De Mita: Berlusconi non ha vinto nulla di Federico Geremicca

De Mita: Berlusconi non ha vinto nulla L1X LEADER DEMOCRISTIANO DOPO IL FALLI ME NTCTDtl REFERENDOM i^,De Mita: Berlusconi non ha vinto nulla «Le grandi manovre al centro? Solo confusione» Federico Geremicca ROMA «La verità è che la colpa è nostra, e quando dico nostra intendo del centrosinistra, nessuno escluso. Era già un po' che mandavamo avanti il giochino del denunciare i pro�blemi senza risolverli... E alla fine è arrivato lui: che su quel terreno lì, non c'è dubbio, si è dimostrato il più bravo di tutti». Lui è Silvio Berlusconi, e a fargli i complimenti seppure per uno stile politico che gli fa praticamente orrore è Ciriaco De Mita. A referen�dum finito come è finito, e seduti di fronte a lui nello studio biblioteca della sua casa romana (un vero e pro�prio tempietto alla Prima Re�pubblica, con innumerevoli foto di protagonisti italiani e stranieri di quegli anni) sia�mo alla ricerca di conferme o obiezioni ad uno schema sem�plice-semplice e per questo magari un po' superficiale. Lo schema è: un referendum, quello del 1991 sull'abolizio�ne del voto di preferenza, avviò la fine della Prima Re�pubblica; un altro referen�dum, quello di tre giorni fa, ha sancito l'esaurimento del�la Seconda. E' una interpretazione sostenibile della parabo�la di questi ultimi dieci anni? E' una lettura corretta del senso dell'ultima vittoria di Berlusconi? «Intanto dice De Mita non direi affatto che il vincitore dei referen�dum sia Berlusconi...». Anche lei pensa, dunque, che il referendum avreb�be molti sconfitti (la poli�tica, la democrazia, l'isti�tuto referendario) e nes�sun vincitore? «Berlusconi non ha sostenuto né il s�né il no: ha semplice�mente cavalcato gli umori che sentiva salire dal Paese. E sono sicuro che, precisamen�te come l'anno scorso quan�do esultò prima per la vittoria dei si e poi per il mancato quorum sarebbe stato pron�to anche in questa occasione a gestire qualunque risulta�to». Sarà, ma le pare poco riuscire a intercettare gli umori dell'opinione pubblica? «Non dico che è poco. E infat�ti i sostenitori del si e penso soprattutto a Veltroni non avevano capito nulla di quel che stava per accadere. Per onestà, devo dire anche che domenica, leggendo alcuni quotidiani e i loro appelli per il sì, mi sono chiesto gli umori di quale opinione pubblica riflettano mai». Torniamo a Berlusconi. «Il discorso ò molto semplice. Lui ha con la gente un rappor�to non politico ma emoziona�le. Durante la campagna refe�rendaria non ha fatto alcuna proposta: si è semplicemente messo sull'onda più alta, quel�la della astensione, collocan�dosi nel punto più acuto della crisi, e cioè il distacco dei cittadini della politica. Posso raccontarle quello che mi ha detto mio fratello?» Racconti pure. «L'altro giorno mi ha detto: "lo a votare non ci vado, ma sapessi che fastidio proVo a pensare che Berlusconi si im�possesserà anche del mio non voto". Lui, Berlusconi, ha sem�pre fatto più o meno così. Ma mentre prima non veniva pre�so sul serio nemmeno da quel�li che magari lo votavano, osservo che oggi e diventato un riferimento politico». Ciò nonostante lei non è disposto a considerarlo vincitore del referen�dum, è così? «Guardi, io riesco a indivicluure gli sconfitti di domenica, e cioè i promotori del referen�dum e naturalmente i sosteni�tori del sì. Sarei mollo cauto, invece, sui vincitori». Che dice della linea tenu�ta dai popolari? «I popolari si sono comportati nella maniera piti inconsisten�te. Noi, in realtà, eravamo per il niente...». La convince la tesi di chi sostiene che il fallimento di questi ultimi referen�dum chiude una fase? In�somma, che segna la fine della Seconda Repubblica, cos�come quello sulla preferenza unica avviò alla morte la Prima? «Il referendum del 1991 fu la consapevole denuncia di mas�sa di un sistema che non funzionava più. Quello di do�menica cancella una illusione durata troppo e denuncia l'in�capacità di quanti dovevano rimettere in piedi il sistema. Il primo referendum, insom�ma, rappresentò una spallata opportuna e giusta; questi ultimi, con il 68 por cento di astenuti, hanno ridicolizzalo i soloni e i professori che hanno discettalo per settima�ne di cose incredibili: tipo che sarebbe bastato cancellare dalle liste elettorali qualche italiano all'estero per far vin�cere il sì». Che le pare delle grandi manovre avviate al cen�tro dopo i referendum? «Mi pare che ci sia una gran confusione in giro». Le sembra confusa anche l'iniziativa alla quale stanno lavorando D'Atnto�ni e Mastella? «La battuta che Amalo avreb�be pronunciato all'indirizzo di MasteMfi e cioè che sceglie�rà da che parte stare solo dopo aver visto chi è il vincito�re è feroce. Io non so cosa hanno in testa. Ma conosco entrambi a sufficienza per dire che non si risolve il problema ammiccando e inse�guendoli. Li si mette in diffi�coltà e li si obbliga alla chia�rezza solo costringendoli a scegliere tra due politiche e non tra due convenienze». E tutto il gran parlare che si sta facendo della nascita di un possibile terzo polo? «Vedremo a cosa porterà. Per ora mi paro che la demonizza�zione che alcuni ne vanno facendo sia solo la spia di un timore: il timore di chi do�vrebbe guidare e organizzare le coalizioni e non ci riesce. E infatti io credo che, più anco�ra che la nascita di un terzo polo, il problema vero sia vedere chi riuscirà ad organiz�zare all'interno della coalizio�ne di centrodestra o di centrosinistra che sia una efficace presenza della rap�presentanza moderala, di cen�tro, appunto». Un'ultima domanda, pre�sidente: è davvero finita la stagione del bipolari�smo? «Secondo me ciò che è fallito è il tentativo di imporre con la violenza il bipartitismo, che è un'altra cosa. E' naufra�gata la tentazione di ridurre a due. e solo a due, le opinioni degli italiani. E trovo che la cosa positiva sia che il non voto intelligente degli astenu�ti abbia cancellato la grande menzogna intorno alla quale si è alimentato un dibattilo politico inutile: e cioè che i problemi si risolvono non tan�to indicando soluzioni bens�con un duello all'ultimo san�gue tra quelli che si immagi�nano piti forti». «D'Antoni e Mastella? Per metterli in difficoltà bisogna costringerli a scegliere tra due politiche non tra due convenienze»

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