«Noi, penne nere per sempre»

«Noi, penne nere per sempre» «Noi, penne nere per sempre» Brescia invasa da 350 mila alpini reportage Fabio Paletti invialo a BRESCIA TROMBA, trombone, grancas�sa. E la fanfara degli alpini di Scanzorosniale, provincia di Bergamo, 15 eleménti con cappel�lo piumato d'ordinanza e camicia a quadri di flanella siilo monlanaro, non da tresua. Dai patriottici inni di Mameli al Piave che mor�mora, si passa senza soluzioni di continuila alle «Osterie» che son sempre venti e al prosaico «facce�la vede, faccela tocca...». Rida la Anita che ha 2(1 anni, occhi azzurri, capelli biondi, piercing al naso, cannila e cappello del disciolto 5' Reggimento: «Bel�li, belli gli alpini... Adesso devo Studiare, ma chissà... Magari mi arruolo pure io. E se non sarò alpina, almeno para...». Ammicca Gianmarco Serraglio, un anno in più, la naja nel Reggimento Orobi�ca di cui porla come ricordo il cappello ceduto all'amica: «Certo che se ci fossero delle soldatesse cosi...». Cosi gli alpini sono tornali a Brescia, 30 anni dopo l'ultimo raduno. Sono in 350 mila, sono ovunque in una città che ha poco più della mela degli abitanti. Per non parlar di quelli che se ne sono andati por lasciar campo libero all'invasione di penne nere. O di quelli che dalla periferia arrivano fino in contro in bicicletta Come Lucia Tassi, che porla il figlio sul sellino dietro a vedere le fanfare, le sfilale, quelli del gruppo San Tornio di Vicenza che si fanno chiamare «Imbriaghi storti» e a parli; il guidatore della motozap�pa slan tutti sdraiali sul carrello, o quelli di Vigonovo, provincia di Pordenone, arrivali col camper e il tosaerba per la sfilata fino in piazza della Loggia, dove hanno messo i fiori nel posto della slraf'.e. Dice, la signora Lucia: «Sono tantissimi, sono bravissimi. Qui da noi, con i soldi raccolti da loro, hanno costruito lo caso popolari del villaggio Serena...». Cinquantacin (no anni dopo gli sfracelli dell'i iiima guerra il erodo dogli alpini è solidarietà e tradizione. In divisa combattono per la pace in Bosnia, Mozambico, Lituania e Albania. Smessa la mimetica, di�ventano Nuvola, cioè Nuclei Vo�lontari di Solidarietà Alpina. Come Paolo, che da Valsugana Sirino, provincia di Trento, non si perdo un raduno dopo essere sialo artigliere alpino nel '61: «Due anni fa sono tornalo a Buia, in Friuli. A trovare la gente che abita la casella di mattoni che ho costruito con le mie mani dopo il terremoto». Dell'esercito di pro�fessionisti non ha una grande slima: «Se ò por risparmiare, cer�to non serve. E poi un anno senza la mamma fa bene a lutti». Quindi, anche lui firma la peti�zione al governo dell'Associazio�ne Alpini, che invita a non trasfor�mare il militare in un lavoratore come tanti altri, lasciando solo ai libri di Storia la memoria della Divisione Julia, della battaglia di Nikolajevska o della Brigala Taurianense. Insiste, l'alpino Paolo: «E non si dica che un esercito di professionisti eliminerà il nonni�smo. Quello c'ò sempre sialo, fa parte della tradizione. Anch'io ho fallo il passo del giaguaro in pigiama... Goliardale. Da non con�fondere con altre violenze che vanno punite». Polemiche che nemmeno sfio�rano i 350 mila che invadono la città, in attesa della grande sfilala di oggi, dei politici sul palco, del discorso del ministro della Difesa Mallarella. O del sindaco di Bre�scia Paolo Corsini che non ò mai sialo alpino e che nel teatro Grande parla por 20 mimili offren�do «l'abbraccio ideale della citta». per finire poi con l'elenco di rito: «Viva l'Italia, viva gli alpini, viva la nostra Brescia». Fanno meglio gli alpini di Tra�vagliato che, insaccando per due giorni, hanno costruito un salame lungo un chilometro e 180 metri con un diametro di sei centimetri, e da un autotreno lo vendono a pezzi e il ricavalo andrà in benefi�cenza. O quelli di Laibes, provin�cia di Bolzano, che a Broscia sono venuti a piedi. Duecenlodieci chi�lometri con una benzina fatta di gnocchi, toma e rosso in damigiano. Il porche di una simile scarpi�nala la spiega Fernando, dopo sette giorni a selle notti sulla strada: «Camminando, vengono fuori le rogne e si rafforza l'amici�zia». A dir la verità, per questo bastano i fiaschi e lo bottìglie col tappo a corona, bastano i portici dove in coro si canta «Q sentinel�la, non lasciare il posto...». Basta�no i fischi alle «tose» bresciane che ridono e sono qui apposta per farsi il giro sul trattore. 0 il passeggio tranquillo dei «veci» e dei «bocia», per sempre vecchi o giovani, con la moglie appresso, la telecamera digitale al collo e un sorriso pure por Chen, la cinese della Cina che por mille lire scrive il nomo con gli ideogrammi e oggi, anche lei, porla il cappello con la piuma nera d'aquila. L'unico che smoccola è Marco Sora di Foresta Spano. Comprensi�bile, visto che non manca un raduno da 10 anni. E come ogni volta tiene nella sinistra la cavez�za di Valeria e nella destra quella di Pina, l'asina e la mula più fotografate d'Italia. Insieme a quelli che hanno la jeep targata Treviso, l'Ape Piaggio col tricolo�re o la motocarrozzetta con al posto del tettuccio un grande cappello da alpino di cartapesta, che regge pure all'acquazzone che vien giù di pomeriggio. Inossi�dabile come Ermenegildo Coletti, che da alpino a Montorio Verone�se, son tanti anni che si è trasferi�to a Toronto e ancora cerca i suoi commilitoni. 0 Mario Bucchieri, che vive a New York e ha attraver�sato un oceano per essere qui a Brescia e ridendo dice «alpini forever...». Come fosse un marines dei film. Un gruppo è arrivato dopo 210 chilometri a piedi: «E' cos�che si cementa l'amicizia» La tradotta Brescia-Edolo che portava al fronte i giovani alpini è giunta ieri a Brescia per l'annuale raduno nazionale delle penne nere

Persone citate: Ermenegildo Coletti, Fabio Paletti, Lucia Tassi, Mameli, Marco Sora, Mario Bucchieri, Montorio Verone, Paolo Corsini