A nozze, tra don Rodrigo e le biolche di Oreste Del Buono

A nozze, tra don Rodrigo e le biolche LUOGHI COMUNI m^k ìMJkf^-^^é Personaggi e memorie dell'Unità d'Italia y.':.,-.'^ .\0^ di Oreste del Buono e Giorgio Boatti (9b0atti@venus.it A nozze, tra don Rodrigo e le biolche Il matrimonio che non s'ha da fare, da don Lisander a «Fausto e Anna» di Cassola, e il matrimonio riuscito, secondo la ricetta mantovana 1. matrimonio felice? Secondo quel genio di Oscar Wilde «the basis Ibr a good marriage is a mutuai misunderstanding». E infatti, proprio perché molle unioni piissyle, present�e future, sono felicemente edificate sul reciproco fraintendimento si continua pigra�mente e cortesemente ;i domandare "Con chi li sposi?» a giovani cono�scenti che superala la soglia dei trenta osano lasciare il tetto d�mamma. Identica domanda, e sen�za ironia ah.una, viene rivolta a conoscenti vari, più 0 meno attem�pali, che annunciano l'ennesimo e io, ledefmitivo approdo verso l'ani�ma gemella. '.ConiiD chi li spoM?)parrebbe dovere esser, in molti casi, interro�gativo più consono e veritiero, Visio che anche da noi alla luce dei recenti dati Istat e seguendo il trend già in atto da tempo in altri Paesi -le unioni infrante crescono. Su mille matrimoni nel 1998 si sono registra�ti 2,3 divorzi e 4,3 separazioni, E le percentuali paiono aumentare con ikiii irrilevante vigore, d�anno in anno: infatti i dati del 1998 dicono che, rispetto all'anno precedente, le separa/ioni sono cresciute del 4,1 e i (livoi/.i dello 0,5. Ma, come si è dello, il fraintendimento è solidissi�mo supporto in questa materia. E, (lunque, queste statistiche solo ap�parentemente possono sembrare in contraddizione con quell'Italietta che ha fatto dei «Promessi sposi» il sud romanzo nazionale per un bel tragitto attraverso gli anni e le generazioni, 'l'auto che se si fa paitiie il conteggio dalla prima edi�zione del romanzi) stampala dal Ferrarlo nel 1825-27 (quando anco�ra s'intitolava «Fermo e Lucia» visto che il Renzo Tramaglino stava anco�ra ingabbiato nell'iaentità d�Fermo Spolinol siamo orinai prossimi, tra una ventina d'anni (sembrano molli ma, credeteci, arrivano in un atti�mo), al duecentesimo anniversario, E se si scivola un po' più avanti, sino all'edizione fiorentina che Manzoni fa uscire nel l(i40 dopo avérpÓTSÒ fa prima moglie Enrichetta Blondel (1833), risciacquato �«panni in Amo», essere passato a seconde nozze con la Teresa Borr�vedova Slampa (1(137) rimangono comunque, a scandire la nostra comune convivenza, sin dai banchi di scuola, con gli sposi promessi di don Alessandro Manzoni, un liei mucchio d'anni. A pensarci bene la nostra narrati�va sul tema del matrimonio che non «s'ha da fare, né domani né mai» si ò soffermata alquanto, producendo variami e dispiegando possibilità e esiti che finiscono con l'aderire, oltre che con i caratteri originari del nostro Paese, con le particolarità sociali e d�costume delle epoche che si succedono. Non a caso Fausto e Anna, �«promessi sposi» dell'omo�nimo romanzo di Carlo Cassola, nonostante la limpida immediatez�za del sentimento ;he s'accende non appena s'incontrano, si trova�no a fare i conti non con il Don Rodrigo di turno ma con un mondo che si è complicalo assai rispetto ai pacali chiaroscuri manzoniani. E questo non solo per le tlifferenze personali e sociali. Proprio come nella narrazione manzoniana anche in quella di Cas�sola ci sono le vicende della Storia (con la maiuscola) che s�mettono di mezzo e prendono per Fausto il volto della Politica e della Resisten�za: una bella differenza rispetto ai quattro strilli del povero Renzo nella milanese rivolta del pano. Il risultato è però che Fausto e Anna, i promessi di