L'amarena dei miliziani in fuga «Ci hanno lasciali soli contro tutti»

L'amarena dei miliziani in fuga «Ci hanno lasciali soli contro tutti» L'ESODO VERSO LO STATO EBRAICO L'amarena dei miliziani in fuga «Ci hanno lasciali soli contro tutti» reportage Christophe Boltanski invialo al LAGO DI TIBERIADE ~ IL carro armato israeliano, fenno a metà pendio, ha appe�na distrutto un'automobile fornita di mitragliatrice all'usci�ta di un villaggio. In cima alla collina una sentinella, acquatta�ta dietro una balaustra, scruta con il binocolo la carcassa e lancia qualche parola alla radio. Tiri di armi automatiche parto�no subito in direzione di quello che resta del veicolo. La canno�nala avviene sotto le finestre del kibbntz Manara. Gli abitanti so�no usciti per seguire la scena accanto ai loro soldati. In quarant'ollo ore la guerra è arrivata fino a loro. «Abbiamo avuto 1500 morti in Libano per nulla. Eccoci tornati alla casella di partenza», dichiara Riven, un insegnante che porta la kippa lavorata ai ferri dei sionisti reli�giosi. Ha appena passato tutta la notte nel suo rifugio, come il resto della popolazione del Nord d'Israele. Il giorno prima aveva potuto vedere a occhio nudo, sulla strada in basso, i militanti di Hezbollah che agitavano le bandiere in segno di vittoria. Non crede che la pace seguirà il ritiro di Tsahal. «Hezbollah con�tinuerà i suoi attacchi e un giorno o l'altro dovremo tornare in Libano». Il filo spinato che finora se�gnava il confine tra i due Paesi corre cinquecento metri più in basso. La frontiera intemaziona�le, accettata da Israele, passa in realtà giusto al limite del kibbn�tz, gli uomini del genio militare non hanno avuto il tempo di arretrare le barriere. Gli israelia�ni sono stati colti di sorpresa, l'occupazione del Libano del Sud finisce con cinque settima�ne di anticipo sul calendario e senza nessun annuncio ufficia�le. Sul terreno, anziché il ritiro in buon ordine promesso da Ehud Barak, è lo sbando. Tsahal non si aspettava un crollo cosi rapido della sua mili�zia, l'Els (Esecito del Libano del Sud), né un tale afflusso di profughi. Sulla costa mediterranea, tre autobus pieni di passeggeri attraversano il posto di frontie�ra di Rosh-ha-Nikra. Trasporta�no in maggioranza donne, alcu�ne velate, e qualche soldato che nasconde il viso. I funzionari dell'immigrazione sembrano so�praffatti. Il villaggio-vacanze di Amnon, in riva al lago di Tiberia�de, ha dovuto allestire in tutta fretta un campo di transito. «Perché siamo qui?». Zeta Ghadban continua a farsi la stessa domanda da quando è arrivato. Ieri alla stessa ora era ancora ufficiale di una milizia che si considerava un esercito. Vestilo di una camicia leggera e sandali, fa la coda davanti a un caffè come fosse un semplice turista. Ma il suo viaggio non è stato organizzato da nessuno e non è previsto nessun ritorno. «Voglio essere riportato in Libano!», di�ce senza convinzione. Il mini�stro dell'Interno gli ha appena promesso, come a tutti i suoi compagni, un visto di un anno. Questo non gli impedisce di di�chiararsi «arrabbialissimo» con�tro il Paese che lo accoglie. «Dopo aver lottato insieme per ventidue anni, gli Israeliani ci hanno mollati». Sono più di mille, ammassati all'ombra degli eucalipti tra la riva e i bungalow. Uomini, don�ne, bambini di ogni età. I loro sguardi si perdono da qualche parte in mezzo al lago di Tiberia�de, dopo una notte insonne. Cristiani maroniti, portano una croce sul petto. Ci sono anche drusi e sciiti. Ognuno si raggrup�pa per identità, per villaggio o per confessione religiosa, il che molto spesso è la slessa cosa. Alcuni ex-miliziani hanno con�servato la giubba color kaki fornita da Tsahal. I loro bagagli sono stati abbandonati al par�cheggio. Non hanno preso con sé quasi nulla, solo una valigia o un saccodi plastica pieno di vestili. «Mio marito è tornato a casa e ci ha portali via», racconta Antoinette Hannadik, 32 anni. Prende per un braccio la più piccola delle sue figlie: «Guardi! Non ha nient'allro che quello che porta addosso!». Viene da un villaggio cristiano, Debel, situalo a una quindicina di chilometri dalla costa. «Gli uomini hanno discus�so tra di loro e hanno deciso di partire. Da no: e nelle località vicine non e rimasto nessuno». Come tulle le altre, invoca la paura di Hezbollah, l'effetto del gruppo e il senso di abbandono. «Ogni giorno vedevamo andarse�ne dei soldati israeliani. Sapeva�mo benissimo che non avrebbe�ro atteso il 7 luglio». Ali Qassem è sciita. Ha prestalo servizio nell'Esercito del Libano del Sud per tredici anni. Una parte dei suoi fratelli d'arme si sono arre�si all'esercito libanese. Lui ha preferito fuggire, senza armi, con un piccolo zaino che non toglie mai dalle spalle. «La gente di Hezbollah mi avrebbe ucci�so». Ci sono molti ufficiali e agenti di sicurezza che rischiava�no moltissimo se fossero caduti nelle mani del nemico, ma anche gente semplice che ha seguito il movimento. Giuseppe faceva il parrucchiere a Rmaich. «Non mi piace Hezbollah», dichiara a modi spiegazione. L'arrivo in mas�sa di civili, mescolali ai guerri�glieri sciiti, ha fatto precipitare il crollo di una milizia che da tempo Tsahal teneva a stento. «Se avessimo dovuto combat tere soltanto Hezbollah, avrem�mo resistito. Ma non si può affrontare tutta una popolazio�ne spiega Ghadban -. Noi erava�mo soli. Non avevamo più l'ap�poggio di Tsahal. In tre giorni, tutto era finito». Copyright Liberation «Se avessimo dovuto combattere soltanto il Partito di Dio avremmo resistito Ma non si può affrontare un popolo» A destra, un ufficiale israeliano tiene n braccio un piccolo libanese al confine

Persone citate: Amnon, Christophe Boltanski, Ehud Barak, Ghadban, Guardi, Manara, Qassem, Rosh

Luoghi citati: Israele, Libano