Nell'esilio dell'Elba c'è chi spia Napoleone

Nell'esilio dell'Elba c'è chi spia Napoleone Nell'esilio dell'Elba c'è chi spia Napoleone L condottiero e il filosofo, l'eroe e il borghese, l'imperato�re e l'oscuro studioso di provin�cia. Sono gli antagonisti ideali di un romanzo di Ernesto Ferrerò, dove il primo termine di confronto ha la statura di un personaggio storico come Napoleone Bonapar�te. Il libro si intitola «N.», e cosi Lui verrà sempre designalo. Ma quella lettera, che negli anni del trionfo compare inghirlandala di alloro nei monumenti e negli atti ufficiali, quasi sigillo di sovruma�na unicità, sembra ora appassita, alluiierejiilwtiino ó un dimezzato N.N, («Nullius Nonunis»). Perché il romane» accosta un Napoleoqjj rimpicciòlilo dall'effimero regno' ed esilio nell'isola d'Elba. Testimo�ne di quei trecento giorni e Marti�no Acquabona che nelle imprese del Corso ha trovato un solido terreno di studi, concimalo dal�l'odio per il tiranno, il mostro, il beccaio. Prova «Sgomento e furo�re: non tanto e non solo per Lui, per le sue imprese assassine, quan�to per le moltitudini adoranti che lo chiamavano Eroe, che correva�no a uccidere e si facevano uccide�re nel suo nome: per la tonnara in cui aveva trasformato l'Europa». Ed ecco che la sorte lo ha portato a incontrare in carne e ossa l'idolo aborrito, iniroducendolo nella sua familiarità, fatta di condiscenden�za e alterigia. L'Imperatore lo ha scello infatti come suo biblioteca�rio e questo gli consente di spiarne i comportamenti privali, di intuir�ne le mosse. Di raffigurarlo e studiarlo in un diario. Ferrerò sa utilizzare con mano maestra la copiosa documentazione preliminare, ani�mare il racconto con le risorse di una scrit�tura temprata dai suoi esercizi di tradut�tore e lessicografo (guardate come si con�cede, appena può, fil�ze di gustosi, [xipolareschi sinonimi). Sa aprirsi alla festo�sità figurativa delle uniformi mili�tari 0 alle trasparenze di un paesag�gio amalo, al calore del sentimen�to e al dislacco della massima morale. Il romanzo ci introduce jiel micrpcosujp isolano pescalo.; ri, contadini, minatori, notabili che reagisce alia presenza dell'illu�stre ospite con testarde e astute resistenze, moderati entusiasmi, piccole vanaglorie. E veniamo a conoscere la Corte dell'Imperato�re, i generali che non hanno tradi to (Heitrand, Druot, Cambronne), la servila devota, le dame capric�ciose, i sempre pronti grognards. N. mostra di impegnarsi scrupo�losamente nel governo del regno: lo percorre palmo a palmo, provve�di; a sfruttarne le risorse con criteri moderni, si preoccupa del�l'igiene pubblica, apre nuove stra�de. Registra con implacabile fisca�lità successi e ritardi, entrale e uscite. Si compiace dell'omaggio degli inglesi, che vedono nel gran�de sconfitto una ineguagliabile attrazione turistica. Accoglie con scettica degnazione i patrii iti italia�ni che attendono da lui il riscatto nazionale. Perfino i bust i di gesso, la paccottiglia con la sua effigie che da Livorno invade l'Italia sono l'indizio di una appagante popola�rità. Ma al di la delle apparenze c'è in lui un pensiero fisso La minu�scola Elba è poco piii di una carta topografica sulla quale esercitarsi per futuri, più appropriati cimen�ti. Sogna di sciogliere le vele, di RECENLoreMo IONE zo do tornare in Plancia e irrompere nei camp�d'Europa, verso l'in�consapevole appunta�mento di Waterloo. Queste intenzioni non sfuggono ad Ac�quabona, che si sco�pre uittavia preso dal�la sua (malefica?) fascinazione: è l'instancabile dispendio di sé, la capacità di incidere durevolmente sulle cose, la devozione slessa che sa suscitare (non diversamente dal Manzoni del «5 Maggio», il bihlioleciuiu.sente di Irpvarsi davanli"d un «yom fatale)»!. E lo commuovono a tratti i segni, dissi�mulati, di una incipiente, fraterna vecchiezza. Per riscuotersi, deve richiamare alla mente gli innume�revoli uomini sacrificati alla sua mania di grandezza, la crudeltà contro chi ha tentato di attraver�sargli la strada. Si prepara perfino a ucciderlo, per troncali' il suo volo rapace, impedirgli di nuocere ancora. Misura tuttavia la propria inadeguatezza, la disparita di un «uomo di carta» rispello a un uomo d'azione che ha il coraggio ila protervia?) di giocare a braccio di ferro con la Storia. Finisce anzi per accorgerei che soltanto Napole�one e riuscii.o a offrire un argomen�to degno, per il bene e per il male, alla sua scrittura, strappandolo ai vani ozi, alle frustrazioni d�un letterato minimo. Quel groviglio di miserie e nobiltà ha dato un senso alla sua vita, iia affilato il suo giudizio sul mondo. E' l'autore stesso che, attraverso il biblioteca�rio, attraverso l'immaginazione fabulatrice, spara e fa grazia a N. Guidato da uno sguardo largo su uomini e tempi, da una meditazio�ne accorala e ironicamente disin�cantata sull'arena degli umani de�stini. Nel romanzo «N.», uno sguardo largo su uomini e tempi, Ernesto Ferrerò accosta un personaggio rimpicciolito dall'effimero regno e dall'esilio Testimone di quei trecento giorni è Martino Acquabona, scelto dall'Imperatore come bibliotecario RECENSIONE Lorenzo Mondo Ernesto Ferrerò pubblica da Einaudi «N.», un romanzo storico che rievoca i trecento giorni dell'esilio di Napoleone all'isola d'Elba ^ ,o' 4* 0-0 EmestoFeireioN. Einaudi, pp 312. L 32.000 ROMANZO

Persone citate: Einaudi, Ernesto Ferrerò, Lorenzo Mondo Ernesto, Manzoni, Marti, Martino Acquabona, Napoleone Bonapar

Luoghi citati: Europa, Italia, Livorno