Vadimir primo, volontà di potenza

Vadimir primo, volontà di potenza NELLA SALA DEL TRONO D'IVAN IL TERRIBILE Vadimir primo, volontà di potenza Un rito pensato per dare un'idea di grandezza reportage Giullelto Chiesa EM stato come un grande bal" zo all'indietro, nelle pro�fondità dei secoli, alla Rus�sia dei riurikidi, a Ivan IV, ai tempi che precedettero i «torbi�di» di Mosca capitale, ben prima che borghesi e nobili. Minio e Pozharskij, mettessero sul trono la dinastia dei Romanov, certo prima che Pietro il Grande com�mettesse il sacrilegio di trasporta�re la capitale a San Pietroburgo. E' troppo istituire questi paral�leli per descrivere l'incoronazio�ne di zar Vladimir, Primo della nuova era, quello della Russia che si crede democratica e che ancora rimpiange i suoi passati imperiale e comunista di grande potenza mondiale? Forse. Ma Vladimir Primo sem�bra avere, fallo lutlo il possibile porche gli occhi, e il cuore, dei suoi sudditi riandassero all'anti�ca grandezza. Moscovita opielroburghese che fosse. L'incedere attraverso le auguste sale solo un tantino troppo nervoso, cioè meno maestoso di quanto sareb�be slato auspicabile ha offerto una coreografia simile a quella che oggi possono offrirsi solo i lontani cugini dei Romanov, i sovrani di Inghilterra. I santi dell'antica Russia, ri�messi a nuovo da Eltsin, erano tulli ieri al loro posto, diligente�mente, a fare ala al passaggio del nuovo sovrano: San Giorgio, con i suoi stucchi, Sant'Alessandro Nevskij, il salvatore, Sant'Andrea. L'inveslilura di Boris Eltsin ave�va preteso di essere sontuosa ed imponente. In fondo tutta la nuo�va araldica, la bandiera tricolore, la musica dell'inno di Glinka, i simboli del potere che Putin ha preso in mano ieri, sono stali disegnali da Ellsin uno ad uno con una cura quasi maniacale. Quella cerimonia, di pochi an�ni fa, era viziala alla radice dalla debole vecchiaia di quello zar incespicante e perfino i santi del Cremlino apparvero allora come oscurali dall'incertezza. Che era anche politica. Quella di ieri non mostrava segni di incertezza. Elt�sin aveva scello l'inveslilura del patriarca, per ajjjiungere legillimazione a quella, debole, strappa�ta alle urne. Il nuovo leader dimostra di non averne bisogno per i suoi stendardi, dove ha scritto: «Una patria, un popolo, un futuro». 1 coreografi della cerimonia, nella piazza tra le cattedrali del Cremlino, avevano certamente visto «Il barbiere di Siberia» di Nikita Mikhalkov, con lo cupole scintillami, i cadolli che gridano «lunga vita», i monaci tremebon�di che slegano le campane e intonano le musiche, e l'imperato�re Nicola 11 che li passa in rasse�gna. Sulle loro teste le cupole del Cremlino sfavillano come sem�pre, da tempo immemorabile. Davanti ai loro copricapi, di fog�gia sovietica, due impermeabili neri: quello di chi se ne va nella storia e quello più smilzo di chi la storia vuole ricominciarla da ca�po. L'ha promesso ai suoi elettori e dovrà mantenere, se vorrà esse�re accollato come uno zar buono cui gridare davvero, e sinceramenle, «lunga vita». Sarebbe inutile cercare paralle�li nella Russia sovietica. Mosca era la sua capitale, ma i luoghi delle cerimonie delle incoronazio�ni dei segretari generali erano le navale austere dei Soviet supre�mi, gli stucchi erano covoni di grano, le bandiere dell'inlernazionalismo proletario. Solo Gorba�ciov, con la sua allora inconsape volo modernità, entrò senza vo�lerlo nella tradizione del Cremli�no degli zar. E non quando diven�tò presidente con l'applauso diifidenle e tiepido del congresso dei deputali del popolo, ma quando ricevette quattro anni prima le delegazioni estere che sfilavano nella grande sala di San Giorgio più per vedere da vicino il nuovo segretario generale dei Pcus che per rendere omaggio alla salma già dimenticala di Cernenko. Che differenza tra allora e ieri! Presidenti e capi di Stalo di tulio il mondn venivano a stringere la mano del nuovo capo dell'impero del male, la signora Thatcher quasi folgorala dallo sguardo sfa�villarne di quel mutante ancora sconosciuto che si dicova avesse scritto il suo e il nostro destino sulla fronte. Gli occhi vedono significati prima che cose. Cambia le luci e il contesto o ciò che appariva miste�rioso diventa improvvisamente chiaro. Oggi non c'è più quasi nulla che possa eccitare nel mon�do esterno la fantasia febbrile e lucida di tempo slesso con cui il marchese De Gustine vedeva nel Cremlino un labirinto di palazzi, un santuario, una cittadella di spettri. La sala del irono in cui Ivan il Terribile fu incoronalo a soli 17 anni, in quel lontano 1547, con la sua unica e tozza colonna portante e i suoi affre�schi pesami e colorali evocava nel visitatore straniero, cittadino di una potenza dirimpettaia, sen�timenti di rispetto, che derivava�no dalla potenza reale espressa dall'impero creala dai successori di Ivan. Ma sciogli quella poten�za la sala del'trono del Cremlino diventa sémplicemente il simbo�lo di un'architettura arretrata e jrimiliva. Eppure Putin che abbia letto o meno De Gustine ha voluto dare del Cremlino un'immagine die non era sfuggita all'acuto e disincantalo francese: quella di ■(baluardo della Russia», Proteggi la Russia, gli ha chiesto l'uffiziante laico di questa cerimonia, colui che non ha saputo difenderla, la Russia, e Vladimir ha risposto a questo appello parlando di una Russia che dovrà «essere rispetta�ta nel mondo». Non sarà impresa da poco. Il duca di Moscovia, quando riceve�va la visita dei khan lanari, era obbligalo a muovere verso di loro, a piedi, e a offrire lazze d; atte che quelli bevevano stando a cavallo dei loro destrieri E se qualche goccia cadeva sui crini dei cavalli, il duca di Moscovia doveva leccarla in segno di estre�mo rispetto e sottomissione. Cin�que secoli dopo siamo diventati lutti più beneducati e tolleranti, ma i vincitori continuano a genare la spada sul piatto della bilan�cia che è loro più comoda. Vladimir Putin forse non crede alle cerimonie con cui si è fatto investire, ma il messaggio che con esse ha lanciato e chiaro Prima d�tutto per i suoi: ci faremo rispettare. Non importa so gli indici tutti gli indici, da quello del Prodotto interno lordo, a quello della durala media della vita dicono che le mura del Cremlino non fanno più paura a nessuno. I simboli del potere messi in scena ieri erano stati disegnati personalmente da Eltsin uno ad uno con una cura quasi maniacale