica, da uno dei tanti quadri sul mito di Edipo dipinti da Francis Bacon, da quello in cui Edipo si fascia un piede dinanzi a una Sfinge di carne, mentre sullo sfondo si scorge una forma alata. «Che cos'è? Una Erinni? (Ina Furia?», si doman�da inutilmente l^avia. Lui, in quel quadro, ha rovesciato tutta la sua visione teatrale. Costu�mi compresi: abiti di un moderni�smo gelido, giacca nera, camicia bianca, cravatta nera, «come se i personaggi fossero concepiti da Kafka». None una generica altualizzazione. Spiega che sarebbe patetico presentare la gente di Tebe come extracomunitar�che chiedono l'ele�mosina. I«i modernità del dramma di Sofocle passa per una strada che un poco gli somiglia e soprattutto risponde a una domanda centrale della nostra cultura; «Che vuol dire per noi teatro greco? Perché per noi il teatro greco è cosi importante? Che significa tornarvi? Vi cerchiamo una bellezza che non abbiamo più? il sapore dell'arcaico? l'origine di qual�cosa?». Nienti'di tutto questo. Lavia spiega che la nostra cultura ebraicocristiana ha avuto origine «in questa Grecia popolata di miti che conoscia�mo in parte'». Malgrado la lontanan�za, «dentiamo vibrare un'attrazione forte verso qualcosa di greco che non conosciamo, ma sentiamo den�tro di noi. Per questo ci sentiamo più parenti di Ulisse che di Isacco». Nello spettacolo questa parentela è realizzata con molta semplicità, con una scenografia essenziale: «Sul palcoscenico c'è qualcosa che affon�da e sull'orchestra c'è qualcosa che emerge». Affonda un palazzo, che rappresenta la cultura della nostra epoca; emergono la Sfingi;, un letto, segni vari. «Da sotto la sabbia appa�re il bastone con cui viene ucciso Laio, appari; un mantello, cose sem�plici». Ecco; due culture in conflitto. Una sprofonda e l'altra riemerge. Un tempo, tutto questo era un gran cerimoniale laico. Ora che il teatro moderno ha spaccato quel cerimo�niale popolandolo di ombre, Lavia sente di combattere una durissima battaglia d'arte; «Io vivo soltanto nel profondo, dentro la casa e non da�vanti alla reggia, Io inseguo l'ombra e sono costretto a lavorare nel pieno sole, che non va d'accordo con la luce elettrica». Per Lavia, Siracusa è un «unicum», l'esplorazione di un cerimoniali.' perduto che non avrà seguito. E infatti, all'indomani del�l'ultima recita, Lavia arriverà a Tori�no per lavorare nel nuovo film di Dario Argento «Non ho sonno». Tor�nerà ai riflettori e alla luce elettrica. Tornerà a se stesso. ■HMHi Già venduti centomila biglietti. Lo spettacolo ècoprodotto dallo Stabile di Torino ma difficilmente sarà ripreso dopo il debutto Gabriele Lavia e Luca Lazzareschi durante le prove di "Edipo re». La tragedia va in scena domani sera al tramonto nel Teatro greco di Siracusa. Altri spettacoli saranno presentati nel quartiere antico di Ortigia
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