Quei nomi coperti dai mistero
Quei nomi coperti dai mistero Occultare i compagni insospettabili, una tecnica usata dalle vecchie Brigate rosse Quei nomi coperti dai mistero Vincenzo Tessandori Ci 'E' una domanda che gli uomini dell'antiterrorismo non vorrebbero mai sentire: quanti sono i Riccardo Dura? La sfuggono per il semplice fatto che non ne conoscono la risposta. Non è inutile un salto indietro. Il brigatista rosso Dura, «Roberto», rimase ucciso a Genova in un furibondo scontro a fuoco con i carabinieri all'alba del 28 marzo 1980: un venerd�nero per le bierre che oltre ai quattro compagni morti ne videro finire sei in carcere, a Biella. Con Dura rimasero am�mazzati Lorenzo Betassa «Antonio», Anna Maria Ludman «Cecilia» e Piero Panciarelli «Pasquale»: questi tre, ricercati da tem�po. Di loro gli investigatori conoscevano nomi di battaglia, abitudini, anche l'indi�rizzo della base, un appartamento a pian�terreno di una palazzina al 12 di via Fracchia una strada di collina alle spalle della stazione Principe. La stessa dove, il 24 gennaio '79, davanti al 30, le bierre avevano commesso quello che, riconobbe�ro poi, fu «il più grave errore della lotta armata»: l'assassinio di Guido Rossa, ope�raio dell'Italsider, iscritto al Pei e delegato sindacale, membro del direttivo Flm. Quattro terroristi morti, dunque, ma soltanto tre parevano avere nome: l'ulti�mo era come se non fosse esistito. Niente negli elenchi, non una foto, le impronte digitali non risultavano schedate, nulla di nulla. Un rompicapo tremendo. Quarantott'ore più tardi, con un volantino, le Brigate rosse dissero che «Roberto» era un «operaio marittimo, militante rivoluziona�rio praticamente da sempre, membro della direzione strategica della nostra organizza�zione». Non servì: nessuno lo ricordava, nessuno lo conosceva. Solo il 3 aprile il mistero fu svelato con una telefonata all'agenzia Ansa: «Qui Brigate rosse, colon�na genovese Francesco Berardi. Riccardo Dura è il nome del compagno non ancora identificato». Allora, ecco la domanda: esistono, oggi, altri Dura? Giorgio Criscuolo lavora al�l'Ispettorato Generale dell'Amminislrazione ed è uno che la lotta armata la conosce bene: aveva indagato sui Gap-Feltrinelli; alla questura di Torino, fu a capo dell'anliterrorismo; a Napoli, si occupò del seque�stro dell'assessore democristiano Ciro Ciril�lo. Allora i colleghi lo chiamavano «'o liune» ma fra i brigatisti si era guadagnalo il nome di «sfondatore», perché protagonistra dell'irruzione in un covo, a Milano, dove non soltanto aveva spalancato la porta con una spallata ma, rovinato addos�so a Giuseppe Saba, un fedelissimo dell'edi�tore guerrigliero, lo aveva disarmato strap�pandogli con le mani la pistola. Nelle inchieste seguite al sequestro Moro, e dopo, racconta, si era avvertito forte il sospetto che alcuni terroristi «pentiti» avessero taciuto qualcosa, «un nome, per esempio. Alcuni non ce li hanno voluti dire. Almeno due volte abbiamo avuto netta la sensazione che coprissero qualcu�no di cui non avevamo notizie ma di cui indovinavamo l'ombra». Perché? Per non mettere di mezzo gente che con la lotta armata non aveva niente a che fare, spiegavano. Ma il motivo, secondo gli inquirenti, era non offrire tracce che ancora nessuno aveva individuato. Per�ché, lo sanno tutti clandestini compresi, non basta essere incensurati per non essere sospettati. Così, ora si fruga nelle banche dati e si setacciano i cento nomi che sputano i terminali. Ma la domanda rimane: quanti sono i Riccardo Dura? Il caso più clamoroso fu quello di Riccardo Dura ucciso nell'SO ma inesistente per gli agenti
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