Mani italiane sul big del cachemire di Ugo Bertone

Mani italiane sul big del cachemire Secondo fonti britanniche il regista dell'operazione sarebbe Bertelli (Prada) Mani italiane sul big del cachemire Londra, rastrellate le Dawson Ugo Bertone MILANO L'ultimo «giallo» della City ha per protagonisti tre insospettabi i, misteriosi compratori che arrivano dall'Italia. Nei giorni scorsi, annuncia il «Dai�ly Telegraph», un gruppo di italiani ha annunciato di aver rastrellato il 21,2 per cento della Dawson International, un nome storico del «made in Britain», che controlla alcuni marchi di rilievo intemaziona�le, come «Ballantine», «John Dawson» e «Todi 6Duncan». Fu Joseph Dawson, più di un secolo fa, a inventare il proce�dimento per cardare la prezio�sa lana di cachemire, dando il via alla produzione dei maglio�ni e de le sciarpe che hanno sognato lo stile dell'eleganza «casual» britannica. Ora, la Dawson, una «pu�blic company» reduce da una profonda ristrutturazione re�sa necessaria da disgraz.iati investimenti in Usa, sembra entrata nel mirino di pazienti investitori in arrivo dalla Pe�nisola che hanno scaglionato gli acquisti per mesi prima di dichiararsi «connecled» (ovve�ro di operare in concerto) davanti al «board» della stes�sa Dawson. Ma chi sono i misteriosi compratori? Il nu�cleo duro degli insospettabili (almeno tre) arriva dal Pie�monte. Il «cervello» dell'ope�razione ò, probabilmente, Ezio Gallo, un piccolo genio dell'informatica prestato alla finanza (prima esperienza in Gaie, poi per anni al seguito di Luigi Giribaldi) che opera in proprio da Montecarlo. Gallo, secondo la dichiarazione resa al Board, controlla circa il 7,8 per cento del capitale. Altro azionista di rilievo, scovato da Bloomberg, è Carlo Vallarino Gancia, con un pacchetto di poco inferiore al 5 per cento. Il terzo è un professio�nista torinese, Giovanni Ghione. Segue una pattuglia di investitori minori, a caccia di buoni affari. E la Dawson, ripulita dalla ristrutturazione, promette di esserlo. Primo, perché la socie�tà che vanta un giro d'affari di 93 milioni di sterline (al 50 per cento realizzato sul merca�to Usa) è già tornata al profit�to (poco più di 3 milioni). Secondo, perché secondo gli analisti della City, il prossimo dividendo potrebbe aggirarsi attorno ai nove pence su una quotazione di 55 pence. Ma soprattutto, come sospetta il «Daily Tele^raph», i «misterio�si scalatori italiani che agisco�no da Montecarlo» altro non sarebbero che l'avanguardia dei protagonisti del «made in Italy», a caccia di buoni affari nel pianeta moda. Il comprato�re finale della Dawson, dico�no gli ambienti d'affari britan�nici, potrebbe essere addirit�tura la «maison Fendi», da qualche mese entrata nell'or�bita dell'alleanza PradaLvmh. La conferma, per ora, non c'è, ma alcuni indizi por�tano alla pista di Patrizio Bertelli, il vulcanico patron di Prada. Non è un mistero che Bertel�li vuol coronare un'intensa stagione di shopping proprio con acquisizioni sul cachemi�re (adeguate al nuovo posizio�namento del marchio Fendi). Secondo, la Dawson Interna�tional dispone di una dote preziosa: perdite fiscalmente deducibile per 1 IO milioni di sterline, l'ideale per chi, come Prada, ha ritirato dal listino britannico la Church's e po�trebbe ora rientrare in condi�zioni tributarie ottimali. L'af�fare, insomma, si può fare anche se, come già nel caso della Church's, si rischia una sorta di derby italiano all'om�bra della City. Il dossier Daw�son, infatti, potrebbe interes�sare altri imprenditori di casa nostra. Qualcuno, del resto, si è mosso, visto che diversi fondi di investimento stanno alleggerendo le loro partecipa�zioni in questi giorni. E a comprare, dicono dalla corda�ta, stavolta non siamo noi. Pattizio Bertelli, patron di Prada

Luoghi citati: Italia, Londra, Milano, Montecarlo, Usa