Gheddafi all'Europa: giù le mani dall'Africa

Gheddafi all'Europa: giù le mani dall'Africa Gheddafi all'Europa: giù le mani dall'Africa «Dietro Sierra Leone e Zimbabwe, agenti segreti europei» intervista Maurizio Mollnarl inviato a TRIPOLI Da tre giorni i capi di Stato dell'Africa fanno confusamen�te la fila per entrare nella tenda del colonnello Muammar Gheddafi, mandando in tilt i' traffico sul lungomare. Giunti dall'Africa Occidentale, Centrale e dalla Fascia del Sahara, presidenti e leader guardano alla Libia in cerca di aiuti e mediazioni. Grazie alle sanzioni dell'Onu, Gheddafi toma prepotentemente sulla scena e Tripoli diventa croce�via delle crisi del continente. Il colonnello si sente forte come nei primi anni della rivoluzio�ne e non fa nulla per nascon�derlo: riceve in pieno giorno a pochi chilometri dal centro di Tripoli sotto una tenda aperta lungo tre lati, sfidando a viso aperto i satelliti spia che fino a un anno fa lo costringevano a incontri esclusivamente not�turni in luoghi imprecisati fra le dune. E' questa la Tripoli in cui siamo arrivati con il diret�tore de La Stampa, Marcello Sorgi. Nell'intervista che se�gue, Gheddafi si mostra deciso a prendere le redini del continente e determinato nSPSSfcciare un monito aU'Eurqpa: «Giìis^. le mani dall'Africa, �oostiv conflitti li risolviamo (jRSfli»La Sierra Leone brucia, i presidenti africani vengo�no sotto la sua tenda. Qua�le ruolo state svolgendS nella crisi? M «Abbiamo molte iniziativerh corso. Ali Trekhi, segretario del Comitato popolare per l'Unità africana, si è recato nella regior.H per mettersi in contatta con tutte le parti in causa. Ho incaricato il Presi�dente della Liberia di intensifi�care gli sforzi per porre fine alla guerra e per questo gli abbiamo messo a disposizione un aereo libico per spostarsi insieme ai collaboratori. Sono personalmente in contatto con�tinuo con tutti i capi degli Stati della regione. La situazione è esplosiva, ma non solo in Sier�ra Leone; c'è un conflitto belli�co in atto fra l'Eritrea e l'Etio�pia e ho notizie fresche dalla Guinea Bissau che non sono buone. Temo altri focolai in Africa. E' una situazione seria. Non a caso durante il vertice euroafricano del Cairo ho det�to chiaramente ai leader del�l'Unione Europea: "Se volete instaurare una cooperazione fra i due continenti, fra l'Afri�ca e l'Europa, deve essere seria e fruttuosa"». Scusi colonnello, ma cosa c'entra l'Unione Europea con le crisi in atto in Africa? «L'Europa deve rinunciare alle sue vecchie politiche colonialiste. Se voi europei continuere�te a interferire negli affari interni africani; se continuere�te a fomentare colpi di Stalo, guerre, assassinii e conflitti: se continuerete a sostenere una parte contro l'altra, sov�venzionando questo e quello, impiegando i vostri servizi se�greti; se continuerete a eserci�tare tali metodi, vorrà dire che non avete intenzione di stabili�re alcuna cooperazione con l'Africa. Porre fine a tali metodi è una condizione fondamen�tale per instaurare la collabora�zione fra Europa ed Africa. Se l'Europa di oggi è davvero nuova, possiamo cooperare; ma, se è ancora quella colonia�lista, ci vedremo sul campo di battaglia. L'imperialismo ame�ricano ed il sionismo vogliono impedire la nostra :ooperazione». In Zimbabwe è quasi guer�ra fra il presidente Robert Mugabe e la minoranza bianca. Londra denuncia la violazione dei diritti umani. Lei con chi sta? «Ko inviato una lettera ai capi di Stato europei e africani che hanno partecipalo al vertice del Cairo per spiegare che lo Zimbabwe è il primo esame per la nostra cooperazione. Bisogna rispRttsre l'indipen�denza dello Zimbabwe e dare fiducia al presidente Robert Mugabe per risolvere i proble�mi, senza interferenze negli affari intemi. La crisi dello Zimbabwe è solo un tassello di un complotto contro l'Africa: gli altri sono la Sierra Leone, il Corno d'Africa, la Guinea Bissau. Temo inoltre che la situa�zione esplodi anche in Costa d'Avorio se, a causa delle ele�zioni, vi fossero anche qui delle interferenze straniere». Il suo intervengo al sum�mit del Cairo sconcertò gli europei. Prodi si disse «de�luso» perché, invece delle critiche anticolonialiste, si aspettava un s�Ubico alla Conferenza euromeditarranea d�Barcellona. E' sempre convinto di poter essere ricevuto dal! Uè a Bruxelles entro l'anno? «La Conferenza di Barcellona è una cosa e la cooperatone afroeuropea è un'altra. Della Conferenza di Barcellona fa parte una regione esplosiva dell'Asia. Un'area che ha le cinture esplosive