Cioccolata con Accorsi, nel 700 di Marco Vallora

Cioccolata con Accorsi, nel 700 Nella casa-museo del re degli antiquari, fra capolavori di ebanisteria e oreficeria Cioccolata con Accorsi, nel 700 1 capricci barocchi danno spettacob a Torino Marco Vallora TORINO P RIMA donna una ciocco�latiera superba, riccioli d'argento e un'onda mos�sa di riflessi e stemmi e volute, con l'espressio�ne altera che soltanto le regine dell'oreficeria sanno avere, sia pure riposte nel limbo silenzio�so d'una vetrina da museo. So�rella probabilmente di quell'al�tra celebre caffettiera con stem�mi dei Marchesi del Carretto e punzoni del Carron, che qualcu�no vorrebbe regalata dal Re all'Arcivescovo d�Torino per l'inaugurazione della Basilica di Superga. Una nube barocca d�capricci materializzati nel me�tallo, che faceva la sua trionfale entrata In chiusura degli esclusi�vi pranzi domenicali che il Gran�de Antiquario riservava agli ospiti d�riguardo, e magari ci trovavi pure il principe Umber�to in confidenziale non ufficiali�tà. Invece di essere dispersi per il mondo, o ovattali nell'oblìo d'una scatola di velluto sontuo�so, questi «pezzi» da museo e da manuale ogni gioved�pomerig�gio alla Fondazione Accorsi In�scenano una loro affascinante comparsala, diventando prota�gonisti di intelligenti intrattenìment�e di storia sociale dell'ar�te, con relazioni e diapositive e grande entusiasmo del pubbli�co, che si strappa il diritto d'entrata, che millanta prenotazioni-fania^ma ed esige il bis. Come gioved�scorso, dedicato alla rivoluzionaria introduzio�ne del cioccolato nell'Arcadia cicisbea del Settecento, secondo le ricerche d�Camporesì: bevan�da proibita ed eccitante quasi afrodisiaco, delìzia grafica e pre�testo galante quale s�evìnce dalle opere di Liotard e Goldoni. Oggi sarà la volta della moda chinoiserie, che travolse il Sette�cento europeo, cosi goloso d�esotismi e d evasioni cosmopoli�te. L'8 giugno, nella cucina rico�struita di Accorsi, come se si trattasse d'una taverna da ro�manzo galante, con Manon Lescaul già pronta a fuggire, Gior�gio Calabrese esperto di alimen�tazione si occuperà d�Modi e Mode della buona tavola nel '700. Una cucina fedelmente rein�ventata, com'era nello stile del padrone d�casa, il re degli antiquari, figlio d�un umile portinaio, che riusc�in vìa Po 55 a ricostruire il proprio immagi�nario Eden settecentesco: con il torchio per strizzare la bianche�ria, una voluminosa bilancia strappala all'eremo di Pecelto, insegne da Farmacìa del Casto�ro e ben 570 paonazzi rami appesi alle pareli, quasi grappo�li di uva rappresa. Perché ha ragione il giovane direttore del; la Fondazione, Alberto Conino: l'interesse di questa straordina�ria casa-museo del '700, presso�ché unica nel suo genere e con pochi confronti persino in Fran�cia, non è soltanto quella d�possedere alcuni capolavori as�solutamente unici al mondo (co�me il doppio corpo a riballa d�Piffettì, firmalo e datalo 1738, che sembra sgusciare vìa come un ramarro d�legni pregiati e madreperla e tartaruga dalle mani miracolate del suo mìnusiere di casa Savoia; oppure l'incredibile ribalta piemontese con maioliche policrome di Pesa�ro che pare di ghiaccio e di luce, comprala addirittura per l'equi�valente d�un miliardo da una discendente russa d�Rasputin), ma anche da mìnime curiosità che evocano la quotidianità del�l'epoca: la sedia cacaiorìa dissi�mulala dentro un compostissi�mo comodino arte povera, il tamburo che t'nrso ebbe un ruo�lo decisivo in una battaglia, o il curiosissimo guéridon in maioli�ca che simula il turchese. Qui, in questo esempio piutto�sto unico d�museo delle arti applicale, tanto invocalo in Ita�lia da Zeri e da Gonzales Palacios, la Storia s�vede passaro ancor più corposamente che in una pinacoteca: per esemplo in uno sterminato servizio di Sèvres, che Accorsi aveva il vezzo d�usare per i suoi pranzi. Come facevano �Savoia: e quan�do un pezzo si rompeva, ecco che la fabbrica correva ai ripari. Ma intanto il gusto era lieve�mente mutato: alle esasperale volute rococò si sostituivano sornionamente più modeste mo�danature che risentono già del Neoclassica: così, a passi, avan�za la Storia. E pare che queste cose esalti�no pure gli studenti, avvicinali 3Ìù concretamente ai falli del'arte, piultoslo che non in un museo tradizionale, algido di quadri e sculture: anche se la Fondazione non manca di splen�didi Cignaroli, d'un importante Moncalvo e d�due superbo Ma�donne gotiche chieresi d'influen�za fiamminga. A sfatare il mito che l'Empereur Accorsi, come lo chiamavano amorevolmente i colleglli francesi, non amasse l'alta epoca (anzi, passarono at�traverso d�lu�le Heures du Berry di Van Eyck). Ma è vero, se ne disfava più indolormente, perché il suo entusiasmo anda�va soprallutlo all'universo lut�to volute e riccioli del Rococò, complice in questo l'amico Um�berto di Savoia, che il Re volle inteiueralo militare, ma che in realtà era nato décorateur. E che scelse il giovane intrapren�dente come aiutante d�boiseries più che di campo: aprendogli lo porte dell'aristocrazia, della fi�nanza e facendone un mito. Figlio di un umile portinaio, l'Empereur, come lo chiamavano i colleghi francesi, riusc�a ricostruire in via Po il suo immaginario Eden. Qui riceveva l'amico Umberto II di Savoia LRdmrp Pietro Accorsi (1391-1962). In alto due ambienti della Fondazione, in via Po 55 a Torino: a sinistra uno scorcio del salone del plano terra. a destra una saletta di alta epoca

Luoghi citati: Savoia, Sèvres, Torino, Zeri