La morte di Claudio, due famiglie contro

La morte di Claudio, due famiglie contro ARRESTI E INDIGNAZIONE La morte di Claudio, due famiglie contro I genitori del giovane maniaco portati in una località segreta reportage Brunella Giovara inviata a COMO Pil giorno della rabbia ne�ra. Degli insulti, della voglia di vendetta. Delle lacrime di rancore. «Stronza, tu lo sapevi, tu sapevi tutto». Una donna si affaccia dal balcone e urla contro un'altra donna che cerca di salire su un furgone dei carabinieri e scappare via, lonta�no da questo cortile dove fino a marted�un bambino giocava felice con il suo pallone. Claudio non è più qui. Tutti sanno dov'è adesso, e il pensiero è di quelli che fanno stare trop�po male. Disteso sul tavolo del�l'autopsia, «lo stanno facendo a pezzi, come se non bastasse quello che ha già passato, pove�ro bambino». Lo sanno i genito�ri, chiusi nell'appartamento del primo piano. Lo sanno padre e madre del ragazzo che ha ucci�so, su al terzo piano. Serrande abbassate, porta sprangata, en�trano solo i carabinieri. Fuori, gli amici, i parenti degli Hoxha, i conoscenti arriva�ti da Milano, Treviso, Brescia, dalle città del Nord dove hanno trovato lavoro, richiamati «dal�l'orribile notizia», schierati da�vanti a casa, facce scure, i vestiti della festa, «siamo venu�ti qui a dare la nostra solidarie�tà, a soffrire insieme ai nostri connazionali». Entrano in casa, abbracciano Anila, una mamma che non sta neanche più dritta in piedi dalla stanchezza e dalla tensione. E Sami, un padre che tiene stretta la figlia più piccola e le piange nei capelli. Disperato, ma que�sto non basta per spiegare la faccia che ha. Dice «io non voglio vendetta. Ma giustizia sì. La vendetta non mi restituisce il mio bambino». Fuori c'è voglia di un'altra giustizia. Legge del taglione, in Albania si chiama «kanun». Tu mi uccidi un figlio, io ti uccido un figlio. Dice Eli, cugino degli Hohxa, che il ragazzo assassino «farebbe meglio a uccidersi da solo. Perché prima o poi uscirà dalla galera, e di sicuro tornerà a uccidere bambini. Allora, è meglio eliminarlo subito». La logica del taglione unisce albanesi e italiani, almeno in questo cortile di Mariano Comense, almeno nel momento in cui i carabinieri portano via la famiglia dell'assassino. Padre, madre e fratelli, caricati su co�me pentiti di mafia e portati «in un uogo sicuro» per decisione del magistrato. Nessuno pensa a frenare la rabbia dei parenti del morto, si spalancano le finestre, loro esco�no e gridano «sapevi tutto, ci dicevi che era nel bosco, di cercarlo lì. Venivi qui in casa e urlavi come una pazza: nel bo�sco, nel bosco...». Un uomo porta via la ragazza che grida più degli altri e richiu�de la finestra, tira giù la tappa�rella, il dolore degli Hoxha non va messo in piazza. I carabinieri chiudono il portellone e se ne vanno a sirene spiegate. A nome del cortile, parla la signora Ti�na: «Ha fatto bene a dirle quelle cose. Ha fatto bene... Ci vorreb�be la pena di mortei. Un albanese che lavora in un mobilificio di Cantù ragiona: «Se la situazione fosse rovescia�ta, se ad uccidere un bambino italiano fosse stato un ragazzo albanese, allora qui tutti chiede�rebbero la forca». Ma la forca qui la vorrebbero anche i vicini di casa, quelli che fino all'altro ieri giuravano che non era possibile, che non era stato lui, che il ragazzo del terzo piano se ne era andato in motori�no, e Claudio l'aveva preso «un estraneo, non uno di noi». Era «uno di noi», invece. Uno che scampa il carcere vero grazie ai suoi 17 anni e 9 mesi, uno che mette a verbale «non volevo ucciderlo, volevo solo toccarlo un po'. L'ho toccato, ma lui è scappato, allora l'ho rincorso, l'ho preso e l'ho stretto al collo. Claudio è andato giù». Il cortile si interroga: «L'ha anche violentato, quel porco?». «Si è almeno pentito, il bastar�do?». Ma davanti al magistrato, il ragazzo non ha mai detto «mi spiace». Ha detto di soffrire molto, di essere «preoccupato per la mia famiglia, mia mam�ma soprattutto, che ha sempre sofferto tanto. E anche per gli "albanesi"». Non sa della gogna subita dalla mamma, quelle grida di «stronza» che si è sentita tirare dietro. Non ha visto la faccia di suo padre che spiava dalla fine�stra: un gruppone di albanesi appoggiati alle macchine, a di�scutere, fumare, maledire