ai fianchi. Palestinesi, israeliani, libane�si, siriani, turchi: questi sono gli asiatici e ognuno è esplosi�vo. Fra loro non si parlano; non negoziano con il dialogo, ma con le guerre». Non vuole avere nulla a che fare col Medio Orien�te... «Questi Paesi devono stare fuo�ri dal processo di cooperazio�ne, fuori dalla Conferenza di Barcellona fino a quando risol�veranno i loro problemi. La cooperazione afroeuropea è tutta un'altra cosa. Barcellona è un tentativo di amputare una parte dell'Africa dal resto del continente. Ma l'Africa rifiuta di essere amputata. Chi vuole cooperare con l'Africa deve cooperare con l'Africa tutta unita, intera». Cosa risponde a Prodi? «La Commissione europea? E' "europea" e non di Barcellona! Mi sembra chiaro: bisogna se�parare la Commissione euro�pea dalla Conferenza di Barcel�lona». In questa fase difficile di dialogo con l'Europa cosa si aspetta dal nuovo gover�no italiano di Giuliano Amato? «Non c'è alcun problema fra la Libia e l'Europa. Comunque, l'Italia è un Paese amico, senza dubbio, che ha sempre sostenu�to la Libia nelle sedi intemazio�nali. Anche se abbiamo perso il nostro amico Massimo D'Alema, credo che il nuovo governo continuerà la stessa politica con noi». D'Alema sarà anche suo amico, ma al Cairo ebbe parole dure contro il suo intervento, ne criticò i to�ni anticoloniali. «Mi chiedo: c'è qualcuno che ancora osa difendere il colonia�lismo? Ma se l'Italia slessa si è scusala per il periodo del colo�nialismo, chi può ancora difen�derlo... L'America e gli israelia�ni continuano a essere colonia�listi, ma io spero che l'Europa di oggi sia nuova e pacifista». Cosa si aspetta dal proces�so di Lockerbie contro i due sospetti libici accusa�ti della strage del 1988? Teme di essere chiamato in causa? «Il processo è una questione giuridica che lasciamo nelle mani della Corte». La difesa degli imputati chiama in causa gruppi palestinesi legati all'Iran e alla Siria che una volta sostenevate. Gli state vol�tando le spalle? «Abbiamo sempre difeso i pale�stinesi e i siriani quando la questione era politica. Li abbia�mo difesi dall'accusa di terrori�smo, affermando che la loro causa era giusta, legittima, sacra perché si battevano per i loro territori occupati. Ma que�sta pagina politica è chiusa, ora c'è una pagina giuridica aperta la cui responsabilità è solo della Corte». Avete delle prove in ma�no? «La difesa degli imputati è libera di agire alpari dell'accu�sa. L'avvocato ha diritto di difendere il suo assistito con ciò che ha in mano. Nessuno difende o condanna la Libia. La questione resta nell'ambito del processo». Washington continua ad accusarla di corsa al riar�mo non convenzionale. Può cambiare qualcosa nei vostri rapporti con il prossimo presidente Usa? Lei preferirebbe avere co�me interlocutore George Bush o Al Gore alla Casa Bianca? «La responsabilità (lolla scelta, buona o calliva che sia, è e spella solo al popolo america�no. Per quanto mi riguarda, non m'interessa se il presiden�te sarà buono o cattivo, saran�no i cittadini a pagarne le conseguenze. Ambedue i candi�dali fanno però parte della nuova generazione, che è rivo�luzionaria e progressista. L'im�portante è liberarsi della men�talità colonialista e reaziona�ria come erano quelle di Ro�nald Reagan e di Margaret Thatcher. La nuova generazio�ne si adegua meglio alla globa�lizzazione che è l'era delle masse». Quando parla di ((globaliz�zazione» lei cosa intende dire? «La globalizzazione è un dato di fatto, reale e concreto, impo�sto dallo sviluppo tecnologico e scientifico dei nostri tempi. Chi si oppone alla globalizza�zione è come uno che si oppone da solo a un'onda immensa. L'onda si ferma solo quando si esaurisce. Anche la globalizza�zione si esaurirà, toccando i suoi limiti più estremi. Noi dobbiamo avvantaggiarcene. La globalizzazione ha creato l'Unione europea ed è servita per costruire 'Unità africana; alla fine il mondo intero sarà globalizzato». A settembre potrebbe na�scere uno Stato di Palesti�na in pace con Israele. Lo riconoscerà? «Se nasce uno State vero, sarà una grande cosa, ma prima dovremo vedere che tipo di Slato sarà. Dubito che sarà uno Slato vero e jroprio. Uno Sialo vero dovrebbe assorbire 7 mi�lioni di rifugiali palestinesi da lutto il mondo, ma Cisgiordania e Gaza da soli posso assor�birli tutti? Uno Slato palestine�se potrà avere un esercito come quello israeliano? Avrà una bomba atomica, anzi due�cento, come quelle di Israele? Vi sarà un equilibrio nucleare fra entrambi a garanzia della pace? Vedremo». Gambiera