Senza le portinaie il mondo sarebbe più triste di Gianfranco Marrone

Senza le portinaie il mondo sarebbe più triste Senza le portinaie il mondo sarebbe più triste RECENSIONEGianfranco Marrone LA scena si svolge in un'oscura stanza d'albergo: dopo aver legato al letto una fanciulla, un tizio travestito da Batman sale sull'armadio e le si getta addosso per concupirla; preso dalla foga erotica, l'uomo-uccello manca il ber�saglio e finisce a terra con una ?amba rotta. Storia vera? Nessuno lo saprà mai. L'unica cosa certa è che si tratta di una diceria circolata a Siena alcuni anni fa, ampiamente ripresa da giornali e tv: sebbene palesemente improbabile, la voce diffondendosi s'è inverata. Ma il problema non è questo: che i pette�golezzi finiscano per diventare sto�ria è cosa risaputa; più interessante è semmai che questa banale storiel�la sia l'ennesima variante di un vero e proprio «motivo» folklorico intemazionale, di una specie di leggenda da villaggio globale che in termini analoghi è circolata pratica�mente nell'intero pianeta (c'è persi�no un sito Web che la riprende). Strano destino, quello del pette�golezzo: passa di bocca in bocca con malsicura fermezza, nessuno se ne fa carico ma tutti contribuiscono a farlo circolare, ben pochi sono dispo�sti a credervi sebbene molti si diver�tano ad ascoltarlo e prontamente ripeterlo. E poi, a ben pensarci, mica si tratta sempre di comari o di portinaie: gran parte degli universi della finanza e della politic;i, per citare solo due esempi, si fonda sul sentito dire, sulle'vóci e sui «nimo'ri» che si propagano senza responsa�bilità e senza rémWeVlnfluèdzàndó i comportamenti più che concreti della Borsa o del Parlamento. Per non parlare dei mozzi di comunica�zione di massa, anch'essi pronti ad attingere idee e contenuti dal pruri�ginoso serbatoio della diceria, salvo poi rilanciarli a dismisura, come nel caso del Batman senese, senza alcu�na forma di verifica. E anche in quel mondo ipertecnologico e ipercaotico che è Internet, il pettegolezzo è di casa, se non addirittura la norma. D pettegolezzo, potremmo dire, ha un che di virale: si insinua dovunque e permea i corpi sociali più diversi e più inaspettati, intac�candoli nel profondo: potrebbe esi�stere l'università senza le sue dice�rie inteme? Non è un caso, allora, come ben mostra il libro di Sergio Benvenuto, Dicerie e pettegolezzi, che su questo argomento apparentemente frivolo si siano esercitate schiere di studio�si, dai filosofi ai sociologi, dagli psicologi ai linguisti, dagli storici ai semiologi. E non è nemmeno un caso che ognuno di essi abbia dato del pettegolezzo un'interpretazione molto diversa. Se per un filosofo come Heidegger la chiacchiera è l'emblema della conoscenza inau�tentica, per gli psicologi statuniten�si degli Anni 40 esso costituiva un pericoloso focolaio del «disfatti�smo» antibeUico (circolava voce che i giapponesi avrebbero attaccato). Ma oggi le cose sembrano essere cambiate, e la valutazione negativa del pettegolezzo viene da più parti fortemente ridimensionata. E' chia�ro cioè che la diceria non va intesa come un appiattimento e una defor�mazione della verità, bens�come una sua amplificazione che fa leva su sentimenti e desideri il più delle volte inconsci: «Ripetendo la dice�ria scrive Benvenuto -, esprimo qualcosa che mi fa piacere credere o pensare, ma eliminando da questo qualcosa il sigillo della mia soggetti�vità: sono altri a dirlo, si tratta di un'informazione che io graziosa�mente trasmetto ad altri», così, «la diceria si incarica di esprimere un lato sinistro, oscuro, irrappresenta�bile, dei desideri e delle credenze della gente». La parola «pettegolez�zo», sostiene qualcuno, viene da «peto». Se lo psicologo si pone oggi il problema dell'origine profonda dei contenuti apparentemente stupidi del pettegolezzo, il semiologo si interroga invece^ sui suoi effetti comumeativi e sociali. Lo indica molto chiaramente il numero della rivista «Versus» diretta da Umheìib Eco, dedicato appunto a Voci e rumori (dal quale Benvenuto attin�ge parecchio): la diceria, scrive Pao�lo Fabbri nel saggio introduttivo, è «un problema capitale della comuni�cazione» perché funziona come la Matta delle carte da gioco; sia che alimenti i conilitti sia che produca la coesione sociale, in ogni caso quel che conta è che la voce funzioni, che faciliti dunque diversi possibili tipi di contatto tra la gente. Più che chiedersi di che cosa parla il pettego�lezzo, è bene andare a guardare tra chi circola, che genere di persone, grazie a esso, entrano in un qualche contatto tra loro. Da qui un cauto elogio della portinaia: dal suo gobbiotto metafisico essa media tra l'interno del palazzo e il mondo di fuori, ma soprattutto permette ai condomini di conoscersi senza fre�quentarsi, favorendo contatti uma�ni già caricati di senso. Senza i portinai, il mondo sarebbe certa�mente più triste: ma chi proteggerà questa specie in estinzione? Rivalutazione e cauto elogio del pettegolezzo, un tema che coinvolge psicologi e linguisti: come la Matta nei giochi di carte, facilita i contatti e gli scambi tra le persone Sergio Benvenuto Dicerie e pettegolezzi.//MoWno.pp. 154. L. 18.000 P. Fabbri e I, PezziniVoci e rumori, «Versus» n. 79,Bompiani, pp, 158, L. 15,000 SAGGI

Persone citate: Eco, Heidegger, Sergio Benvenuto

Luoghi citati: Siena