Lecoq, il mimo che a teatro inventò la ginnastica di Arlecchino di Osvaldo Guerrieri

Lecoq, il mimo che a teatro inventò la ginnastica di Arlecchino Lecoq, il mimo che a teatro inventò la ginnastica di Arlecchino RECENSIONE Osvaldo Guerrieri JACQUES Lecoq è stalo un mae�stro del Novecento. Ha legato il suo nome a una scuola di teatro che non ha eguali, fondata su un metodo alla cui disciplina si sono formati grandi protagonisti della sce�na. Basterà ricordare, fra i moltissimi. Ariane Mnouchkine, Steven Berkuff. Isabelle Huppert: cioè una regista, un drammaturgo-regista e un'attrice. Come dire che la Scuola intemazionale di teatro non ha forni�to soltanto attori o sol�tanto registi. L'ambizio�ne di Lecoq consisteva nel creare un rapporto con il teatro a larghissi�mo raggio, un'esperien�za di studio che fosse utile sia alla vita sia all'arte. E non sarà un caso che il suo insegnamento abbia formato anche i Mummenschanz, celebratissima compagnia di balleriniemimi. Lecoq era originariamente un atle�ta. Non sorprende perciò che l'espres�sione del corpo, il movimento, il ritmo fisico siano stati uno dei punti centrali della sua pedagogia teatrale. Diceva: ili corpo sa cose che la testa non sa ancora». Ma la rivelazione arrivò in Italia, lavorando con Gior�gio Strehler, con Gianfranco De So�sio ed entrando in contatto con Dario Fo e con quello straordinario creato�re di maschere the fu Amleto Sartori. In Italia, Lecoq maturò l'estetica del suo teatro. Inventò una «ginnastica di Arlecchino», trovò nuovi gesti per rinnovare i movimenti in cui si era cristallizzato il coro antico, rielabotò un nuovo schema di rivista realizzan�do per il trio Parenti-Fo-Durano II dito nell'occhio e Sani da legare. Nel '56, dopo un'assenza di otto RECENOsvGue IONE do ieri anni, Lecoq tornò a l'ari�li e fondò la scuola, avorando al tempo stesso con Jean Vilar e col Théàtre National Populaire. Era tornato in Francia con un baga�glio prezioso: con tutte le maschere donategli da Sartori, con la conoscenza della commedia italiana intrisa di grotte�sco, di mimo, di clownerie, e con una nuova visione della tragedia greca. Forse non lo sapeva ancora, o non lo sapeva con chiarezza, ma tutti que�sti elementi lil mimo, il clown, la mascherai avrebbero costituito il nu�cleo fondamentale di un insegnamen�to che sarebbe diventato celebre in tutto il mondo. Ora, come s�sviluppasse questo insegnamento è la materia del libro che Lecoq licenziò poco prima di morire (nel 1998), Non è un'elenca�zione di precetti elaborati a mente fredda, né la spiegazione di un meto�do costruito in astratto sulla base di intuizioni più o meno felici. Il corpo poetico racconta un lungo atto d'amore nei confronti del teatro vi�sto nel suo farsi E il metodo, il famoso metodo, è il risultato di un'applicazione quotidiana, la regi�strazione di dò che nasce senza imposizione, con una spontaneità guidata. Nei due anni del suo percor�so pedagogico, Lecoq lavorava sul�l'improvvisazione e, successivamen�te, sull'analisi dei movimenti. Dedi�cava attenzione alla maschera neu�tra, che era il sostegno della masche�ra di carattere e, per l'assenza di passionalità, faceva risaltare il lavo�ro del corpo. Si accaniva sul mimo, che per lui non era una forma espres�siva autonoma, ma un modo di affer�rare meglio la natura delle cose: «Se qualcuno maneggia tutto il giomo dei mattoni, accadrà che a un dato istante non sappia più cosa stia maneggiando: diventa un automati�smo. Se gli si domanda di mimare come maneggia un mattone, sarà in grado di riscoprire l'essenza di que�sto oggetto, il suo peso, il suo volu�me». Lecoq non partiva dall'anima. A differenza di altri maestri, non cerca�va nel profondo dell'allievo i germi della verità. La sua verità abitava nella vita: bastava osservarla e farla propria per reinventarla, cosi come, reinventando un albero, i pittori non dimenticano l'albero. Gioco e sfida sono i termini del suo discorso, appa�iono legati da un filo verticale, per cui solo ascendendo è possibile arri�vare alla parola, ai sentimenti, al dramma, al melodramma. Lecoq par�la di tutto dò con un'affettuosità che conquista. Si capisce, mentre d parla di mimo e di clown, di geometria fisica e di geometria spaziale, che questi elementi era divenuti la chimi�ca del suo corpo, facevano parte di lui, respiravano con lui. Jacques Lecoq II corpo poetico trad. Renata Mangano, Ubulibri. pp. 185. L 25.000 SAGGIO

Luoghi citati: Francia, Italia