Ora cresce l'ottimismo dei referendari

Ora cresce l'ottimismo dei referendari Ora cresce l'ottimismo dei referendari Igiovani industriali: subito una nuova legge elettorale ROMA I giovani imprenditori scendono in piazza a fare volantinaggio e chiedono di andare a votare «per modernizzare il Paese», da Cgil e Uil arrivano nuovi appelli a non disertare le urne, il «caso Loren» (che secondo il referendario Poppino Calderisi è solo un pretesto, forse anche montato ad arte) crea polemiche sull'operazione «pulisciliste», già ribattezzata dal Polo «taglia-vivi». Insomma, la campagna referendaria che si chiu�de oggi tra comizi e feste con Vip negli ultimi giorni pare salita di tono. Cos�che qualcuno, come il capogruppo dei Ds al Senato Gavino Angius, può azzardare con prudente soddisfazio�ne che, pur «regnando ancora l'incertezza», «il quorum oggi è molto più vicino grazie alla reazione degli elettori che si mobilitano contro un esagerato e irresponsabile appello all'astensio�ne da parte di alcune forze politiche». Lo stesso larvato ottimismo che fa dire al segretario della Quercia Walter Veltroni: «Mi pare che stia crescendo l'attenzione e anche la consapevolezza che questo referendum è un'oc�casione per fare quella legge elettorale che non si è riusciti a fare in questi anni». Davanti a Montecitorio un nutrito drappello di giovani confindustriali chiede una nuova legge elettorale, spingendosi a dire che andare ad elezioni anticipate con questo sistema «sarebbe controproducente», nelle parole del presidente Edoardo Garrone e del vicepresidente Francesco Bellotti. Gli under 40 delle imprese sono favorevoli al S�antiproporzionale. «Senza governi stabil�e maggioranze forti, non si liberalizza il mercato, non si rispettano i diritti delle giovani generazioni, non si combatte la burocrazia, non crescono le imprese né l'occupazione» spiegano all'unisono in una conferenza stampa improvvi�sata. In piazza dalla prima mattina, i confindu�striali che naturalmente chiedono un S�anche al quesito sui licenziamenti vengono raggiunti sul tardi da Emma Bonino e Marco Pannella, Mario Segni e Luigi Abete. Strette di mano e congratulazioni. Dal mondo industriale arriverà anche l'appello al voto di Luciano Benetton, mentre il presidente di Rcs Cesare Romiti, pur non prendendo posizione sul referendum («sul quale si è fatta molta confusione»), critica ferocemente «il nostro sistema politico» che giudica «infantile e pericoloso per il Paese», con i partiti che si considerano l'un l'altro «non avversari ma nemici». Di tutto ciò si compiace Arturo Parisi. Il segretario dell'Asinelio attacca di nuovo Berlu�sconi «il quale dice di parlare da imprenditore a nome degli imprenditori, in realtà sta dalla parte opposta, quella della nostalgia». «Parisi è in difficoltà e cerca udienza insultando Berlusconi» gli risponde il capogruppo di Fi alla Camera Beppe Pisanu. Contrattacca anche il presidente dei senatori azzurri Enrico La Loggia, che difende la «libertà del non volo», ripete che la consultazione del 21 maggio «è un inganno» e accusa le sinistre di «strumentalizzare il referen�dum contro il leader del Polo». Meno ottimista, Pietro Larizza teme che la divisione dei sindacati, con la Cisl pro-astensio�ne, «alla fine ci faccia perdere». La sua Uil è per due No ai quesiti sociali. Sergio Cofferati ribadi�sce invece il No solo sui licenziamenti, smenten�do l'equazione fra libertà di licenziare e nuova occupazione: «Tanti anni fa questa libertà c'era e la disoccupazione era ugualmente alta», dice, aggiungendo che «è importante che i No prevalga�no anche se non si raggiunge il quorum perché scoraggerebbero iniziative legislative negative». Ad ogni buon conto, c'è chi si preoccupa della legge da varare quale che sia l'esito del voto. Il segretario del Ppi Pierluigi Castagnetti torna a sposare il modello tedesco, pur integrato da soglia di sbarramento ed elezione diretta del premier, e chiede un confronto con lo opposizio�ni. Ma Parisi ribadisco di puntare a «un vero bipolarismo», anche se, precisa, è possibile utilizzare sistemi elettorali diversi, «e noi non abbiamo pregiudiziali». A fine sera arriva la protesta di Mario Segni per l'esclusione del comitato promotore dalla serata di chiusura di Raitre. Causa: lo studio troppo affollato. Segni si appella alla Vigilanza. [m.g.b.j Alla vigilia della chiusura della campagna elettorale scoppia un caso con la Rai per l'esclusione del Comitato di Mario Segni dal dibattito finale

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