TORINO l'ebreo fascistissimo di Alberto Papuzzi
TORINO l'ebreo fascistissimoDa Einaudi un saggio che incrina il mito degli intellettuali torinesi durante il Ventennio TORINO l'ebreo fascistissimo Alberto Papuzzi TORINO L^l AUTENTICO antifa7 seismo non è di casa nelle stanze della cul�tura». Lo scrive uno Isterico di sinistra, in un saggio pubblicato da Einaudi, che rovescia l'immagine tradizio�nale del rapporto tra fascismo e intellettuali e sottolinea i pegni che professori e scrittori, artisti e scienziati, giomaUsti e critici pagarono al regime: La cultura a Torino tra le due guerre, di Angelo D'Orsi, docente di Storia del pensiero politico a Torino, che ha curato il carteggio, di recente pubblicazione, tra Gioe�le Solari e Norberto Bobbio (La vita degli studi). E' come rilegge�re con occhiali scuri la storia diventata quasi una mitologia dell'intransigenza gobettiana, del Liceo D'Azeglio, della rivista La Cultura, dell'editore FrassineUi. Pagina dopo pagina il libro smonta l'idea di una intellighen�zia torinese ri afura/i ter antifasci�sta: «La grande maggioranza scrive D'Orsi degli intellettuali torinesi mostra di sapersi ac�conciare, tra compromessi e si�lenzi». E ancora: «Il ventennio fascista appare altres�età in cui lo "scrittore" l'uomo di cultura, per dirla in altro modo credette di poter rinunciare tranquillafnenSfclla jSW^TO^'». I più Avevano «dtonjnwpere o non vedere» quel ch'a accadeva fuori delle finestre dei loro stu�di, «cercando di ottenere, con il minimo prezzo, i massimi benefi�ci». Questi comportamenti, da cui si salvò'. Secondo D'Orsi, un'esigua minoranza, non solo consolidarono il regime mussoliniano, ma gettarono le basi «per una collocazione servile» del ruo�lo dell'intellettuale. Da dove nasce un capovolgi�mento di prospettiva cos�radica�le? Seguendo una traccia aperta da Renzo De Felice, con la sua biografia di MussoUni, dagli stu�di di Gabriele Turi, con il saggio sul consenso degli intellettuali, da diversi interventi di Galli della Loggia, il libro ribalta un punto chiave: l'idea di una in�compatibilità tra cultura e fasci�smo. Non si può dimenticare, quando si parla di intellettuali torinesi fra le due guerre, un volumetto che Norberto Bobbio ha scritto negli anni Settanta, non di storia ma di memoriahstica: Trent'anni di storia della cultura a Torino. In un paragra�fo intitolato «Cultura fascista?», il filosofo scriveva che «Non ci fu una cultura vera e propria dei fascisti. Meno che mai a Tori�no». E quindi: «Non ci fu città in cui il fascismo sia stato altrettan�to rozzo e sterile culturalmen�te». Oggi D'Orsi, che pure si collo�ca idealmente fra gli allievi del filosofo torinese, propugna la tesi opposta: «Vent'anni fa ci dice j sono partito da questo dubbio: possibile che gli intellet�tuali torinesi fossero tutti antifa�scisti? Ho tentato di fare, da storico non da memorialista, lo stesso libro di Bobbio partendo da una prospettiva opposta, pur con l'affetto che nutro per Que�sto mio maestro. Ho accumulato una mole enorme di documenti, avrei potuto scrivere un libro di quattromila pagine. Alla fine ho scoperto che il problema del�l'adesione o non adesione al regime non è affatto ideologico. Soltanto una piccola minoranza ha aderito al fascismo per con�vinzione, soltanto una piccola minui'anza lo ha combattuto. La stragrande maggioranza ha ade�rito per ragioni di convenienza pratica. Non al fascismo ma alle offerte di cultura che il fascismo faceva». Bisogna considerare anche una differenza nell'idea di cultu�ra come è interpretata da Bobbio e da D'Orsi. Negli scritti del filosofo dedicati a quella che lui chiama «l'altra Italia», la cultura appare non njora produzione di opere ma contributo al progresso civile. Invece D'Orsi sembra interessato agli intellettuali co�me ceto sociale, operante all'in�terno delle istituzioni pubbliche e inserito nell'apparato cultura�le del regime. Mentre Bobbio rileggeva la Torino della sua giovinezza nella luce di valori che davano un contenuto etico e politico alla parola cultura, per D'Orsi la cultura è un aspetto della fascistizzazione, che acco�muna scrittori, studiosi, artisti, scienziati in una «zona grigia» fatta di aggiustamenti e compro�messi. Un merito del Ubro è iroprio la rappresentazione dela folla di personaggi, per lo più di non eccelso valore, che popola�rono la cultura in camicia nera. Persino buona parte degli ebrei volevano essere considerati fa�scisti, come dimostra la grotte�sca vicenda di Arturo Foà, cui non valse inneggiare al Duce per evitare Auschwitz (l'episodio è documentato nel brano che pub�blichiamo in questa pagina). Naturalmente D'Orsi ricono�sce il valore, fino all'eroismo, di antifascisti come Piero Gobetti o Leone Ginzburg, e dietro di loro la pattuglia dazeglina di Monti. Gina, Foà, Mila e cosi via. Li considera eccezioni, talora per caso piuttosto che per scelta. Ma anche su queste figure elitarie si stende l'ombra d'un giudizio ra�dicale: «Lo stesso Gobetti, che è pure l'antifascista più intransi�gente ci spiega D'Orsi -, crea un modello per cui l'antifascismo è assoluto sul piano politico ma non lo è sul piano culturale, dove puoi dialogare con i fasci�sti. Da qui i commerci di Gobetti con Malaparte, in una linea che porla a Leone Ginzburg, grandis�sima figura di antifascista sul piano umano e intellettuale, per il quale io ho il massimo di ammirazione, ma che scrive sul�le riviste di Ojetti e frequenta i salotti di Ojetti. Perché la catego�ria deirinlellettuale prevale su quella del politico. Posso strin�gerti la mano anche se tu sei fascista perché siamo entrambi intellettuali. E posso accettare che il fascismo mi crei opportuni�tà di lavoro, dall'impresa dell'Enciclopedia /tallona in poi». Dunque un libro destinato a riaprire interrogativi e polemi�che. A partire da una fondamen�tale questione storiografica: quanto si debba tenere conto cella differenza tra vivere in uno Stato di polizia o in uno Stato di diritto. O del fatto che in quegli anni per svolgere presso�ché qualsiasi attività intellettua�le si doveva avere la tessera del Pnf. "'il giudizio non solo morale ma anche storico sui comportamen�ti degli intellettuali e sui rappor�ti che intrattenevano può pre�scindere dal fatto che la libertà di espressione era impedita, essi erano spiati e censurati e si poteva essere arrestati per aver affermato l'indipendenza di una rivista di filosofia, come accadde a Piero Martinetti? albpap(q)lastampa il «Solopochi hanno aderito al regime per convinzione e pochi l'hanno combattuto Ipiù hanno aderito per ragioni di convenienza» «Gobetti, intransigente sul piano politico, su quello culturale è pronto a dialogare. E Ginzhwg scrive sulle rh iste di Ojetti»
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