il suo atteggia�mento di ostilità verso Israele? «Chi si oppone a una soluzione giusta con due Stali fianco a fianco in una regione in conflit�to storico che vogliono convive�re in pace? Ma prima servo equilibrio. Non uno sopra e uno sono. Equilibrio totale significa anche una centrale nucleare per i palestinesi come ce l'hanno gli israeliani a Dimona. Allrimenti. tutto ciò di cui parliamo sarà un inganno con�tro la pace». Il fondamentalismo è anco�ra una minaccia per la stabilità dei Paesi del Nord Africa? «Il fondamentalismo islamico non ha nulla a che vedere con la violenza: è come il cattolice�simo nel mondo cristiano, si�gnifica conservare la fede. La violenza è tutt'altra cosa ed è propria dell'estremismo, ma non ha nulla a che vedere con la fede. Ciò che avviene in Algeria o Egitto non è Islam. Uccidere donne e bambini non è e non sarà mai Islam. Noi siamo contro tutti gli estremi�sti, contro la violenza come lo è il resto del mondo. Questo nostro mondo dove viviamo non è più un mondo dove c'è posto per lotte di fède perché è fallo di elettroni, Internet, sa�telliti, grandi mercati, grandi spazi di comunicazione fra di�versi fedi e culture. Viviamo tutti in un solo mondo, non c'è posto per la violenza». Colonnello, la recente dra�stica diminuzione del nu�mero di ministeri, il cam�bio di governo e la decima�zione della burocrazia ha destato sorpresa. A quali nuove riforme sta pensan�do per la Libia? «Queslo lo chieda al popolo libico perché queste decisioni le hanno prese i congressi popolari e i loro comitati, io l'ho appresa solo dalla tv come un cittadino qualunque. Certo, se chiede la mia opinione, lullo sommalo si traila di un passo importante del Paese verso l'aulogesiione e il conso�lidamento del governo del po�polo. Si avvicina l'obiettivo vero di restituire tulio alla base affinché le masse si assu�mano le proprio responsabili�tà, Il popolo e eciderà e realizze�rà da solo sogni ed ambizioni. Senza rappresentanza né me�diazione». Se non riuscirà ad andare a Bruxelles, è ancora tra i suoi desideri un viaggio in Italia e una visita dal Papa nell'anno del Giubileo? «Spe^o davvero di riuscire a venire in Italia. Voglio incon�trare il popolo italiano, non solo ili Papa. Ma dipende dal rispdtrd" dell'accordo di in lesa siglato fra i nostri due Paesi e che è destinalo a chiudere la vecchia pagina del passato garanlonap un completo risarcimento al popolo libico per lullo ciò che ha subito. Solo quando questa condizione sarà rispellata potrò venire nel vo�stro Paese». Gheddafi ha finito, si avvol�ge il suo vestilo del deserto color marrone e si allontana verso la tenda vicina dove lo attendo il presidente del Ciad. Gheddafi cammina piano sotto il sole, non ha paura di essere visto né sembra più temere attentati. Attornoa lui le misu�re di sicurezza appaiono meno rigide che in passalo. A prima vista sembrano esserci in giro più dromedari, cammelli e ca�pre che guardie del corpo. 1 pochi soldati armali prosenti Stanno bone alla laica dai visilalori, dello amazzoni non c'è traccia e gli unici fedelissi�mi in divisa sono interni a sistemare le tende dell'attesa, desiinalc a ;li ospiti, affinché siano accog ionli e circoli bene l'aria. La loquacità del colon�nello e la prontezza dei riflessi nel bolla e risposta sembrano fugare o^ni sospetto sulla sua salute, più volle data per com�promessa. Il leader del Nord Africa da più tempo in sella la sua rivoluzione è del 1969 si presenta raggiante all'appunta�mento col nuovo secolo: parla a nome dell'Africa, delta lo condizioni all'Europa, disserta sulla globalizzazione e sogna la bomba atomica per Yassor Arafat. Se qualcuno aveva pen�salo di averlo messo ko dopo sei anni di sanzioni delle Nazio�ni Unite deve ricredersi. Ha avuto perfino il tempo di sugge�rire la nuova fantasia per le tute mimetiche dei poliziotti più fidali: tante chiazzo a for�ma di Africa, con tanto di isola del Madagascar a lato. Da tre giorni vari Capi di Stato fanno la fila per entrare nella sua tenda per avere aiuti e mediazioni «La situazione è esplosiva e temo nuovi focolai Il Vecchio Continente rinunci alle politiche colonialiste» «Equilibrio totale fra israeliani e palestinesi vuol dire anche possibilità perArafat di avere l'atomica. Altrimenti tutto è un inganno contro la pace» «Spero davvero di venire in Italia per incontrare il vostro popolo e non solo Giovanni Paolo II» «I due candidati alla successione di Clinton appartengono alla generazione rivoluzionaria» ^. Il leader libico Muammar Gheddafi