Una e trina: nei meandri della lingua di Maometto di Igor Man

Una e trina: nei meandri della lingua di Maometto Una e trina: nei meandri della lingua di Maometto TU, domando al mio amico Khaled Fouad Allam, scrivi direttamente in italiano? An�corché rinomato docente universitario, Fouad è rimasto gioiosamente fresco, sicché sia la lezione, sia il discorso corrente li condisce sempre con buon sale attico. «Non è che vuoi tirar fuori l'intrigante cavallo di ritorno del cosiddetto meticciato cultura�le?», ride. Se per meticciato cultu�rale si intende anche quella sorta di meccanismo semantico in for�za del cjuale im poeta, imo scritto�re, un saggista arabo riesce ad affidare a una lingua che non sia la propria (quella materna) il senso della vita e quindi dei fatti, dei pensieri, degli slati d'animo, delle sue dramatispersonae sen�za tradire se stesso, ebbene è di questo che intendo parlare, «lo penso in arabo, anzi spesso in algerino. Traduco mentalmente in francese secondo la lezione del sorboniano mio maestro Arkoun, infine dal francese riverso sulla carta il mio pensiero: in italiano. questa voltai), risponde Fouad. Ma non è che codesto proces�so, verosimilmente macchinoso, finisca col tradire, o se non altro, con lo smorzale il pensiero, l'idea di partenza? La risposta è consolante: «Noi-. Tuttavia credo sia più corretto vedere la questio�ne della mescolanza, del metic�ciato culturale alla stregua di soluzione dei divari culturali, ad�dirittura di occultamento: ìiijad, il velo, la tenda, il recinto psicolo�gico, E ciò anche perché la lingua araba non è una bens�trina. Lo scrittore Youssef el Khal afferma che «lo scrittore (arabo) ricorre a tre lingue diverse: una lingua per pensare, un'altra per parlare, una terza per scrivere». Certa�mente una lingua e anche il risultato di una serie di situazioni storiche accompagna i pro�cessi socioculturali, accompagna la modemità e la tradizio�ne. Ma proprio allor�ché la civiltà araba ha perso per strada la modernità, la lingua pure è rima�sta orfana. Ecco perché lo scritto�re, l'intellettuale del mondo ara�bo ricorre a più registri linguisti�ci: il rapporto fra la tradizione e la modernità può infatti trasfor�marsi in uhm trappola alla quale e possibile sottrarsi soltanto me�diante la scrittura. (E non sem�pre). Onesto il percorso degli scrittori arabi nel XX secolo: ANIM seguendolo, essi han contribuito al processo di modernizzazione d'una lingua che durante più secoli aveva voltato le spalle alla modernità. Un fenomeno, meglio un processo quest'ultimo, accen�tuato dal fatto che la lingua araba è la lingua della Rivelazio�ne, la lingua del Corano. E dun�que lingua sacra d'un Dio chi' si rivela Verbo. Ed è per tali ragioni che la lingua araba [fusTìa), intri�sa di bellezza classica, viene in qualche modo reinventala (è il caso d'uno dei più grandi poeti arabi, Adonis). Adonis (Ali Ahmad Said Esber) tende in tutta la sua opera alla ricostruzione di una sacralità lessicale che attra�verso Dio faccia riferimento al LISI r n mondo. 11 linguaggio di Adonis diventa dunque luogo a sé: il luogo dell'esilio. «Il poema e un Paradiso che eternamente er�ra nella geografia del�la Parola». Si tratta, invero, d'una deco�struzione del rapporto fra sacrali�tà e strumento linguistico: dal punto di vista filosofico compor�ta la nozione stessa di sacrai Cà per resuscitare una modernità ch'era ed e, tuttora, tragicamen�te assente. Beninteso non tutti gli scritto�ri arabi utilizzano gli stessi stru�menti per rivelarsi, per racconta�re. Un caso davvero interessante e quello del celebre scrittore Tahar Ben Jelloun: nato e vissu�to in Marocco sino all'età ili 25 anni, egli costruisce un vero e proprio romanzo arabo partendo dalla lingua francese permeata da una «arabita» non più lingui�stica, ma fatta