Chi ha paura di entrare nella vecchiaia non sa quali tesori può ancora scoprire di Augusto Romano

Chi ha paura di entrare nella vecchiaia non sa quali tesori può ancora scoprire Chi ha paura di entrare nella vecchiaia non sa quali tesori può ancora scoprire CIIK cosa abbiamo fatto per�ché la punizione sia quella di essere un oggetto finito in un mondo infinito? Claude Olie�venstein, psichiatra ma in questo caso soprattutto uomo che s�inter�roga alle soglie della vecchiaia, ci ollVe questa domanda, che suona come una lamentazione biblica. Il suo tono, tragico e disperalo, impregii,i di sé il libro intero, nel quale sebbene non manchino accenti con�solatori sembra prevalere una visione appassionatamente negati�va di quell estremi) protendersi del�la vita nel mare inco�gnito dell'aldilà. La scoperta della wccliia ia non e una ricerca scientifica né un'ordi�nata esposizione dei l'allori che definiscono quella età della vita; tanto meno una apolo�gia della vecchiaia e delle sue virtù, secondo il modello classica. Il contribiilo di Olievenstein si situa piut�tosto sul versante della confessione fortemente emotiva, come e confer�malo anche dalla scrittura risentila e un po' convulsa e dall'affanno con cui l'autore accumula, a volle disordihatamente, la sue osservazioni e poi le varia e le riprende, in un movimento circolare che mima il panico di chi è attratto dn un gorgo, dal volto di Medusa che lo impietri�rà. La vecchiaia, nolla esperienza di Olievenstein, è un abisso che quasi sempre sconfigge le nostre iwsstbilìtà di resistenza e di adattamento. Il meglio del libro, la sua fascina�zione e U turbamento che provoca, sta nei dettagli, nella minuziosa descrizione di una discesa inarre�stabile, malgrado i tentativi di tlissimulazione (le creme, i rossetti delle vecchie...), Olievenstein non disde�gna i colori acidi di una fisiognomiRECENAugRom IONE sto no ca barocca: la «bruttez�za che invade il corpo nella fase del declino e segna profondamente il viso, fa pendere il mento, scava le orbite, assottiglia le labbra a forza di cattiveria». Queste immagini di de�cadenza sono l'equivalente visivo di una decadenza ben più vasta: perdila di energie fisiche, di status sociale, di capacità competitiva; vuoti di memoria; emarginazione, esclusione, solitudine, inutilità. Co�mo in certi racconti dell'orrore, Olievenstein applica la tecnica del «crescendo»; le prime avvisaglie, quasi impercettibili (il quaranten�ni; che si accorge di non riuscire più a fare le scale di corsa...), e poi, a valanga, il disgregarsi delle forme che ci contenevano, sotto gli sguar�di di stii]X)re, sufficienza, insoffe�renza, costernazione, pietà di quelli che ci circondano. I tentativi di reazione: negare tutto facendo fin�ta di niente; iniziare una corsa vana e interminabile da un medico all'altro; ricorrere alla magia della ginnastica, della chirurgia, nella speranza di riacquistare l'amato potere di seduzione; l'irrigidirsi nel la difesa dei valori del passato; l'abbarbicarsi al potere (per chi ce l'ha), associato al cinismo di chi pensa che gli altri hanno con noi soltanto rapporti di interesse. Il tutto dentro un involucro depressi�vo, la cui aria stanca è ravvivata da sbuffi di angoscia, specie notturna. Le notti sono il laboratorio della vecchiaia, e rari sono coloro che amano la verità e vanno incontro alla morte. Ora, appare evidente che un cos�catturante (perché grandiosamente grottesco) epicedio è stato dettalo dalla voce del giovane che non vuole invecchiare, che non vuole rompere il patto che lo lega a un idoale di bellezza, capacità, efficien�za. Olievenstein, nel profondo, sta da ciucila parte, e questo lo distin�gue, tra lo altre cose, dalla compo�stezza riflessiva di Bobbio in De senectute. Ma giacché la vecchiaia non ò un dato ma un costrutto, ossa va per cosi dire preparata, attraver�so un costante tentativo di adeguar�si all'andamento naturale della esi�stenza umana, cosi simile al desti�no dell'eroe solare che contempla, dopo l'apogeo, il declino. Amare anche il declino, questa è la scom�messa della vita che vuole essere fedele al ca..±iamento che le è inerente. Altrimenti, resta solo l'an�goscia. Naturalmente, Olievenstein è troppo avvertito per non cogUere i valori della vecchiaia e dunque, seppure con un entusiasmo che non appare sempre genuino, indica quale lavoro sia richiesto per affron�tarla: esso consiste nel costruire un senso dentro ciò che sembra frutto del caso, sostituendo la necessità alla fatalità. Un compito un tempo assolto dalle grandi religioni, che non a caso Jung defin�come i più importanti sistemi di psicoterapia. La vecchiaia, situata su uno sfondo n.itico adeguato, rivela le sue grandi possibilità. Esse riguar�dano non solo la trasmissione del patrimonio culturale, per cui l'an�ziano ixirta il suo insostituibile contributo alla costruzione della memoria collettiva. Al di là di que�sto, la vecchiaia significa per molti la scoperta della liberta. Divenuto «inutile», il vecchio può scoprire un tempo più individuale, ad esempio imparando la lentezza ; può diventa�re più che in passato padrone delle proprie scelte, compiendo anche azioni che in un'altra età avrebbe censurato come imprudenti e inade�guate agli obblighi sociali; può di�ventare, con l'esperienza, più tolleranteienza; può chinarsi sulla pro�pria e sull'altrui vita con atteggia�mento di amore e di pietosa ironia. Anche la solitudine può essere vis�suta come recupero di uno spazio privato, in cui si è soli davanti all'indicibile. Se si riesce ad accetta�re il passare del tempo, si può vivere con tenerezza anche il rim�pianto e il dolore per le cose morte. Pagine poeticamente persuasive dedica Olievenstein al rapporto di complicità tra vecchi e bambini, o meglio tra il bambino e quell'altro bambino nascosto dentro un corpo di vecchio, uniti dal bisogno di provare meraviglia, che viene sod�disfatto quando l'innocenza riapre le porte dell'immaginazione. RECENSIONE Augusto Romano Claude Olievenstein La scoperta della vecchiaia Einaudi, pp. 150, L. 22.000 SAGGIO