Guerrieri democratici

Guerrieri democratici Guerrieri democratici LJ ETNOGRAFO tedesco Leo Frobenius, uno dei primi studiosi dell'Africa, rimase stupito del�la ricchezza culturale che si celava tra i monti dell'Atakora, nel Benin setten�trionale, che formano lo spartiacque tra il bacino del Volta e quello del Niger. Cos�infatti descrisse quella regione: «La catena di montagne che a nord-est, sotto il nome di Atakora, va fino al Niger e a sud-ovest ai spinge fino al manj in Costa d'Oro, nasconde tesori archeologici in grande abbon�danza e se dovremo fare dell'etnogra�fia dei paesi di costa e dell'interno dell'ovest africano, questa regione fornirà documenti etnografici la cui classificazione avrà un valore fonda�mentale per questo lavoro». La mostra etnografica, proposta allo spazio San Filippo per «L'Africa che verrà», intende portare a cono�scenza del pubblico questo territorio, il cui nome significa appunto «la grande montagna», attraverso gli oc�chi di una piccola popolazione locale, i Tangba: testi, immagini e oggetti raccontano la storia e la struttura sociale di questo piccolo popolo, che ancora oggi mantiene vive molte delle sue tradizioni, pur coinvolto nei pro�cessi di trasformazione che attraver�sano l'intero continente africano. Seppur poco significativo sul piano numerico (35 mila individui circa) questo gruppo rappresenta ima ric�chezza per le vicende storiche che ne hanno visto la formazione e le succes�sive trasformazioni. I Tangba, il cui nome significa «guerrieri» sono infat�ti il prodotto di un lungo processo di emigrazioni, fughe, commerci, inva�sioni, che hanno modificato il panora�ma dell'Atakora rendendolo sempre più simile a un cielo nuvoloso, dove ogni formazione ha confini incerti ed estremamente modificabili. La mag�gior parte delle famiglie che oggi abitano questi villaggi è straniera, viene da lontano. Sono in gran parte i discendenti di coloro che raggiunsero questi monti per sfuggire alle razzie dei cacciatori di schiavi nella seconda metà del XVIII secolo. Il caso dei Tangba mette in luce processi di fusione e adattamento che speso vengono ignorati nel caso dell' Africa, la cui immagine soffre spesso di archetipi che disegnano popoli ingessati in una «tradizione» inunobilizzatrice, priva di possibihtà di movi�mento o trasformazione, quindi priva di storia. I Tangba smentiscono que�sta immagine, proponendone invece una caratterizzata da un estremo dinamismo e da lunghi processi di negoziazione poUtica che hanno dato vita a un sistema (capi stranieri, capi della terra, sacerdoti della terra, clas�si d'età) più che mai dinamico, demo�cratico e dialettico. I villaggi tangba sono arroccati sulle colline. Nella stagione delle piog�ge, quando la vegetazione è più alta, diventano invisibili dal basso. La prima impressione che si prova pas�seggiando tra le abitazioni, è di abban�dono. Sembra di camminare in mezzo a un mucchio di conchighe vuote: case semidiroccate, tetti crollati, mu�retti che si sgretolano. 1 sentieri che attraversano gli abitati erano a volte invasi dall'erba alta. Solo i capi, gli specialisti rituali e pochi anziani, con le loro famiglie, abitano permanente�mente questi centri. Gli altri, i giovani abitano nella pianura sottostante, ma in ogni occasione cerimoniale (funerali, matrimoni, riti di passaggio) ritor�nano sulle colline, il «luogo di tutte le cose». Come molte altre popolazioni dell'Africa contemporanea i Tangba vivono la tensione tra la tradizione e la modernizzazione che avanza, e proprio attraverso questa duplice chiave di lettura si è cercato di raccon�tare la loro storia di ieri e di oggi. Una storia che può diventare emblemati�ca, perché, come ha detto l'antropolo�go CUfford Geertz: «Vedere il cielo in un granello di sabbia, non è un trucco che solo i poeti possono fare». Marco Alme

Persone citate: Geertz, Leo Fro

Luoghi citati: Africa, Benin, Niger