di metafore, di rappresentazioni del sentimen�to, di postesistenzialismo. Li) lingua di Ben Jelloun (e di altri scrittori maghrebinil va defi�nita come una lingua dell'«eritre deux» (di mezzo): proprio come gli arabi indicano nel Mediterra�neo il mare di mezzo. La lingua di Tahar può essere definita «lingua mediterranea» in quanto flusso e riflusso, erranza e itinerario, identità e/o molteplicità dell'Io. A proposito di Younis Tawfìk, che prima poeta e poi scrittore, lo stesso Tahar Ben Jelloun ci ricorda che «mentre la Francia e l'Inghilterra hanno scrittori che provengono dalle loro ex colonie, l'Italia non conosce tale fenome�no. Sicché e accadimento felice la pubblicazione del subito premia�to libro In straniera (Bompiani) dell'iracheno Younis Tawflk. Younis scrive in italiano poiché vive da vent'anni a Torino e gli riesce facile «buttargiù di gettoi versi e racconti. Ma mentre i primi «rimangono come sono», le prose vengono «smerigliate» da Egi Volterrani. Ma ci sembra importante che lui. Tawfik, il «fatto» lo pensi indifferentemen�te in arabo oppure in italiano: anzi: in arabo italianizzato, seri vendo infine in italiano Ma il vero problema della lingua araba è il dramma dell'appartenenza, l'essere una lingua che vuole, disperatamente vuole, a tutti i costi, affermare ed esprimere l'arabità medesima. Mahmoud Darwish, considerato, insieme con Sauu al Uassim e Tawfiq az-Zayad, «il trullo più fecondo della poesia palesi inese», apre un potente suo poema, pubblicato nei Settanta, quando lo scontro fra palestinesi e israeliani era al calor bianco, lo apre con questo imperativo: «Scrivi, scrìvi: toso no uraho. Scrìvilo». Onesti versi rabbiosamente disperati, fiori spinosi e pur dolci sull'altari.' dell'appartenenza, correvano in quel tempo corrusco sulla bocca di tulli gli studenti nelle universi�tà arabe e non Attenzione: Mah�moud scrive indifferentemente in arabo e in inglese La sua Porsia e dunque più forte della lingua che ce la fa conoscere. leggere, meditare Con Amin Maalouf, autore, fra l'altro, del recentissimo L'identità (Saggi Bompiani! tor�niamo alla massa crii ica del pro�blema: l'identità, giustappunto. Scrittore prolifico, Prix Goncourl 1993, nato in Libano nel 1949, trasferitosi in Francia a 27 anni, quando gli domandano se si sen�ta più libanese o più francese, invariabilmente risponde: «L'unoe l'altro» Rispondendo diversamente. mentirebbe: «Ciò che mi rende come sono e non diverso e la mia esistenza tra due paesi, tra due o t re lingue, fra parecchie tradizio�ni culturali. E' proprio questo che definisce la mia identità". Meta francese dunque, e meta libanese.' «Niente affatto. L'iden�tità non si suddivide in comparti�menti stagni, non si ripartisce né m meta né in terzi. Io non ho parecchie identità. Ne ho una sola". Ma poiché la civiltà araba, con la sua lingua, deve abitare un mondo che vorrebbe fosse il suo mentre non lo e. ecco che da codesta letteratura spesso si pre�cipita nell'inferno dei conflitti politici, nella complessità della rappresentazione sociale col ri scino di dimenticare ciò che non va assolutamente dimenticato: il mistero della Poesia. Ch'è Parola Nell'universi.' arabo la parola e essenzialmente un segno, e il Poeta scrive con parole-segni. Ne viene, per concludere con Adonis, che il problema non e quello ili far «scendere, il linguai; gio verso la cosa bens�di far • salire^ la cosa verso il linguag�gio, poelizzandola. Sacralizzan�do la lingua della bellezza classi v.aj'us'ha: la lingua araba. Anche con la mescolanza, col meticcia�to culturale: perché no? LO SCRITTORE ARABO NE USA UNA PER PENSARE, UN'ALTRA PER PARLARE. UNA TERZA PER SCRIVERE UN MONDO DOVE LA PAROLA E' ESSENZIALMENTE UN SEGNO ANALISI Igor Man

Luoghi citati: Francia, Inghilterra, Italia, Libano, Marocco, Meta, Torino