ALLARMI MINISTERIALI di Alfredo Recanatesi

ALLARMI MINISTERIALI LA BENZINA AUMENTA, L'INFLAZIONE NO ALLARMI MINISTERIALI Alfredo Recanatesi ORMAI è un'equazione ben nota: curo debole più prezzo del petrolio più alto, uguale rincaro della benzina. E' ben nota anche una seconda equazione: rincaro della benzina, ugualemaggiore inflazione. E una terza: maggiore inflazione, uguale aumento dei tassi di interesse. Sembra di stare nel campo delle ferree leggi dell'economia, per cui di fronte a questa concatenazione di cause ed effetti ci sarebbe ben poco da fare, ma non è così: l'economia non è una si ienza esatta e sarebbe imprudente considerarla tale. Il petrolio è un prezzo strategico dal momento che con i suoi molteplici derivati, carburanti e prodotti chimici, si propaga quasi dappertutto. Ma e un prezzo estemo fissato dal più grosso e potente cartello del mondo e, diciamo, non c'è niente da fare. Ma, se non c'è niente da fare, l'inflazione che determina non è governabile; dunque non va governata. A ben guardare, anzi, il rincaro del petrolio è una occasione che dimostra quanto solida sia diventata la «cultura della stabilità", nel senso che nessuno sembra approfittarne per arrotondare listini a proprio vantaggio, o per alzare il tiro di qualche rivendicazione. Gli indici dei prezzi che si muovono sono solo quelli nei quali il petrolio ed i suoi ile-rivati entrano direttamente ed in misura rile-vante. Al netto di queste variazioni l'inflazione, quella clic dipende da noi, è bassissima; si può dire che non c'è. Ciò nondimeno, le autorità monetarie stanno col dito sul grilletto dei tassi di interesse, pronti ad alzarli; servirebbe a poco, forse a niente, ma loro ragionano così. In tutto questo non c'è nulla di drammatico: tutti noi consumiamo la benzina che abbiamo sempre consumato; non ci preoccupiamo neppure di risparmiare se è vero, com'è vero, che la promozione di una società petrolifera, che per un giorno alla settimana riduce il prezzo di tento lire, è stata un mezzo fallimento. Per altro, se la ripresa è più robusta del previsto è anche perché quanto paghiamo in più per il petrolio ci ritorna, almeno in parte, come aumento delle esiwrtazioni verso i Paesi produttori. E tuttavia i ministri finanziari lanciano allarmi e mostrano preoccupazione calcando l'accento sui rischi di inflazione. Prospettare il peggio potrebbe essere una tattica conveniente per ricordare la vulnerabilità che deriva ai conti pubblici dall'immane debito dello Stato e dalla relativa spesa jier interessi, per raffreddare le attese su rimborsi fiscali forse un po' avventatamente prospettati, per trattenere gli appetiti che si vanno scatenando sui possibili ricavi delle licenze per l'UmtS, per frenare qualche tentazione di s|x.-sa indotta dal clima elettorale che già si respira. Finché è tattica, poco male. Alla condizione, |x.tò, di non gridare lino a risvegliare attese di inflazione e comportamenti conseguenti. La «cultura della stabilità» sta reggendo molto bene, ma non provochiamola più di tanto.