E STEINER SE NE VA di Marco Neirotti

E STEINER SE NE VA E STEINER SE NE VA Il critico incanta la platea ma non sopporta il concerto di Sepe Marco Neirotti TORINO E stata un'altalena la sera�ta di mercoled�che, al Lingotto, si impegnava a porre il marchio m qualiIta sulla Fiera del Libro 2000. Altalena perché all'altezza della figura e del discorso di Geor�ge Steiner ha fatto da contrappun�to un Auditorium vuoto per un terzo. E altalena perché alle sugge�stioni della musica multietnica di Daniele Sepe hanno fatto da contro�canto un discorso sincero e insie�me di maniera e l'esagerazione nel volume degli altoparlanti. Straordinario l'incontri incontro con il critico. E momento fortunato per il sindaco Castellani, che ha rimedia�to a un lieve ritardo proprio quan�do Ernesto Ferrerò annunciava l'ingresso di Steiner. Il sindaco ha fatto la sua entrée nel pieno di un'ovazione non propriamente sua. Steiner ha parlato di libri, certo, ma anche di significati, e fra questi la privacy, «parola che pur�troppo non ha traduzione in italia�no». Non a caso, nel suo discorso (pubblicato ieri da La Stampa) ha più volte citato il silenzio. Quando na finito, Daniele Sepe ha spiegato la sua ricerca. Ha fatto un raffron�to essendo al Lingotto con la fabbrica «dove ammassavano ope�rai a lavorare nel rumore». E ha avvertito tutti che avrebbe impo�sto più che proposto un suono forte, fortissimo, come una soffe�renza da infliggere. Gli altoparlan�ti l'hanno accontentato, ma hanno scontentato il pubbhco. Dopo dieci minuti Steiner, stanco ma anche stizzito, si è allontanato. Qualcuno fra chi gli era accanto sostiene che abbia borbottato un «nazisti», non riferimento a storia o poUtica ma commento emotivo e simbolico al volume della musica come imposi�zione. A restituirgli il sorriso in un ristorante del centro, narrano poe�ti nottambuli, l'incontro con la serenità di una bellezza celebre. Se n'è andato poco dopo anche il presidente regionale Ghigo, scoc�ciato per la tirata operaistica d'an�tan. E se n'è andata gente di buona volontà e ampia apertura cultura�le. In effetti, se accusa a Sepe si vuole fare, quella della platea è poco politica o sociologica, più artistica. La capacità di mettere insieme regioni d'Italia, magie alba�nesi, suggestioni serbo-croate, rivi�vendole attraverso il jazz e armo�nie di un rock popolare è stata donata tutta, ma troppo spesso dispersa in un suono fragorosa�mente e dolorosamente indistinto che è autogol. L'arte di quei suoni avrebbe provocato meglio del ru�more. Qualcuno è uscito, si diceva. Ma fin dall'inizio, anche per Stemer, c'erano troppi vuoti. Che è succes�so? Inviti mal calcolati? defezioni? fette di pubblico trascurate? Gli invili, dice la direzione, erano 1200. Destinati in modo particola�re, oltre alle autorità, a editori, giornalisti, operatori professionali. Il più delle assenze è venuto dalla dirigenza dell'editoria, non ancora a Torino. A ripensarci ora, sarebbe stato bello aprire le porte a universitari motivati, giacché ne esistono. Ma sta di fatto che sarebbe stata suffi�ciente un po' d�mondanità, con qualche ospite di richiamo, di ten�denza, per fare la gran platea. E questo non si è fatto perché avreb�be vinto l'immagine, non il libro di cui parla Steiner. Il critico George Steiner

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