«E' l'addio a un mondo che finisce »

«E' l'addio a un mondo che finisce » L'AWENTUIÀ DI PIAZZA OELLA SCAIA NEL RACCONTO DEL SEGRETARIO PRI «E' l'addio a un mondo che finisce » Giorgio La Malfa: mio padre, Mattioli egli altri intervista Phsriulgi Battista ONOREVOLE Giorgio La Malfa, cosa le evo�ca il nome della Ban�ca Commerciale Italiana? «Evoca la mia seconda casa. Mi fa ricordare la prima volta che, diciottenne, nel 1958, mi�si piede nella biblioteca della Comit a Milano, e fui accolto con la scritta "benvenuto Gior�gio" appesa al muro. Evoca rufficio studi diretto da mio padre Uro, la straordinaria figura di Raffaele Mattioli, l'intreccio irripetibile di affari e cultura, economia e politica, banca e impegno intellettuale. Naturalmente, la storia della Banca Commerciale è soprat�tutto quella della banca che ha favorito e accompagnato lo sviluppo industriale dell'Ita�lia. È la storia, se cos�si può dire, di un'istituzione italia�na. E ovviamente fa molta tristezza constatare, oggi, la sua ufficiale scomparsa». Scomparsa? Non un sempli�ce cambiamento? «No, scomparsa è il termine giusto. È il modo d'essere di ima banca a suo modo unica che finisce. È una fisionomia particolarissima di cui la Co�mit ha fatto storicamente una bandiera e che oggi cede da�vanti alle'logiche imperiose dell'internazionalizzazione Beninteso, alla fine dell'Otto�cento, la Banca Commerciale nasce con capitali tedeschi, porta con sé, direi genetica�mente, un carattere europeo e intemazionale. Ma era un'al�tra storia». In che consiste esattamen�te il carattere molto specia�le della Comit? «A pertire dagli anni Trenta, sotto la guida di Mattioli, la banca gioca un ruolo che va molto al di là delle caratteristi�che di una banca qualunque. Diventa subito un centro di resistenza al fascismo, un cro�cevia di culture. C'è l'incontro con la cultura di Benedetto Croce e del mondo liberale. Il dialogo aperto e senza com�plessi con il mondo dei comu�nisti italiani e non fa male ricordare che, attraverso Pie�ro Sraffa, fu nella cassaforte della Comit che vennero con�servati i "Quaderni del carce�re" di Antonio Gramsci. E poi la fucina dell'antifascismo de�mocratico che darà vita al Partito d'Azione. Fu questa iir-i-ironta di civiltà e di cultu�ra a fare della Comit di Mattio�li un unicum, un luogo dove passavano affari di grande rilievo e contemporaneamen�te ci si appassionava per la cura e la pubblicazione dei classici della collezione Ric�ciardi». Lei sa che queste caratteri�stiche hanno alimentato grandi leggende, special�mente in campo cattolico: la fortezza della finaniea «laica», il centro occulto dell'establishment politicobancario con pochi voti ma una grande influenza. «Si tratta di leggende, appun�to. Il fatto è che attraverso la Banca Commerciale trovava espressione quella borghesia che non approvava e non si sentiva a suo agio con la politica di occupazione del potere da parte dei partiti, portata avanti soprattutto dal�la Democrazia Cristiana». In un suo recente libro di ricordi, Ettore Bemabei, Srand commis del potere emocristiano, ha addirit�tura parlato di una spartizione tra «laici» e «cattoli�ci» in cui ai «laici» sarebbe stato concesso il monopo�lio sulla finanza e il mondo bancario. «Non è vero. Non c'è stata nessuna spartizione, figurar�si. Bemabei parla come un esponente di spicco del mon�do democristiano, e fanfaniano in particolare, che ha sem�pre visto come il fumo negli occhi l'autonomia gelosamen�te difesa dalla Banca Commer�ciale come simbolo dell'indi�sponibilità di un mondo libe�rale, non necessariamente "laico" in senso tradizionale, ad acconciarsi ai metodi di conquista dell'economia da parte della politica che trova�rono il loro culmine nell'uni�verso delle partecipazioni sta�tali. Da qui un'avversione pro�fonda e radicata verso un mondo che non si adeguava all'imperativo dominante del�la mescolanza tra politica e amministrazione, tra affari e partiti». Il mondo della Comit veni�va bollato come il «salotto buono» del mondo degli af�fari, un universo elitario che faceva del suo elitari�smo un marchio di esclusi�vità. «Anche questa mi pare una definizione inesatta e comun�que restrittiva. In quel mondo Comit, certo, venivano conside�rati come qualcosa di non nego�ziabile l'autonomia della cultu�ra e anche l'ostilità di principio all'invadenza soffocante dei partiti. Questa fisionomia di : ondo venne salvaguardata an�che dopo la morte di Mattioli, grazie anche all'opera di Cinga�no. Naturalmente non cessaro�no gli assalti e i tentativi di invasione. E non posso dimenti�care l'azione di Bruno Visenti�ni quando, da vice-presidente dell'lri, contribu�a difendere una trincea contro gli appetiti dell'economia asservita al a po�litica». Lei parla di «scomparsa» di quel mondo, ma la sua fase «eroica» si era già esaurita da tempo. «Certamente molto dipende dalla assoluta singolarità di un uomo e di un banchiere della levatura di Raffaele Mattioli. Dopo di lui forse soltanto Enri�co Cuccia ha saputo incarnare una figura simile di banchiere colto e illuminato. Ma per il resto, i cambiamenti sono stati molto radicali. Resta, per quel�lo che mi riguarda, il ricordo del regalo che Mattioli mi fece in occasione del mio matrimo�nio: i dieci volumi delle edizio�ni complete di David Rìcardo curate da Sraffa. Resta il rim�pianto per un marchio Comit che finisce, con le sue filiali sparse per il mondo in cui ogni italiano poteva riconoscere uno stile e un'impronta incon�fondibili e dove si capiva che in quella banca gli sportelli non erano soltanto numeri senza anima. Un pezzo di storia italia�na termina qui. Intesa e Cari�plo sono degnissime banche, ma sono un'altra cosa. Ma sarebbe stupido lasciar perde�re la memoria di quel crocevia di banca e cultura, di affari e politica in cui si è situata la vicenda della Banca Commer�ciale Italiana». IA LEGGENDA DEL SALOTTO BUONO «In quell'ambiente erano considerati non negoziabili l'autonomia e l'ostilità all'invadenza della politica Ricordo che Bruno Visentini da vice-presidente dell'lri aiutò a difendere la trincea» LA RESISTENZA «I Quaderni autografi di Gramsci furono conservati nella cassaforte dell'istituto» UNA SECONDA CASA «A diciotto anni nella biblioteca della sede milanese trovai la scritta "benvenuto"» La Malfa; nel 1933 fu assunto alla Comit da Raffaele Mattioli (accanto). A sinistra, Gramsci: i suoi «Quaderni del carcere» furono salvati da Mattioli Giorgio La Malfa

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