gli italiani e dichiarare «al nostro Paese il ragazzo sarebbe già morto». Il ragazzo se ne sta al Becca�ria di Milano, carcere minorile. «Ho fatto un atto terribile e non avrei voluto. Ho distrutto la vita di questo bambino, dei suoi genitori e dei miei genitori. E anch'io sono già morto». E' pre�occupato per il suo futuro. Alla fine dell'interrogatorio ha chie�sto al suo avvocato «quanta tempo dovrà stare dentro. A vita? Tutta la vita?». Franco Albini, che ne ha viste di lutti i colori ma come questa no, gli ha risposto che probabilmente usci�rà, tra qualche anno, e potrà rifarsi una vita. Forse. Ma non qui a" Mariano Comense. Non qui dove si gioca�va a pallone tutti insieme, e si mangiava l'uovo di Pasqua da�vanti alla nicchia della Madon�na, nel giardinetto. Italiani e albanesi insieme. Tutti operai, muratori e manovali, stesso sti�pendio basso, stessi problemi, stessa casa popolare con i muri scrostati, uguali per tutti. «Italiani razzisti», urla un parente degli Hoxha, «in Alba�nia noi facciamo di tutto, ma non uccidiamo i bambini». Nes�suno risponde. «Arriva il bambino!». La gen�te si accalca, passano i carabinie�ri, passa il carro funebre, ia gente si scansa e si ricompatta dietro, vuole vedere, toccare, portare un fiore, «vedere la mamma», «vedere il bambino». Aprono, tirano fuori un piccolo cofano bianco. Dentro «c'è Claudio», e tutti vogliono portarlo in casa. Gli albanesi con la giacca scura e il fazzoletto al taschino si passano la bara, che è piccola e leggera, non servo tanta gente per portar�la. Anila urla, vuole morire, «vo�glio il mio bambino». I parenti arrivati da Kovaje la tengono su, le fanno salire i cinque scalini, la fanno sedere. La piccola bara viene posata sul tavolo, comin�cia la veglia musulmana per un bambino che andava all'asilo dalle suore e seguiva il catechi�smo. Entrano solo gli albanesi, riconosciuti uno per uno alla porta da un parente Hoxha. Ordinati in fila, gli altri aspet�tano il turno, fumano e parlano piano. Sul balcone, un mazzo di fiori gialli infilato tra le sbarre della ringhiera. Margherite, «non rose o chissà che fiori da signori», singhiozza una ragaz�za che abita nella palazzina. Fiori da poveri per Claudio Ho�xha, che era un bambino pove�ro. Il papà: non voglio vendetta cerco giustizia Ma contro il ragazzo che ha confessato c'è il codice d'onore albanese Applausi quando è arrivata la bara. L'assassino dal carcere: «Quello che ho fatto è terribile, anch'io sono già morto» Amici e parenti della famiglia Hoxha portano a spalle la bara del piccolo Claudio ADESCAVA GLI ALLIEVI. Un architetto di 52 anni, docente dell'Istituto d'arte di Sassari, è stato arrestato dai carabinieri, travestiti da pastori, mentre si trovava nelle campagne di Sillgo (Sassari) con un ragazzo di 16 anni al quale avrebbe chiesto di avere un rapporto sessuale per evitare di essere bocciato a scuola. Il professore. G.B., originario di Ittiri, era pedinato dai carabinieri di Sìligo ormai da due mesi. «SCHEDARE I COLPEVOLI... Creare una banca dati in cui registrare i colpevoli di abusi sessuali sui minori: associare alla pena l'obbligo di una terapia medica sociale, eventualmente prolungando anche la detenzione preventiva, o del ricovero permanente in cliniche psichiatriche. Sono queste le misure che il responsabile di An per le Politiche della famiglia. Riccardo Pedrizzi. suggerisce per arginare il «ripugnante» fenomeno della pedofilia. «DUE TRAGEDIE IN UNA». «La vicenda del pìccolo Claudio racchiude due tragedie in una: quella della morte del bambino e l'altra del ragazzo che lo ha ucciso». Di questa storia Livia Turco, prima che da ministro, parla da madre. Racconta che l'ha colpita profondamente e. dice di voler dedicare un pensiero ai genitori del piccolo Claudio, «per .esprimere loro la mia vicinanza e solidarietà per un dolore enorme». «PIETÀ* PER L'ASSASSINO.. Merita pietà ancl^e il giovi ie assassino di Claudio. Lo dice l'Osservatore Rornano. per il quale si tratta di «un delitto orribile, che cela anche il dramma di un ragazzo divenuto assassino a I 7 anni». Per il giornale vaticano anche l'uso della parola «pedofilo» «sembra essere essa stessa una distorsione, se riferita a un diciassettene che avrebbe potuto essere egli stesso vittima di abusi» lOSsFRWTORK ROMWO I