Quanto conta la bellezza di Filippo Ceccarelli

Quanto conta la bellezza F2 Jk Quanto conta la bellezza Filippo Ceccarelli ATTENZIONE al voto neUe Marche: il più esteticamente elettorale e il più elettoral�mente estetico. E non è (solo) un gioco di parole perché soprattutto qui, a conferma delle varie e anche inedite potenzialità che offre la democrazia rappresentativa, le ele�zioni sono pure servile a indicare, anzi a premiare per quanto anco�ra senza apposita fascia «Mister Regione», dunque il più bello tra i due sfidanti alla presidenza. Ha vinto Vito D'Ambrosio. Ha perso, nel senso crudele che è risul�tato meno bello, Maurizio Bertuc�ci. Ma quest'ultima caratteristica, risultando l'appartenenza ormai re�siduale rispetto all'avvenenza, è ormai quasi del tutto secondaria. A suo modo consolante è che abbiano dato il via loro, i candidati, al torneo di bellezza. O meglio, a cominciare è slato (proprio?) Ber�tucci, dicendo più o meno che era più bello lui, come si vedeva anche I nel ^naxi-postlf', di una bellezza addirittura invidiabile, e che il suo il sorriso gli avrebbe attuato il voto femminile. Come Gertrude nei Pro�messi sposi, D'Ambrosio, che «per altro» 1 Unità ha voluto qualificare «un bell'uomo cinquantenne», sventuratamente rispose. Adesso diranno che era tutto un gioco, sul filo dell'ironia, e cos�via. Ma la campagna elettorale s'è aperta in realtà con la selvaggia dieta dimagrante di Francesco Sto�race; e s'è chiusa con Berlusconi che è ritornato sul fatto che lui, assolutamente, non porla scarpe con lacchi nascosti, né si increma più del necessario, giusto un po' di «anti-lucido» da tv, «che lo usano lutti»; mentre D'Alema ha rinverdi�to in extremis la storia dei baffi: me li taglio, no, non me li taglio, l'unica che può decidere è mia moglie... Insomma, inutile negarlo: sia pure sotto il paravento dell'immagi�ne, del look, deirintrattemmento e di quant'altro le agenzie di consu�lenza elettorale riescono a pianifi�care, anche con successo, la bellez�za, inlesa come virtù persuasiva, toma senz'altro ad essere un fatto�re che influenza la battaglia polìti�ca se d�battaglia ancora si tratta. Come e quanto la condizioni è già più difficile stabilirlo. Vero è che da tempo la televisione ha restituito potere e visibilità al cor�po e al volto dei protagonisti e degli aspiranti-protagonisti, mahon esi�stono parametri certi. L'unico, in fondo, consiste nel verificare nelle prossime ore il consenso, o se si preferisce successo elettorale otte�nuto dai singoli candidali belloni e dalle singole candidale bellone che in quest'ultiaia campagna si sono manifestati sui muri delle città nel loro più sedutlivo aspetto, e anche in pose severamente giudicate «am�miccanti», come ha notato l'onore�vole Marella Secca; o comunque «più adatte al genere spot secondo la presidente della Commissione Pan Opportunità Silvia Costa per la vendita di prodotti d�altri gene�re». Un minimo di verifica andrà dunque fatta, a partire dall'onni�presente e bella forzìtalista roma�na Monica Ciccolinì. E tuttavia il vero mistero, che nessuna intuizio�ne empirica, né alcuna indicazione metodologica sembrano al momen�to capaci di chiarire pienamente, è perché, nel giro tutto sommato di pochi anni, la vita pubblica italiana abbia rovesciato in modo cos�netto i propri interessi dai bruiti ai belli. Se nella Prima Repubblica, con appendice prolungala alla transi�zione, l'aspetto fisico e il clima ferrigno inesorabilmente condan�navano i Lupis, i Pietro bongo, le Teresa Noce, arrivando a lambire il «rospo» Dìni, ora si parla in pratica solo delle Melandri, delle Prestigiacomo, del radicale fotogenico e occhìoceruleo Cappato, di Casini brizzolato e di Alfio Marchini. Ma non c'è più sentimento (signora mia). E alla lunga, il concorso di bellezza non emoziona più.

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