II pendolo dietro le sbarre di Francesco La Licata

II pendolo dietro le sbarre UNA DIFFICILE GESTIONE II pendolo dietro le sbarre Tra permissivismo e Santa Inquisizione la storia Francesco La Licata ROMA Cjf E chi dici' che il carcere è * galera, a mo mi .sembra una vfllQggiatura», cosi, quasi a voler lanciare una sfida sfrontata al giudice che lo sta por condannare, canUi il malioso palermitano in una famosa ballata popolare, V. in questa frase può esser racchiusa tutta la ri iprosentaziono dalla grande cUfficolta insita nella (pmtidiana gestio�ne del rapporto tra lo istituzioni giudiziarie e il «cittadino che sba�glia». Sul terreno della carcerazione. Infatti, si è gi(x:ata tradizionalmente (ed ancora oggi si gioca) una partita deU;niiiiiaiiU! tra Stato e crimine. La stessa storia delle organizzazioni ma' lavitoee, le contraddizioni tra la pri�vazione della libertà e il diritto ad un li attamento dignitoso, le scolto straUigidie delle malie prevalentemente rivolle ad una sorta di patto non esplicito sul carcera, rappresentano penettamente i pericoli di un «pendolo» the ha sempn; oscillato tra i due eccessi: il permissivismo e l'ac�canimento da Santi» Inquisizione. Per unni il carcere è stato una pacchia. Almeno per i detenuti che (ricchi, potenti o mafiosi) avevano accesso a privilegi impensabili. Nell'immaginario collettivo siciliano, per esempio, il vecchio carcere borIxmico dell'Ucciardone ò stato assi�milalo ad una sorta di Grand Hotel dove tutto era possibile. Si favoleg�gia di agenU che portavano al cine�ma detenuti «selezionati» sulla paro�la d'onoro. Un film in un cinema vero in cambio della promessa di non evasione e, ovviamente, di qual�che cifra per arrotondare. Si parla ancora di testo e tavolate, gentilmen�te concesse dai direttori éss\ tempo, a base di aragoste o champagne. Si chiacchiera senza prave, per carità di donnine che alleviavano lo tristi serate dei boss di (tosa Nostra. Non c'è da st upirai, dunque, se all'Ucciar(lone vigeva il ferreo divieto allo evasioni o peggio allo manifesuizioni di iasuliordinazionu o di violen�za. Tranne che questo non fossero diretUimente ispirate dalla mafia. Ed è comprensibile che, in quel jeriodo tuttavia non ln)p|«) iintico, l'attenzione benevola di Cosa Nostra fosse rivolta prevalentemente ad una categoria di magistrati, poco conosciuta ma altnmento strategica: i giudici di sorveglianza, cioè quelli che potevano rendere sopportabili) una detenzione che i maliosi del tempo sopportavano conio una me�dicina necessaria. Kcco un esempio lampante di come un carcero ad allo rischio come l'Ucciardone possa essere gestito col metodo della me�diazione permanente; permissivi�smo in cambio di una ferrea tranquil�lità. E ciuci direttori non potevano corto lamentarsi dell'ordine intomo. Poi arrivò il '92 con lo stragi mafioso. L'Ucciardone jierse la sua centralità e, di conseguenza, anche la caratteristica di Grand Hotel. An�zi, l'Ucriunlone si spopolò perchè i suoi inquilini furono dispersi su tut�to il territorio nazionale. Pianosa, Asinara, Spoleto, Ascoli, Cuneo: non v'é carcero che non abbia ospitato mafiosi ormai privi di «appeali por�che incatenati all'indomani della «svolta giastizialista» conseguenza delle stragi. Nello stesso momento, i penitenziari cominciavano a scop�piare [Kir via dell'incongruo rappor�to tra spazio e numero (li detenuti. Il carcere diventa emergenza, ma le strutture non si adeguano. La lotta alla mafia sottolinea la necessità di togliere ai mafiosi e ai eliminali in genere l'aura di impuni�tà, la detenzione differenziata (il famoso 41 bis) pensata per recidere il legamo tra i boss e le complicità esteme molte in moto il meccani�smo elio aprirà le porte al pentitismo di massa. Gli stessi investigatori par�lano di Pianosa e dell'Asinara comi; di «fabbriche di pentiti», alludendo alla durezza delle condizioni carcera�rie. Proprio gli agenti di custodia sardi divengono il oraccio di questa strategia repressiva. Si (anno risalire a quel periodo le origini di una «scelta d'ordine». I mafiosi non denunciano maltratta�menti perchè il loro codice non glielo permette, ma le notizie filtrano: il vecchio Bemardo Brasca (padre dei collaboratori Enzo e Giovanni) si sfoga coi parenti ma li obbliga a tacere, anche i familiari d�Michele Greco vengono a conoscenza di mal�trattamenti contro il vecchio boss. Nei comodi dèi palazzi di giustizia gli avvocati raccontano di vere e proprie torture. Verità? Invenzioni? Qualche traccia di procedimenti per maltrattamenti, anche se piccoli nu�meri, esiste: perquisizioni corporali troppo insistenti, visite nottumo nel�le celle, percosse, sputi nel cibo. Tutto questo è stato denunciato a Livorno, a Termini Imerese, a Napo�li. E a Piombino, lappa verso Piano�sa, le mogli dei detenuti costrette a mostrare persino gli assorbenti. A Tennini (dal '92 al '97) 34 agenti indagati per maltrattamenti, otto rinviati a giudizio. Da Spoleto una nota di protesta di delentuti eccellen�ti come i fratelli Graviano, da Caltan issetla il raccapricciante (ma quan�to autentico?) racconto di Enzo Scarantino che, ritrattando la sua con�fessione sidla strage di via D'Amelio, dice: «Mi portavano il minestrone col Guttolax e i santanicola (lo cocci�nelle ndr), e i vermi, quelli per anda�re a pesca... ». Quanto sembra distan�te il Grand Hotel dell' Ucciardone. Ma forse la storia di Sassari c'en�tra poco con tutto il resto. E' preferi�bile pensare ad una sorta di impazzi�mento di una «istituzione totale», come può essere un singolo carcere, col carico di condizionamenti am�bientali forti e le storie' private tra detenuti ed agenti di custodia. Altri�menti non si renderebbe giustizia a tutti quei servitori dello Stato che sono morti per non aver voluto cedere ne al permissivismo né al delirio sadico. U brigadiere della poli�zia penitenziaria Attilio Bonincontro, il brigadiere Burrafato del carcere dei Cavallacci a Tennini ucciso perchè non aveva ceduto alle richiesi? del boss Bagarella, l'agente Montalto falciato dalla mafia. Erano persone per bene, sono rimaste stri�tolate in questa tenaglia che racchiu�do due eccessi. Per anni l'Ucciardone è stato identificato come un Grand Hotel dove si favoleggiava di feste con aragoste, champagne e le «donnine» che alleviavano le serate dei boss Poi vennero le perquisizioni corporali troppo insistenti, sputi nel cibo, maltrattamenti ai vecchi mafiosi Neiriinimgiiwino collettivo siciliano il vecchio carcere dell'Ucciardone e stato assimilato ad una sorta di Grand Hotel dove tutto era possibile. Si favoleggia di agenti che portavano al cinema detenuti «selezionati" sulla parola d'onore. 'Iti I boss Michele Greco, detto «II papa

Luoghi citati: Livorno, Piombino, Roma, Santi, Sassari, Spoleto, Tennini, Termini Imerese