Cassola, non si sposa�no. Almeno non l'uno con l'altra: «Fausto guardava al di là delle spalle di Nora, senza veder nulla. Era in preda a un'emozione profon�da. Si rendeva nitidamente conto che in quel momento avrebbe dovu�to prendere una decisione da cui sarebbe dipeso l'intero corso della sua vita.,, "Io.,, amo Anna", disse. Nora lo guardò un momento prima di rispondere: "Ma Anna è sposala. Se lei le vuole veramente bene, non devo più vederla"..,». ftisjietlo a queste parabole di unioni che s'infrangono e a mondi in rapidissima e dolorosa evoluzio�ne ha la grazia luminosa e semplice di un bassorilievo romanico il libro che anni fa un Giovanni Nuvoletti in splendidissima forma ha dedica�lo al matrimonio. Anzi, pubblicato da Neri Pozza, Nuvoletti scrive un libro non sul matrimonio ma su «un matrimonio mantovano». Li attin�gendo a tradizioni raccolte nel suo paese natale di Guazzolo e a vite reali ricostruite con scrupolosa at�tenzione Nuvoletti mette in scena il matrimonio di due contadini bene�stanti. Felicita e Lisander. E riesce a incastonare nella narrazione non solo le vicende dei due ma una fìllissinia trama che restituisce un mondo contadino, padano irrimediabilmente scomparso ma reso con una vitalità scrupolosa, con una leggerezza inventiva mai di�sgiunta dal rigore. Da questo punto di vista è saggia la scelta di ricostruire una vicenda collocata nel tempo giusto: vale a dire in quel 1912 che, come spiega Nuvoloni, fa apparire «imprevedibi�li al nostro piccolo mondo i colpi di Sarajevo che avrebbero travolto ben altro che le vecchie usanze di un "matrimonio mantovano" anco�ra vive nel costume conladino». «Ho interpretato scrive Nuvoletti la storia di un matrimonio come quella di un amore, nessuno potrà negare che dall'amore al matrimo�nio il passo e breve, anche se spesso fatale»: via via che ci si avvicina al matrimonio dei due, è tutto un mondo che prende vita. Affiorano abitudini antiche, rit�mi scanditi dalle stagioni, sapori perduti, parole che sanno in una battuta riassumere un intero, immutabile universo. Emergono stili di vita e riti sociali dove la semplicità contadina assume trat�ti di regale solennità. Come ad esempio l'incontro tra le due fami�glie, capitanate dai due pater familias, che sanciscono il matrimonio come fosse l'accordo tra due po�tenze territoriali: «nessun'altro dei familiari mise bocca al dialogo tra i due patriarchi, che più sobrio non poteva essere,,. Esso si concre�tava in una sola misura, le biol�che. Sarà opportuno chiarire che la biolca è l'unità di misura della terra, tesoro pubblico e privato dei nativi sulle sponde virgiliane. Inalterata per variare di religioni e di domini, dagli etruschi e gallo�romani, e dai Gonzaga agli Asbur�go, questa divinità ha sempre continuato a riscuotere la genera�le devozione delle genti lungo il corso del Po. I due vecchi, ciascu�no al corrente dei fatti dell'altro, con prudenti manovre e cocciuto impegno, si strapparono l'un altro la parola, circa le biolche che avrebbero lasciato alle loro creatu�re: s'intende, senza fretta. Chiusa la partita, potevano anche loro andare a sturare una bottiglia di bianco, con i ragazzi e le mogli». Il matrimonio di Lisander e Felicita stando a questo libro di Nuvolet�ti si farà e durerà. Alla faccia dell'Istat e dei bon mots di Oscar Wilde. DA LEGGERE A, Manzoni I promessi sposi Milano, Rizzoli 1961 C, Cassola Fausto e Anna Einaudi, Torino 1952 G. Nuvoletti Un matrimonio mantovano Neri Pozza editore, Vicenza 1972 Due illustrazioni di Gustavino per i ((Promessi Sposi» diAlessandro Manzoni, un caposaldo della nostra narrativa sul tema del matrimonio

Luoghi citati: Cassola, Gonzaga, Milano, Sarajevo, Torino, Vicenza