SUPER-FINALE CON MAAZEL di Leonardo Osella

SUPER-FINALE CON MAAZEL STAGIONERAI SUPER-FINALE CON MAAZEL Dirigerà al Lingotto il4e5 maggio la «Missa Solemnis» di Beethoven SE c'è ancora qualcuno che nutre dei dubbi sulla qualità dell'Orchestra Sinfonica Nazio�nale della Rai, provi a domandarsi perché una star del podio come Lorin Maazel Inellafoto) abbia ac�cettato di venire a Torino a diriger�la, in conclusione della stagione, in un impegnativo capolavoro come la «Missa Solemnis» di Beethoven. E' dal 1971 che il direttore americano (anche se è nato a Parigi) non sale sul podio torinese della Rai, con la sola eccezione del concerto straordi�nario a inviti che si tenne all'Audito�rium di piazza Rossaro subito dopo l'incendio alla Cappella della Sindo�ne. Ora il grande ritorno, al Lingot�to, gioved�4 maggio alle 20,30 e venerd�5 alle 21. Accanto a Maazel e all'orchestra ci saranno tre cantanti famosi co�me il soprano June Anderson, il mezzosoprano Ann Murray, il teno�re Steve Davislim e il basso Roberto Scandiuzzi, oltre al Coro della Ra�dio di Budapest. Bambino prodigio, Maazel dai 9 ai 15 anni dirigeva già le grandi orchestre americane; è stato a .v.po di prestigiosi complessi di livello mondiale, adesso è direttore musi�cale dell'Orchestra Sinfonica della Radio Bavarese. Un contributo no�tevole alla sua ampia notorietà ha dato la ripetuta partecipazione, una decina di volte, al Concerto di Capodanno in mondovisione diret�ta da Vienna, che nell'ultima edizio�ne è stato seguito da un miliardo di telespettatori. La «Solemnis» è tra le creazioni più complesse di Beethoven e prese fonna nell'arco di quattro anni, mentre intanto nascevano altri ma�gnifici lavori come la «Nona Sinfo�nia», le ultime sublimi Sonate per pianoforte, le «Variazioni Diabelli». Messa in cantiere con l'intenzione di farla eseguire per la nomina dell'Arciduca Rodolfo ad Arcivesco�vo di Olmùlz, in Moravia, nel mar�zo del 1820, richiese in realtà un impegno assai più prolungato e soltanto nell'aprile del 1824 venne presentata per la prima volta a San Pietroburgo. E' un lavoro molto particolare. che m effetti ha trovato pure criti�che severe oltre che gli ovvi consen�si che si debbono tributare a un capolavoro. In particolare c'è chi, come l'autorevolissimo Adorno, ha espresso alcune serie riserve per quanto riguarda l'invenzione dei temi e la loro elaborazione, osser�vandone l'elaborazione in base a «una somma di sezioni per lo piìi imitative». Al contrario, l'analisi di altri commentatori confuta simile conclusione, o almeno ne attenua la perentorietà. Il fatto è che qui Beethoven in un certo senso precor�re i tempi, affrontando il testo della Messa, come sottolinea Giovanni Carli Ballola, «non sulla base di forme a priori come quelle di Bach, Haydn e Cherubini, ma mediante ima minuta e attentissima puntua�lizzazione espressiva del testo sa�cro». La composizione della Messa fu preceduta da una ricerca, fatta in proprio o affidata a collaboratori, su lavori antichi. Beethoven di suo ci mise tutta la sua personalità, intrisa di illuminisino e ricca di ammirazione per la libertà od il progresso piuttosto che incline alla frequentazione religiosa. Ma c'è anche chi vi lui visto curiosamente l'esatto opposto, corno Alberto Savinio che accusa il «copernicano» Beethoven di essere caduto con la «Missa Solemnis» nella sorpassata pratica tolemaica: ossia di «ossero venuto a palli con la propria anima, col proprio cuore, con la propria coscienza». Lo proverebbe il ricorso a fughe e fugati che, sottolinea sempre con accento deluso Suvinio, «per il musicista a socco di ispirazio�ne sono altrettanti ripieghi». Rimane la realtà di una «Messa» da affrontare con la massima con�centrazione: frutto di elaborazione psicologica oltre che strettamente musicalo, essa trova il suo momen�to più alto nel .'Sanctus Benedictus», con il sublime assolo di violino che fiorisce attorno all'edifìcio voca�le e strumentalo (per l'occasione, lo eseguirà come «spalla» Alessandro Milani). Leonardo Osella

Luoghi citati: Budapest, Parigi, San Pietroburgo, Torino, Vienna